In replica a Barletta, il prossimo 27 luglio
26 Giugno, giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito della droga.
Durante un incontro di sensibilizzazione, promosso dal Servizio per le Dipendenze della Asl Bat con il patrocinio della città di Andria, è andato in scena il monologo scritto da Riccardo Filograsso sul tema della ludopatia. La regola del gioco.
A dare voce ed anima al testo, Agata Paradiso. La cornice, la splendida location di Officine S. Domenico.
Il testo, duro e toccante, ha disegnato le emozioni di coloro che sono vittima di tale dipendenza. Fagocitati dalla convinzione illusoria di saper gestire la situazione, di poter controllare come e quando giocare, di aver trovato la formula vincente per capovolgere le sorti. E’ una spirale mortale, che si insinua, subdola e sottile, nella vita di chi è affetto da tale dipendenza e in quella delle persone a lei vicine.
La ludopatia è una dama ammaliante, che avvolge sinuosa, che affascina e incatena dolcemente, che ammicca e tenta, che seduce. Che conquista. Subdolamente.
Sì, perché dopo i primi momenti di estasi, di soddisfacimento, la dama lascia il posto ad una vecchia baldracca, avida, braccia lunghe e voraci, quasi rostri che ghermiscono stringendo il malcapitato in una morsa letale. Con un ghigno beffardo e sguaiato, trasforma l’estasi in angoscia, mentre il tempo stringe e attanaglia e la mente si perde in un unico assillo. Come vincere. Come riuscire a carpire il segreto, la tecnica per vincere.
La malasorte? Uno spauracchio inconsistente. È solo questione di tecnica, di capire la strategia. Perché la strategia DEVE esserci. Bisogna solo trovarla. Bisogna solo avere la forza di resistere finché la soluzione si palesi.
E nell’attesa che ciò accada si sprofonda in un baratro dal quale diviene sempre più difficile venir fuori. Ogni tentativo per farlo è uno scivolare in basso. Da soli. Ad urlare nel vuoto la propria disperazione.
In quel vuoto che ormai è tutto intorno, in quel vuoto che, prima circoscritto alle viscere, ora è dappertutto. Grande, sempre più grande. Sempre più difficile da riempire.
Il vuoto.
La ludopatia nasce da lì, come ogni forma di dipendenza.
Non è un vizio, il gioco. Non è un vizio il bere, il drogarsi.
E’ un vuoto interiore che urla e a cui non si porge orecchio per molto tempo, inconsapevoli che quel vuoto, ignorato, finirà per reclamare una sua consistenza rubandola a chi, di quel vuoto, è vittima.
Sono le voragini affettive delle nostre vite che, in alcuni, si esprimono nella dipendenza. Sono i mancati riconoscimenti della propria personalità, dei propri bisogni, del proprio valore, che urlano, in quel vuoto. Sono loro che sgomitano per venire alla luce scavalcando anni di silenzi, di finzioni, di “va tutto bene” che, uno dopo l’altro, ingoiano i tanti “ sto male” che non si riesce a pronunciare.
Sono tutti i permessi che non ci si è dati; è l’amore “sano” che ci è stato negato. Tanta roba, in quel vuoto.
Molto spesso le vittime sono donne. Come la protagonista del testo di Riccardo Filograsso. Una donna insoddisfatta, spesso inconsapevole fautrice della sua condizione. Una donna che ha barattato se stessa e i propri desideri inseguendo i desideri degli altri, confacendosi ad un luogo comune a cui non appartiene.
Sempre, le vittime affondano da sole, abbandonate da tutti perché l’unica compagnia che si cerca, l’unica amica che si riconosce è lei, la baldracca. E perché gli altri, quelli che sono vicini, stanchi di menzogne di silenzi di fughe, finiscono con l’arrendersi alla realtà.
Riccardo ha scritto un altro testo dal grande impatto emotivo; dopo il primo lavoro teatrale, ancora un monologo affidato alla interpretazione di Agata,” L’amore uguale”, ancora una figura femminile che urla il suo dolore e la sua disperazione.
Ho assistito alla rappresentazione raggelata sulla sedia; ho dovuto lasciar sedimentare le emozioni prima di rendere omaggio a tutti, compresa Chiara, compagna di vita di Riccardo, che, come dice lui, si prende cura dei suoi testi.
Ecco, nel dolore che intride il testo di Riccardo, nella durezza della carica espressiva di Agata, la dolcezza di una banale espressione apre uno spiraglio alla speranza ed è lì che voglio trovare conforto.
“Con la cura di Chiara Francesca Pannoli”, dice Riccardo.
Sì, la cura. La medicina ad ogni male.
La cura. L’attenzione. Meravigliose forme di amore.
L’ amore che ho colto nell’abbraccio avvolgente di Maddalena, l’amica di Agata, giunta a raccogliere le lacrime che ancora si facevano strada sul volto dell’attrice, al termine della rappresentazione. Quell’amore, sano, accogliente , lenitivo, che auspico, giunga, infine, a capovolgere la regola del gioco.
Si replica Giovedì 27 a Barletta.