Il contributo di Roberto Fiorini

Ci sono figure note e meno note che hanno attraversato i tragici momenti   del ‘900 e che da sole ne hanno riscattato col sacrificio della  vita gli esiti più distruttivi col ridare all’intero genere umano che li prodotti la possibilità di fare debitamente i conti con essi, anche perché come ha avvertito Etty Hillesum può non essere servito a nulla aver salvato il proprio corpo se non si è dato il giusto senso alle sofferenze subite col diventarne un ‘cuore pensante’ (Etty Hillesum e Pavel Florenskij: il dono del loro essere ‘cuori pensanti’, 26 gennaio 2023); ma ricordarle ripercorrendone le dolorose vicende è sempre un’operazione necessaria oltre che doverosa anche se operazioni del genere andrebbero fatte per ogni singola persona vittima di vicende di per sé quasi  inenarrabili. Ma a tale impegno che può essere di qualsiasi natura, quasi inesauribile e nello stesso tempo impossibile, non ci si può sottrarre, come tentò di fare il protagonista del film L’arpa birmana, film che andrebbe rivisto continuamente per educarci alla pace,  nel cercare di seppellire con le proprie mani  i singoli corpi di innumerevoli  commilitoni giapponesi  lasciati insepolti  come imponeva la tradizione birmana nei confronti dei corpi di nemici; e bisogna farlo come scelse tale protagonista nel non tornare in patria e nel farsi monaco buddista con un  sguardo ‘dal basso’ verso dei corpi divorati dagli avvoltoi, accompagnato solo  da uno struggente suono dell’arpa per motivare la sua scelta nei confronti dei compagni sopravvissuti sulla via del ritorno nel loro paese. E tale gesto, sia pure inserito in una commovente finzione filmica ma ricca di una non comune portata antropologica, può essere meglio compreso se si impara a ‘guardare i grandi eventi della storia universale dal basso, dalla prospettiva degli esclusi, dei sospetti, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e dei derisi . in una parola: dei sofferenti’ come ci ha indicato in modo  programmatico il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer (1906-1945), scelta  di fede ben evidenziata in una particolare ricostruzione del suo percorso di vita da parte di Roberto Fiorini in Dietrich Bonhoeffer. Testimone contro il nazismo, con prefazione di Paolo Ricca (Il Segno dei Gabrielli editori, Verona 2020).

Roberto Fiorini ci offre un percorso dove viene data direttamente la parola al teologo e pastore luterano attraverso la strategica scelta di mettere nei titoli dei  capitoli delle frasi, poi seguite da ampie citazioni, tratte dai vari scritti per capire innanzitutto le modalità del processo esistenziale che portò all’acquisizione di quella ‘certezza’ rivelatasi determinante per ‘sostenere sino alla fine un siffatto caso limite’, cioè l’arrivare ad opporsi con ferma convinzione al regime nazista sino ad essere  barbaramente trucidato pochi giorni prima del  crollo definitivo; per questo, come evidenzia  Paolo Ricca nella prefazione, tale libro ‘lo si legge tutto d’un fiato’ in quanto si fa parlare direttamente Bonhoeffer, ‘più soggetto che oggetto’, scelta che permette di partecipare direttamente al suo vissuto, di entrare nei momenti più cruciali delle  non facili scelte compiute col dare la netta certezza che egli ‘non parli dal passato, ma dal futuro’ per aver gettato ‘lo sguardo dal basso’  col dirci ‘ancora qualcosa sul difficile e rischioso mestiere di essere uomini e di essere cristiani oggi’.  ‘Si legge tutto d’un fiato’, pertanto, questo rivisitare Bonhoeffer  da parte di Roberto Fiorini che da prete operaio,  impegnato nella rivista Pretioperai dal 1987 e autore di  Figlio del Concilio. Una vita con i preti operai   del 2015 e con altri  Servizio e potere nella Chiesa del 2013, lo ha fatto  per “vivere” in quanto lo “stare in contatto con lui” permette di “avvicinare pensiero e vita, teologia e azione, obbedienza e responsabilità”; e questo spiega le motivazioni fatte proprie  dell’amico del teologo tedesco Eberlhard Bethge  nell’affermare che ‘Bonhoeffer non è alle nostre spalle, ma è ancora davanti a noi’ sia per la situazione odierna delle chiese cristiane e sia per il fatto che “oggi in diverse parti d’Europa ritornano simboli, messaggi e organizzazioni politiche” che rimandano a quei tempi presi dal vortice di ‘ipnosi collettive’ (Come far fronte alle nuove forme di ipnosi collettive, 6 luglio 2023) e che stanno minando con strumenti sempre più sofisticati le democrazie che per loro natura hanno bisogno di una vigilanza continua data la loro strutturale fragilità.

Lo sforzo di Fiorini è quello di condurci nel mondo di Bonhoeffer che, per essere stato attraversato dall’”intelligenza della fede” e per essere stata messa in pratica nei momenti più tragici del primo Novecento, è ritenuto in grado di darci   “uno strumento utile ad allargare la nostra consapevolezza e responsabilità”, grazie al fatto che “ha affrontato  ‘l’ora della tentazione’” con determinazione sino ad essere un’ teologo che sfidò Hitler’, come ha scritto E. Metaxas in un volume biografico del 2012;  ma tale scelta è ritenuta il frutto dell’essere stato sin dall’inizio del suo percorso pastorale un “uomo per gli altri” con varie esperienze negli USA a fianco della comunità afro-americana ad Harlem tale da far dire all’amico Bethge che in quegli anni ebbe inizio quel processo di conversione ‘da teologo a cristiano’. Diventò così a fine 1931  pastore in un quartiere di Berlino  con l’impegnarsi nel movimento ecumenico con una breve esperienza  prima a Londra subito dopo la salita di Hitler al potere e dopo di nuovo nel 1939 negli USA, ma da dove pur potendo rimanere come docente di teologia, fece subito ritorno alla vigilia della guerra in quanto non poteva restare lontano dalla sua terra anche perché si rendeva sempre più conto che gli stessi ‘tedeschi sono oggi un popolo sofferente’ e per il quale era ritenuto necessario fare qualcosa mettendo in essere quello che ha chiamato “il caso limite, dato dalla necessità di violare la legge vigente”.

Fiorini, attraverso una minuziosa  immersione nei molteplici scritti sia più di natura teologica come Sequela, Etica e  La vita comune che nel ricco epistolario e negli articoli su La chiesa di fronte alla questione ebraica, ci inoltra nelle ragioni di tale ‘caso limite’ con l’inevitabile approdo alla “resistenza attiva” e con l’entrata a far parte dell’Abwehr  dove erano presenti coloro che tentarono alla vita di Hitler, dopo essersi battuto nel rifiutare l’introduzione del ‘comma ariano’ della legislazione nazista nell’azione della chiesa; si analizza la conseguente lotta all’interno della chiesa confessante e a costringerla a prendere posizione col far capire che di fronte ad un ubriaco che corre all’impazzata, “il  compito di un pastore” non si deve limitare a seppellire le vittime e “consolare i parenti”, ma a “strappare il volante all’ubriaco” come ebbe a dire ad un compagno di cella che gli chiedeva “come giustificava da cristiano e teologo la sua resistenza attiva”. In tal modo ci viene offerto un quadro articolato delle radicate motivazioni  che portarono Bonhoeffer a ritenere che in quel particolare momento storico, come per tanti altri che si trovarono a fare una scelta simile in vari contesti in base ai propri convincimenti morali e ideologici,  non poteva esserci una scissione tra l’impegno pastorale e la resistenza concreta al nazismo; tale scelta o ‘caso limite’ lo mise nelle condizioni di diventare durante il periodo trascorso in carcere, come si evince dalle lettere alla fidanzata ed altri amici presenti in Resistenza e resa, un ‘cristiano senza chiesa’ che vuole ‘imparare a credere’ come frutto della necessità di essere ‘uomini schietti e semplici’ senza ambiguità, di superare lo stato dell’essere ‘stati testimoni silenziosi di azioni malvagi’ sino a porsi la cruciale domanda se come cristiani ‘possiamo ancora essere utili?’.

Roberto Fiorini riporta poi le fondamentali  riflessioni del teologo luterano sulla stupidità che dovremmo fare nostre; mentre nei confronti del male se ben individuato ci si può opporre,  contro di essa invece ‘non abbiamo difese’,  non ‘difetto congenito’ ma che si presenta in ‘determinate circostanze [quando] gli uomini vengono resi stupidi, ovvero si lascino rendere tali’; essa prende piede quando gli uomini perdono la loro ‘indipendenza interiore’ e si piegano alla ‘schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione di potenza’ di qualcuno come il ‘seduttore’ Hitler e non può essere ‘vinta impartendo degli insegnamenti, ma solo da un atto di liberazione’. Ma tale esito del percorso di Bonhoeffer viene interpretato, sulla scia di Carl Friedrich von Weizsäcker, come un ‘viaggio verso la realtà’ e la presa d’atto della ‘polifonia della vita’  per le diverse situazioni in cui ci trova immersi e  come piena aderenza e ‘fedeltà alla terra’,  attraverso un intenso e partecipato commento da parte di Fiorini ad una lettera dal carcere all’amico Bethge che gli chiedeva aiuto di natura spirituale per la situazione che stava vivendo da soldato in Italia.

In tal modo si assiste quasi in diretta al modo da parte di Bonhoeffer di sentirsi ‘perseguitato’ dall’’immagine della polifonia’ di trovarsi in carcere, ma di voler essere a fianco agli amici più cari, di come ‘dolore e gioia appartengono alla polifonia di una vita… e possono sussistere autonomamente l’uno a fianco all’altro’.  In questi momenti per il teologo luterano, l’essere cristiani, di fronte ad un mondo ‘in frantumi’ , diventa un modo per porsi ‘continuamente in molte dimensioni della vita’ e ci evita per Fiorini un “rischio maggiore [che] è quello della riduzione del pensiero e dell’esistenza umana ad un’unica dimensione”, fatto di “una perfetta attualità nel nostro contesto odierno”; e come esito tale percorso sia teologico che esistenziale non poteva non approdare per altre vie, ma segnate dalle sofferenze dal basso, e quasi ante litteram ad un percorso corredato di complessità col pullulare nelle pieghe della vita.  Il ‘caso limite’ vissuto intensamente  Bonhoeffer si rivela essere un processo di liberazione da portare avanti a più livelli a partire dal pensiero col rafforzarlo per tenere il più possibile lontano gli uomini dalla stupidità che prima o poi diventa merce preziosa per i seduttori di turno; e lo porta ad affermare perentoriamente e con una lucidità razionale non comune, lucidità che è venuta a mancare ad un’altra figura più nota del panorama culturale tedesco degli stessi anni, quasi come monito per il futuro e per noi sia credenti che non,  che ‘bisogna strappare la gente al pensiero unilineare…  Quale liberazione è poter pensaree conservare nel pensiero la pluridimensionalità… La vita non viene ridotta a una sola dimensione, ma resta pluridimensionale e polifonica’.

Ed il continuo invito a sé  stesso da parte di Bonhoeffer di voler ‘imparare a credere’, abbinato alla scelta di vedere le cose del mondo ‘dal basso’, è stata la chiave di volta di un percorso che ancora può dirci molto; e grazie a Roberto Fiorini possiamo avvicinarci a tale figura cogliendola tutta ‘di un fiato’ nel suo pieno spessore umano anche perché possiamo trovare in essa. mutatis mutandis, quelle indicazioni espresse da Romano Guardini e venute a maturazione quasi nello stesso tempo e contesto: ‘Non si possono congedare i problemi; chi li avverte deve applicarvisi, specialmente se è responsabile sul piano intellettuale e spirituale. La prassi autentica, cioè l’agire giusto, deriva dalla verità, e per essa bisogna lottare’.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.

1 COMMENTO

  1. Estrema profondità di pensiero per una via,sempre attuale,di rigorosa condotta morale e pratica

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