Considerazioni sul volume I gesti e la filigrana. La trama del pensiero teologico e pastorale di Francesco, Gabrielli Ed. 2023
Il Novecento, il cosiddetto ‘secolo breve’ con le tragedie che lo hanno inequivocabilmente contraddistinto, ci ha messo di fronte ad una serie di fenomeni con i loro risvolti di natura nichilistica, già profetizzati come tali da quella lucida mente che fu Friederich Nietzsche nel comprendere più di altri i non lineari processi tipici della natura umana e frutto dell’intreccio di fattori diversi; ma come tutti gli eventi umani, da una parte hanno portato al ‘deserto del pensiero’, per usare una significativa espressione di Paolo VI condivisa negli stessi anni da altre figure impegnate a tracciare dei percorsi tesi a meglio comprendere la ‘natura umana’ come nel caso di Edgar Morin. Ma dall’altra hanno messo in moto dei processi tesi a dare spazio a ciò che è ‘immanente’ nel reale stesso col suo carico di altre possibilità nel guardare avanti, se interrogato con quella chiave ermeneutica che è ‘l’intelligenza della complessità’, a dirla con Mauro Ceruti; in tal modo, da un lato la nostra ragione è sempre più costretta ‘a non mentire sul reale’, nel senso di Simone Weil, e dall’altro porta a far crescere la stessa ’intelligenza della speranza’ col permettere così ‘l’alleanza con tutto ciò che nel mondo è albeggiante’ come Ernst Bloch ci ha indicato in Il principio speranza.
E quella che in tale opera si presenta come possibile realizzazione di una ‘utopia concreta’, può essere d’aiuto per capire meglio la ‘trama’ del pensiero che regge l’attività pastorale di Papa Francesco in quanto nel suo insieme frutto costante del dialogo costruttivo ‘tra l’intelligenza della complessità’ e ‘l’intelligenza della speranza’; in tal modo ha preso piede un progetto più in grado di portare il pensiero con le sue verità, a volte scomode, nelle ‘periferie’ del mondo e nello stesso tempo a ricavarlo da esse per il loro carico di tensioni esistenziali, per farlo meglio lievitare a contatto con i reali problemi nei quali ‘albeggiano’ segni di possibili rigenerazioni. A questo obiettivo sono indirizzate in particolar modo le ultime due Encicliche, che trovano le loro premesse nel Concilio Vaticano II e permettono di capire meglio le ragioni dell’essere da parte di questo pontefice un “traghettatore da un modello clericale a una forma organizzativa più aperta e partecipata di Chiesa del futuro”, come scrive Enzo Pace nella prefazione del volume, curato da Monica Simeone, I gesti e la filigrana. La trama del pensiero teologico e sociale di Francesco, (Verona, Gabrielli Ed. 2023).
In questi ultimi tempi, dopo i diversi lavori di Massimo Borghesi che hanno avuto il merito di evidenziarne un aspetto un po’ tralasciato nel cogliere la profondità del pensiero di Bergoglio col dare il giusto peso alle importanti fonti filosofiche del percorso messo in atto (Jorge M. Bergoglio filosofo, 17 dicembre 2020, e Francesco e la fine del teopopulismo, 29 luglio2021), l’attenzione si sta concentrando sulle ricadute sociologiche del programma pastorale del pontefice argentino nelle diverse articolazioni con l’innescare un serrato dibattito sul suo progetto riformatore, come da parte di Enzo Paci che mette al centro della discussione il dibattito sulla necessità di andare “oltre il clericalismo”; non a caso la stessa Monica Simeone nel suo contributo, come in altri lavori precedenti, si interroga sulla ‘modernità’ di Bergoglio con l’inserirlo all’interno delle cruciali “problematiche della società contemporanea”, sul suo essere in modo programmatico “un uomo globale” alle prese coi processi innescati dall’Antropocene che impongono, com’è noto nuove e inedite sfide (Per una visione agapica dell’Antropocene, 3 marzo 2022). Ma tutto il volume, come recita il significativo titolo I gesti e la filigrana con l’avvalersi anche della collaborazione di studiosi stranieri (Francisco Mele, Philippe Portier, Veronica Roldán), ha l’obiettivo di sviscerare la complessa ‘trama’ dell’intero percorso bergogliano, di coglierne quella particolare attitudine che ne è alla base e che si potrebbe chiamare, sulla scia di John Henry Newman, capacità di vedere ‘molte cose nello stesso tempo come un tutto’, cioè vera e propria connected view, derivata dall’aver ben ‘digerito’ la complessità dei problemi visti dalla ‘periferia’ del mondo col loro non comune carico di verità.
Non a caso nei vari contributi si sottolinea il fatto che si ritiene necessario approfondire il progetto bergogliano con l’andare giustamente in primis ad evidenziarne le diverse fonti filosofiche e teologiche con individuare quelle figure di primo piano sia del mondo latinoamericano che del pensiero europeo che hanno avuto un non secondario ruolo; lo stesso Massimo Borghesi individua nel suo contributo, oltre al debito nei confronti di Romano Guardini con la strategica idea di ‘polarità’ già ampiamente presa in esame in altri lavori, “l’influenza di Gaston Fessard” mediata dalla lettura che ne fece il suo professore di filosofia Miguel Angel Fiorito. Tale gesuita è considerato “l’autore che è all’inizio del pensiero di Bergoglio”, sulla scia anche delle indicazioni presenti nell’importante biografia di Austen Ivereigh del 2014 Tempo di misericordia. Vita di Jorge M. Bergoglio, e nello stesso tempo “anello mancante, il punto di raccordo tra la concezione del pensiero polare degli anni ’70 e quella segnata da Romano Guardini, dopo l’86”, col dare così un giusto senso alla stessa idea più volte espressa da Papa Francesco, quella ‘tensione che ci porta continuamente fuori da noi stessi’, condizione del cristiano “per definizione, de-centrato posto nella periferia”.
Illuminanti poi si rivelano gli altri contributi come quello del sociologo Philippe Portier che si interroga sulla “teologia politica di Papa Francesco” e sul “mutamento intellettuale” che ne è alla base nel dare spazio a quelle “aspirazioni emancipatrici del mondo contemporaneo” sulla scia della “tendenza già avviata da Giovanni XXIII e Paolo VI” col mettere in campo un modello di Chiesa al di là di quella legata “ai principi del modello bellarminiano” ancora ritenuti presenti in Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI; ma questo gli è stato possibile grazie all’approccio ermeneutico messo in atto e basato sulla “decostruzione del concetto di verità” ritenuto presente in Fratelli tutti, dove non a caso “compare 56 volte” e che accompagna in modo sistematico quello di ‘fraternità’, il che aiuta a capire un dei nodi centrali del progetto di Bergoglio, il tema delle ‘periferie esistenziali’, la parrhesia, ‘uscire dal proprio mondo’, frutto sulla scia di Paolo VI della “vittoria della verità”. A sua volta il teologo Pier Davide Guenzi ci offre delle “chiavi di lettura” per capire la portata socio-politica del progetto pastorale di Francesco, “la chiave ‘utopica’ del Magistero” col soffermarsi sulle “matrici culturali” della sua etica sociale; in tal modo si evidenzia un’altra non meno importante ‘trama’, quella ecologica che nella “crisi globale” non si limita solo a quella di “natura economica e sociale” ed è ritenuta strategica “all’interno della riflessione sull’Antropocene” per aver colto la piena portata del nesso tra ecologia ed ingiustizia, ritenuto da Bruno Latour l’aspetto più innovativo e dirompente della Laudato si’. In tal modo si riesce a dare un più preciso significato in “ambito politico” a quella “folgorante espressione di Evangelium gaudium”: ‘il tempo è superiore allo spazio’ da intendersi con un pressante e ineludibile “invito ad occuparsi ‘di iniziare processi più che di possedere spazi”.
Molto pertinenti si rivelano i contributi di due studiosi latinoamericani, Veronica Roldán e Francisco Mele, che aiutano a chiarire la “visione politica” di Bergoglio grazie all’analisi di diverse interviste rilasciate a canali televisivi su quella che viene chiamata “politica del popolo che non va confusa col populismo”; si evidenziano i debiti verso la Teologia del Popolo, vera e propria “Teologia della Cultura” ed in questo diversa dalla Teologia della Liberazione, nata proprio in Argentina grazie a Juan Carlos Scannone, nel mettere in atto un “metodo storico-culturale” in grado di meglio capire le reali esigenze “dell’ethos o sapienza del popolo”, e molto “stimato da Papa Bergoglio”. Essa viene definita da molti come prodotto del “cristianesimo del Sud del mondo”, è una “teologia in divenire, una Teologia della cultura nella linea di Paolo VI”, che si pone in modo programmatico “in ascolto del popolo”; in tal modo esso è un “luogo teologico e filosofico” col diventare così “realtà della propria azione”, dove si ritiene da parte di Francisco Mele che abbia giocato un certo ruolo il pensiero di Lévinas nell’invito ad essere responsabile dell’Altro.
Il volume, inoltre, ci offre una immersione nell’incontro da parte di Bergoglio col personalismo che gli ha permesso di dare importanza alla relazione interpersonale e “all’antropologia uni duale” dove “convivono le specificità del maschile e del femminile, l’unità e la dualità senza annullare le opposizioni”, come chiarisce nel suo contributo Giulia Paola Di Nicola; il rapporto uomo-donna viene preso in esame a partire da Evangelii gaudium e Amoris Laetitia ed in tal modo “JMB mostra di non essere a digiuno delle riflessioni femministe” col l’andare “oltre le definizioni tradizionali e agli approcci intellettuali” grazie anche alla disamina del rapporto con la nonna che gli ha permesso di avere a disposizione “un conoscere affettivo capace di unire verità e sentimento, cuore e ragione” e soprattutto di essere stata “fonte imprescindibile del popolo di Dio, sacerdotale e profetico”.
Chiude il volume il contributo sul concetto di “straniero in sociologia” da parte di Monica Simeoni che si avvale del “messaggio di Papa Francesco sull’immigrazione” dove si evidenzia che “l’immigrato non è altro da noi, ma parte integrante di una comunità in itinere, in una Chiesa ospedale da campo” sino ad avere per i vari aspetti messi in moto un ruolo “nel poliedro, immagine spesso citata da Francesco” proprio per sottolineare la complessità geopolitica del problema, dato anche il sempre più preoccupante fenomeno “dell’inverno demografico europeo” in corso. Il volume I gesti e la filigrana può aiutare ad avere una visione più oggettiva di questo pontificato nel proporre una ‘Chiesa in uscita’ con la sua “sfida della sinodalità avviata per una comunità, la Chiesa chiamata ad essere presente e protagonista in un mondo sempre più interdipendente e circolare”, per concludere con Monica Simeoni; in tal modo, come scrive Mauro Ceruti in Il secolo della fraternità (La fraternità: un percorso che la rende un imperativo nel tempo della complessità, 21 marzo 2024), l’intero percorso di Papa Francesco, frutto della intelligenza della complessità e della intelligenza della speranza coniugate insieme, si presenta come un ‘progetto per tutti’, credenti e non credenti di cui si sente la necessità come risposta razionale all’attuale ‘policrisi’ per ‘diventare solidali in e per questo pianeta’. Ma il tutto deve reggersi su una ‘nuova visione’ da costruire insieme ‘per un umanesimo fraterno e solidale dei singoli e dei popoli’, come ci indica con forza la Humana communitas, anche perché stiamo avvertendo a più riprese sulla nostra pelle, come ha detto in un Teweet del 4 febbraio 2021 Papa Francesco, ‘o siamo fratelli, o crolla tutto’.