Come m’è possibile sentire lontana ed estranea la Comedìa?

Il 25 aprile 1965, a Firenze, in occasione del Congresso internazionale di Studi danteschi, Eugenio Montale pronunciò un’importante relazione intitolata “Dante ieri ed oggi”.

“La Commedia è e resterà l’ultimo miracolo della poesia mondiale” disse, per poi concludere: ” Resta quasi inspiegabile alla nostra moderna cecità il fatto che quanto più il suo mondo si allontana da noi, di tanto si accresce la nostra volontà di conoscerlo …”.

Il fatto che la Divina Commedia possa essere percepita come distante, astratta, inutile, incomprensibile, contrasta nettamente con quanto leggiamo nell’Epistola a Cangrande della Scala, in cui Dante spiegava le motivazioni e la struttura della Comedìa. Nel paragrafo 15 dice chiaramente che il fine di tutta l’opera e di ogni sua parte è “liberare i viventi in questa vita dallo stato di infelicità e condurli allo stato di felicità”.

Come m’è possibile allora sentire lontana ed estranea la Comedìa?

L’idea di Carl Gustav Jung di interpretare l’Aldilà come Inconscio ci permette di leggere il viaggio di Dante come un percorso di liberazione accessibile a tutti, descritto a beneficio di tutti, per quanto esso sia allo stesso tempo un percorso individuale, speciale, di quel “Dante Alighieri fiorentino per nascita ma non per costumi” che un giorno vide la “Beatrice”, incontrò dunque la Grazia beatificante.

Dante all’inizio del suo viaggio è perso in una selva oscura e intravede una luce. Erroneamente vorrebbe scalare direttamente la collina che ha davanti, ma è impossibile; se insistesse nell’errore, morirebbe sbranato dalle tre Fiere. In quel momento gli appare Virgilio, il suo maestro, il suo autore, che gli indica la strada.

Tornando al nostro lettore sedicenne, può darsi che abbia trovato il suo personale “Virgilio”, ma può anche darsi che rifiuti a priori il magistero di chiunque. Non importa, anche qui Virgilio può e deve essere considerato semplicemente come una forza interiore dell’individuo.

Come si legge nel Dhammapada (3,11):

“Né la madre né il padre, né tantomeno altri congiunti / possono arrecare a quella persona / più bene di quanto possa procurare la mente ben orientata”.

Virgilio , “la mente ben orientata”, “la Ragione” fa esattamente questo, guida pazientemente Dante e gli mostra l’errore e l’orrore, l’abisso, quanto di negativo è presente, ostinatamente, universalmente nell’animo umano, l’Ombra (direbbe Jung), che accompagna, assilla, tormenta la mente umana.

Qui molto spesso l’intera nostra interpretazione dell’Inferno sfocia in un paralizzante senso di colpa, talvolta in una specie di rassegnazione: “va bene così, tanto non c’è scampo”.

Sono tutte interpretazioni sbagliate e superficiali dei vizi incarnati dalle tre Fiere (incontinenza, bestialità, malizia): lo dice chiaramente un sommo teologo cristiano, Pietro Abelardo, nella sua Etica: “Vizio è dunque ciò che ci predispone al peccato… chiamiamo tuttavia in senso proprio peccato il consenso al male”;

 e poi ancora:

 “Le tendenze negative rappresentate dal vizio sopravvivono anche quando non prevalgono, poiché la debolezza della nostra natura di uomini non permette l’annientamento assoluto”.

Una volta visto il male nell’Inferno, Dante continua l’itinerario di liberazione nel Purgatorio, le cui forme sono frutto originalissimo della sua creatività. Il metodo è osservare esempi del vizio da cui liberarsi ed esempi della virtù opposta a quel vizio, da contemplare e imitare.

Se nell’Inferno le forze oscure dominavano, nel Purgatorio la Ragione, il dominio di sé ed i frutti delle buone azioni cominciano a dare luce al cammino.

Le anime del Purgatorio, che hanno assecondato dapprima le pulsioni oscure e malvage ma poi hanno scelto di allontanarsi dal male, si bagneranno nei due fiumi miracolosi, dimenticando così le cattive azioni e ricordando con gioia le buone. Saliranno al cielo, conosceranno la beatitudine interiore e, inondati dalla luce, contempleranno i Beati, che sono tutti sullo stesso piano, tutti pienamente appagati dalla luce e dall’armonia celeste.

Dante scrisse la Comedìa per guidare l’umanità dalle tenebre alla luce e certamente l’esigenza che lo animò è ancora più pressante nel caos e nella violenza cieca del nostro tempo.

L’insegnamento di fondo è immutato: la norma etica è alla base del percorso di liberazione dei singoli e delle comunità intere. La norma etica è la base della conoscenza autentica. Astenersi dal male e cercare il bene apre la strada del Paradiso ed anche il Paradiso, come l’Inferno, non è nell’Aldilà, ma profondamente in noi.

Lo dice lo stesso Dante nel XXXIII canto (85-93).

Egli ha  visto “legato con amore in un volume/ciò che per l’universo si squaderna”, ma dubita che tutto questo sia vero. Allora aggiunge :

“La forma universal di questo nodo / credo ch’io vidi, perché più di largo,/ dicendo questo, mi sento ch’io godo”.

Dante dunque, tornato dal suo viaggio, ricorda un barlume di quello che sfugge alla memoria e continua a provare godimento, letizia, beatitudine.

Dove si è svolto quel viaggio? Nella voragine dell’Inferno che offre un improbabile passaggio ad un’improbabile collina del Purgatorio situata nell’altro emisfero? O nei cerchi dei cieli che l’astronomia ha dimostrato non esistenti, fra i pianeti come il Sole che non è un pianeta?

Seguendo il suggerimento di C.G. Jung, possiamo integrare la Divina Commedia nel nostro mondo “fingendo” nel nostro pensiero che quel viaggio avvenne “dentro” un uomo chiamato Dante Alighieri fiorentino per nascita ma non per costumi, dentro un essere umano come noi, a prescindere dall’epoca.


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Sono nato a Barletta nel 1956; ho insegnato Lettere per 23 anni e sono stato dirigente scolastico dal 2007 al 2023. Mi sono dedicato allo studio di vari aspetti della storia locale e sono membro della Società di storia patria per la Puglia; ho censito, trascritto e tradotto le epigrafi di Barletta. Per i tipi della Rotas ho pubblicato il romanzo-saggio “Ricognizioni al giro di boa”. Da molti anni mi interesso di religioni (specialmente il Buddhismo Mahayana) e di dialogo interreligioso. Ho avuto la fortuna di avere tre figli e ora di essere anche nonno! Da settembre 2023 sono in pensione: si dice tecnicamente "in quiescenza" ma è un po' difficile fermarsi. Gioco a tennis, mi piace molto viaggiare e credo molto nel lifelong learning. Sono stato cooptato in Odysseo da Paolo Farina :) e gli sono grato per avermi offerto uno spazio per parlare di scuola (e non solo) fuori dall’ambito formale/ istituzionale.

1 COMMENTO

  1. In questo suo pezzo il prof. Filannino ha superato se stesso, per la scelta dell’argomento, per la profondità della trattazione e la chiarezza espositiva, per tutta una serie di qualità che caratterizzano il suo verbo. Giudizio sintetico: ECCELLENTE.

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