Polemiche e boicottaggi

Cancellare il dramma di Monaco di Baviera fu il principale obiettivo dell’Olimpiade canadese che riportava in Nord America l’evento più importante dello sport, battendo la concorrenza di Mosca e Los Angeles nella votazione del 12 maggio 1970. Sei lunghi anni che non bastarono al paese nordamericano per farsi trovare pronto ai nastri di partenza dell’inaugurazione, un disastro economico che i cittadini canadesi dovettero sobbarcarsi per anni, meglio dire decenni. I lavori per la costruzione degli impianti, come lo stesso Stadio Olimpico, erano stati terminati soltanto qualche giorno prima dell’inizio ufficiale dei Giochi, il 17 luglio, aperti dalla dichiarazione della regina Elisabetta II nella sua funzione di capo di Stato. Ma a intorpidire le acque già mosse ci pensò la protesta di alcune federazioni africane, infastidite e oltraggiate da una tournée organizzata dalla nazionale neozelandese di rugby in Sudafrica, paese che praticava l’apartheid e che il CIO aveva formalmente sospeso dai Giochi nel 1970. Fu chiesta dunque l’esclusione della Nuova Zelanda dalle Olimpiadi canadesi, ma il Comitato Olimpico rispose che non aveva potere sulle singole federazioni sportive, confermando così la presenza della selezione oceanica. I Paesi africani allora decisero di mettere in atto il boicottaggio, quando già molte rappresentative erano a Montreal. Soltanto Costa d’Avorio e Senegal presero parte alla manifestazione che perdeva, soprattutto nell’atletica, alcuni dei protagonisti annunciati.

L’atletica, dunque, vide il sorprendente successo degli uomini dei Caraibi, che nelle gare veloci scalzarono gli americani, ancora alle prese con una prova opaca. Nei 100 gli atleti americani non salirono nemmeno sul podio. Borzov, campione olimpico in carica, fu beffato dal trinidegno Hasely Crawford e dal giamaicano Tom Quarrie, rispettivamente primo e secondo. Quarrie invece vinse sui 200 metri davanti agli americani Hampton ed Evans. Cuba si tolse diverse soddisfazioni in questa edizione, vincendo ben sei medaglie d’oro e piazzandosi nel medagliere generale all’ottavo posto. Oltre al secondo successo consecutivo di Stevenson nel pugilato, che ancora una volta preferì l’amore di cinque milioni di cubani alle profferte generose dei dollari americani e quindi del professionismo, nell’atletica El caballo, al secolo Alberto Juantorena fu artefice di un doppio primato: primo cubano a vincere una medaglia d’oro nell’atletica e soprattutto primo a vincere sulla doppia distanza 400 e 800.

A Montreal arrivò un uomo capace di fare tredici passi tra un ostacolo e l’altro. Edwin Moses era il personaggio più atteso sui 400 ostacoli e non deluse i curiosi che videro trionfare l’americano con il tempo di 47’’64. Moses in carriera ha vinto 107 gare su 122, un autentico dominatore. Fu questa l’Olimpiade che conobbe le prime ombre del doping, di quello di Stato praticato dalla Germania Est – che in Canada fu prima nel medagliere dell’ atletica – che sarà motivo discussione anni più tardi, con le confessioni delle atlete, costrette a ingerire pillole blu, fatte passare per integratori di supporto. Tumori, leucemie, infertilità e disfunzioni saranno il risultato di questa pratica sporca, con il clamoroso caso di Heidi Krieger costretta a cambiare sesso e a diventare Andreas. Ombre avvolsero anche l’impresa di Lasse Viren che a Montréal si ripeté vincendo 5000 e 10000. Il filandese praticava l’emotrasfusione, che migliorava l’ossigenazione e che all’epoca non era vietata. Tra accuse e forme stravaganti di pubblicità occulta, restò l’impresa mai riuscita a nessuno: fare doppietta 5000 e 10000 per due Olimpiadi consecutive. Il tedesco dell’Est Cierpiski trionfò nella maratona facendo quattrocento metri in più per essere sicuro di battere il campione in carica Shorter. Non aveva sentito la campanella dell’ultimo giro.

Chi non destava dubbi sulle sue prestazioni fu uno scricciolo, una quattordicenne capace di mandare in tilt il sistema computerizzato della votazione che non era tarato per il “10”. Nella ginnastica, Nadia Comaneci, rumena, ottenne dai giudici sette volte “dieci”, sinonimo di perfezione. Vinse tre ori, un argento e un bronzo e divenne donna immagine del regime di Ceausescu. La sua vita conoscerà diversi momenti difficili, un matrimonio con Nicu Ceausescu, figlio del Conducator, e vari tentativi di suicidio.

Nel nuoto maschile netto fu il dominio statunitense che vinse tredici ori con ben dodici primati del mondo. Da contraltare, al femminile la Germania Est fece man bassa di medaglie d’oro (11), con una protagonista su tutti: Kornelia Ender. La sua fama crebbe quando si seppe che era fidanzata con Roland Matthes, soprannominato Sughero e leggenda del nuoto mondiale. A Montreal la Ender vinse quattro ori, la prima nel nuoto a riuscire nell’impresa. Restano dubbi sulle sue performance. In una recente intervista alla Gazzetta dello Sport ha affermato di non aver assunto steroidi, e se mai fosse avvenuto, fu a sua insaputa. Pochi squilli dagli sport di squadra: oro agli USA nel basket, all’Ungheria nella pallanuoto, oro della Germania Est nel calcio e nella pallavolo alla Polonia.

Interrogazioni parlamentari e polemiche seguirono la deludente prestazione degli Azzurri. Soltanto due ori per l’Italia. Fabio Dal Zotto sfruttò la sua luna favorevole (era un atleta capace di vittorie straordinarie e cadute epocali) e vinse l’oro nel fioretto individuale. Di momenti di grazia non aveva bisogno Klaus Dibiasi che vinse il suo terzo oro consecutivo dalla piattaforma 10 metri. Alcuni argenti vanno comunque tenuti in considerazione, soprattutto quello in prospettiva di Sara Simeoni. L’atleta veronese stabilì il primato italiano con 1,91 metri ma dovette piegarsi all’Ackermann, ortodossa ventralista che fissò il primato olimpico a 1,93. Giorgio Cagnotto fu ancora argento dal trampolino 3 metri, così come la squadra maschile di fioretto e la squadra individuale di sciabola. Secondi furono poi Maria Consolata Collino nella scherma individuale femminile, Giuseppe Martinelli nel ciclismo e il Settebello, costretto a piegarsi – come detto – solo ai maestri magiari. Quattro bronzi, due dal tiro, uno dal judo e uno dal tiro con l’arco completarono un bilancio assolutamente negativo, il punto d’arrivo di una tendenza negativa iniziata dopo Tokyo 1964.

Si chiuse un’edizione discussa e deludente,  probabilmente la meno riuscita dai tempi delle prime olimpiadi. La protesta del Terzo Mondo aprì la stagione dei boicottaggi che conobbe la sua forma più acuta e lancinante nella rinuncia di quattro anni più tardi dei molti paesi occidentali che fecero di Mosca un’occasione persa.