Il percorso di Antonio Staglianò

Pure uno sguardo sommario a ciò che accade in più contesti culturali e di diverso orientamento permette di verificare l’esistenza di un bisogno oggettivo che li accomuna  e teso a superare vecchi dualismi, ereditati da certa modernità, come ad esempio  scienza e filosofia, scienza e arte, scienza e metafisica, scienza e fede; tali dualismi col loro portato intrinseco di assolutismi vari per molto tempo hanno funzionato da  veri e propri ‘ostacoli epistemologici’ e  sono stati spazzati via   dalle ‘rotture epistemologiche’ provocate  dai risultati scientifici  dell’intero Novecento, per usare  delle espressioni diventate quasi di uso comune anche se il nome del loro autore Gaston Bachelard non è noto abbastanza. Tale figura pose le basi di ‘un nuovo pensiero’,  per rinnovarlo e per ripensarlo ab imis col creare  un nuovo lessico filosofico nel dare anche a  certi concetti  e categorie tradizionali  un nuovo significato; ed  il confronto costante con gli ‘avamposti’ del pensiero scientifico e soprattutto l’essere stato ‘un filosofo delle 24 ore’ (Gaston Bachelard, filosofo delle e tra le 24 ore, 6 agosto 2020), cioè attento da una parte alle esigenze ‘diurne’ della razionalità  e dall’altra a quelle ‘notturne’ della rêverie o immaginazione poetica, gli ha permesso di mettere in atto un vero e proprio ‘pensiero della relazione’, proposta avanzata in un’opera del 1949, e di tracciare una delle prime vie della complessità, come ha sottolineato Edgar Morin da consideralo uno dei suoi ‘filosofi’ (Come svegliarci grazie al fare nostri ‘i miei filosofi’  di Edgar Morin, 29 dicembre 2022). E può essere tale anche per noi oggi dato che in diversi contesti si ritiene più che mai necessario ‘ripensare il pensiero’ dalle fondamenta per mettere da parte in modo definitivo i vecchi dualismi e per  avviare un dialogo costruttivo tra i saperi, esigenza che ha trovato nel pensiero complesso una delle massime espressioni; e siamo come intera comunità pensante  impegnati a superare, grazie alla nostra tradizione di pensiero critico europeo, quei ‘restringimenti ideologici che hanno subito la scienza, la filosofia e la stessa esperienza della fede’ a dirla con parole di Benedetto XVI, risultato questo a cui sono pervenute nel corso del ‘900 le più sane esperienze di pensiero, sia nel mondo laico che in quello dei credenti, oggi obbligate  a fare fronte comune e ad essere unite nel combattere  un  altro recente e più subdolo fenomeno, il cosiddetto cancel culture da contrastare con tutte le armi che si hanno a disposizione.

Dopo Il Manifesto. Per una riforma del pensiero del 2021 di Piero Coda e altri (Per una ragione agapica: il dono del Manifesto, 21 luglio 2022),  viene ritenuto sempre più urgente  un altro  impegno orientato in tal senso e teso a “ridestare l’intera ragione”, visto come “compito impellente per una riflessione filosofica credente in grado di farsi carico dell’analisi  antropologica dell’esperienza”, da parte di  Antonio Staglianò in Ripensare il pensiero. Lettere sul rapporto tra fede e ragione   a 25 anni dalla Fides et ratio, con prefazione di Papa Francesco e postfazione di Giulio Goggi  (Venezia, Marcianum Press, 2023); pur rivolto in primis al mondo ecclesiale per gettare le basi  di un pensiero più omogeneo, ritenuto “indispensabile per la stessa missione dell’evangelizzazione”,  in esso emerge   la coscienza critica, sottolineata a più riprese, del fatto che oggi più che mai la differenza non è più quella tra credenti e non credenti, ma tra coloro che pensano e coloro che non pensano. Tale esigenza teorico-esistenziale era stata del resto pienamente avvertita negli  anni ‘70 da figure operanti in contesti diversi come Paolo VI nella Populorum progressio  ed Edgar Morin  in La Méthode  col comune evidenziare il fatto che ‘si muore per mancanza di pensiero’  e la necessità di avere ‘uomini di pensiero di riflessione profonda’ per abitare pienamente la contemporaneità. Oggi tutto ciò si impone a maggior ragione per la gravità e la complessità dei problemi dell’Antropocene, periodo riflessivo in modo strutturale per le diverse sfide globali in esso presenti come viene ritenuto da più parti (Per una visione agapica dell’Antropocene, 3 marzo 2022), problemi che stiamo ‘abitando’  in modo non consono sulla nostra pelle nel senso di Simone Weil in quanto sono stati affrontati con strumenti ancora ostaggio del ‘paradigma della semplificazione’ come lo ha chiamato Mauro Ceruti, e che richiedono interventi radicali non più rinviabili.

Da tutto ciò emerge la necessità di lavorare ad una nouvelle raison ouverte e sur-rationelle, complexe, distribuée, dispersée come la chiamava già Gaston Bachelard, in grado di porre fine ai suoi stessi assoluti e di porre le premesse per una rinnovata visione antropologica basata strategicamente sul ‘tra’, sull’entre ad ogni livello  nel mettere al centro la relazione (Una filosofia del tra, 8 ottobre 2020 e Una storia della filosofia sulle orme di Simone Weil, 22 giugno 2023)); essa non può non essere, pertanto, che  poliedrica e policentrica e così lavorare a tal fine diventa “importante per il dialogo tra pensanti” nel porre come strategica “la questione della figura della ragione”, come scrive a sua volta Staglianò. Non è dunque un caso se tale figura di teologo-pastore è impegnato nel dare vita alla Pop-Theology che nasce non a caso nello stare ‘tra’ i problemi  ed i bisogni reali, nel partire dai ‘ travagli della storia concreta, dalla vita dei popoli’ come scrive Papa Francesco nella prefazione; ma tale  approdo è anche frutto degli interessi costanti verso problemi di natura  epistemologica che caratterizzano i suoi numerosi lavori sul senso della ricerca in campo teologico dove si ritiene più che mai necessario ed urgente lavorare al “recupero ad intra della razionalità della fede” all’interno di una prospettiva basata in modo programmatico sull’”interazione positiva di tutti i saperi senza indebite esclusioni” e sul “sinergismo tra scienze e saperi”.

E questo non comune percorso si sostanzia dell’apporto trovato negli “studi di Popper, Kuhn, Laudan  fino all’anarchismo di Feyerabend serviti a fondare nell’epistemologia scientifica il grande tema della complessità”; ma essa complessità ha ricevuto ben altre e più incisive configurazioni concettuali in altri territori del nostro patrimonio  scientifico ed epistemologico dove ha giocato un ruolo determinante la piena metabolizzazione epistemica della storicità della scienza. Ed in tali contesti, già dai primi decenni del secolo scorso, ha preso piede, più che nell’epistemologie prese in esame, la stessa critica  sia alle posizioni scientiste  che a quelle dell’anti-scienza col combattere le conseguenziali derive nichilistiche, giustamente denunciate da Staglianò come “tarli della ragione”  in quanto hanno portato all’”oblio della verità” coll’impedire di fatto la formazione di quella che chiama una più autentica “scienza dell’uomo” che faccia “dell’interazione di tutti i saperi”, e non della loro separazione, una vera e propria fonte di Siloe di cui ‘fare tesoro’ nel senso biblico dei Proverbi. Alla luce di tali presupposti finalizzati a ‘ripensare il pensiero’, Staglianò in tale suo ultimo lavoro continua a confrontarsi con la Fides et Ratio di Giovanni Paolo II, enciclica frutto  della piena presa in carico delle conseguenze della riapertura del ‘Caso Galileo’, che ha avuto il merito di abbattere uno degli ultimi dualismi o “bastioni”, tale da fare assumere al secolare conflitto tra scienza e fede “ormai un sapore archeologico”; tale conflitto “non appartiene più alla coscienza culturale contemporanea’ in quanto  basato su incomprensioni e soprattutto su quella che il pontefice polacco ha chiamato ‘dittatura del letteralismo biblico’, con arrivare a definire Galileo un ‘dono di Dio’, per averci  liberati da tale ostacolo e aver aperto la strada ad una più proficua ermeneutica dei testi sacri, e a tracciare per questo una via verso la complessità (Giovanni Paolo II:  una via della complessità in discesa, 24 settembre 2020).

Ripensare il pensiero si avvale di diverse Lettere-saggio indirizzate a figure del passato come  Tommaso d’Aquino, Pascal e a figure del ‘900 come Benedetto XVI, Carmelo Ottaviano ed altre che si interrogano sui percorsi di Rosmini, la cui “filosofia giace occulta nelle viscere della cristiana teologia in quanto tesa a rifondare la filosofia” e di Emanuele Severino per verificare alcuni punti nodali della Fides et Ratio; e  l’obiettivo strategico è quello di superare “le fratture moderne tra fede e cultura, verità e storia”, di ridare al sapere teologico una più precisa dignità epistemica nel porsi “oggi in ascolto delle scienze e degli altri saperi”, nel presentarsi sempre più come “forma critica del sapere della fede” grazie alla Fides et Ratio e forte anche delle esperienze di vita e di pensiero  di Newman, Florenskij  e Bonhoeffer con le loro “diverse logiche della conoscenza” (P. Florenskij: il fuoco della verità, 16 gennaio 2020 e  Il ‘caso limite’ di D. Bonhoeffer, 20 luglio 2023)   col superare “il riferimento normativo al modello tomistico-neoscolastico”. Ma Staglianò è sempre attento agli avvertimenti epistemologici provenienti da più parti e tesi ad andare “oltre il riduzionismo” per rimettere al centro “la questione della verità” che è la base della stessa Fides et Ratio, ritenuta tale enciclica un “testo autorevole  destinato a contribuire alla rifondazione dell’orizzonte culturale cattolico per il terzo millennio” e di tutti coloro, laici o meno, che si interrogano sulle sfide globali del XXI secolo. Tale testo ha avuto il merito di “ritornare a pensare ripensando il pensiero”,  di dire diversi e “pertinenti No” in senso bachelardiano sia al concordismo che alla posizione di contrapposizione netta tra scienza e fede, non a caso definite sulla scia del ‘Caso Galileo’ da Giovanni Paolo II vere e proprie ‘insidie epistemologiche’ che una sana riflessione deve individuare e mettere da parte; oggi compito del più sano pensiero filosofico-scientifico è quello di  cogliere “la polifonia delle forme della ragione” e di richiedere molte “prospettive di accesso alla verità”, criterio  basilare del pensiero complesso che, dove è invitato ad essere un diretto protagonista è in grado di generare ad ogni livello processi di rifondazione in grado di incidere sulla trasformazione della realtà umana e non, col farci capire, come già hanno ben individuato prima Pierre Teilhard de Chardin e ultimamente Mauro Ceruti, che cultura e natura non sono separate,  che “il futuro del cosmo e quello dell’uomo interagiscono profondamente”.

Tutto ciò per Staglianò contribuisce, una volta “guadagnata l’autonomia metodologica delle singole scienze”, a rimettere al centro “il problema più serio quello del loro convergere nell’unità”, problema giustamente ritenuto “non semplice” per i  processi di specializzazione in corso; ma una volta riconosciuto sul piano epistemico che la diversità dei vari approcci messi in campo deriva da come ”ogni disciplina scientifica si rapporta alla realtà per conoscerla”, bisogna lavorare all’”integrazione in una unica scienza dell’uomo frutto della convergenza di tutti i saperi disponibili” per superare i vecchi dualismi e mettere in campo l’idea che “oltre la scienza c’è effettivo e reale ‘sapere critico”, dono razionale che pure a fatica abbiamo conquistato grazie al confronto-scontro con le ragioni della scienza frutto a loro volta delle leonardesche ‘infinite ragioni del reale’. In esso possono giocare un ruolo non secondario, per Staglianò, in particolar modo le cosiddette scienze dello spirito e la stressa teologia, che in futuro potrà non essere più denominata ‘scienza’ senza per questo rinunciare “al suo ruolo di investigazione  razionale sul sapere della fede”.

Si perviene, in tal modo, a prefigurare “una nuova figura di teologia, criticamente più avvertita del suo strutturale rapporto con la fede ed il suo sapere”, come forma di “mediazione in una cultura complessa ed in movimento” sino a forgiare “in continuazione le categorie linguistiche generali con le quali rappresenta sé stessa ed il proprio mondo”. Così un percorso di natura epistemologica, le cui radici sono il frutto della piena metabolizzazione di quelle vere e proprie risorse metacognitive presenti nella  Fides et Ratio e che possono far parte del nostro ‘piccolo Pantheon portatile’ sia credenti e meno per usare un’espressione di Alain Badiou, ha portato Antonio Staglianò a tracciare la Pop-Theology, un percorso nato con l’obiettivo di “dialogare con tutti”, che “sappia parlare il linguaggio di tutti e di tutti si faccia interprete”, di essere “una teologia per tutti che si mette – come deve per statuto epistemologico – al servizio di tutti e di tutti i saperi”; essa è mossa da una “precomprensione  pastorale” e rivolta in primis a cominciare dal non facile, ma necessario “processo di ‘ripensare il pensiero’, come viene indicato nella Lettera-saggio rivolta a Papa Francesco, che rimane ed  “è l’impresa più ardua per tutti, oggi”, anche perché abbiamo come comunità pensanti e non  l’obbligo primario di non continuare a ‘mentire sul reale’, come è stato fatto sinora, in quanto se si procede su tale strada, esso prima o poi ‘si vendica’ come ci ha avvertito Simone Weil già negli anni ’30.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.