Il percorso di Mario Castellana

Una delle idee portanti di José Saramago, relativa al fatto che ‘il viaggio non finisce mai’, si addice generalmente agli stessi percorsi di ricerca, il cui inizio è sì ben circoscrivibile, tuttavia, anche se vengono portati a termine in un determinato momento della vita dei loro autori, ne riaprono altri forieri di ulteriori orizzonti; i nuovi sentieri che si iniziano a percorrere a volte non si limitano agli aspetti solo cognitivi, ma forti dei punti di vista acquisiti si rivelano vere e proprie risorse in grado di fornire da un lato più senso all’intero percorso intrapreso e, dall’altro, a rivederne gli esiti per tematiche cogenti sul terreno esistenziale ed umano.

È il caso del percorso di ricerca avviato da Mario Castellana col suo primo lavoro monografico del 1974, Il surrazionalismo di Gaston Bachelard, il maggiore epistemologo francese del ‘900, lavoro che insieme a pochi altri dell’epoca ha contribuito a farne un classico della ricca letteratura prodotta negli studi di filosofia della scienza; non a caso oggi  tale figura  è più che mai al centro dell’attenzione internazionale, come si evince dalla recente nascita della rivista  Bachelard Studies e da diversi lavori pubblicati recentemente e allora oggetto di primi confronti critici a livello europeo. Tali studi sin dagli anni ‘70 sono stati e sono orientati a capire le ragioni del doppio interesse, da parte di questa singolare figura, da una parte per la scienza e dall’altra per l’universo poetico, tanto da aver creato quasi contestualmente un ben preciso capitolo della filosofia della scienza e le basi di una particolare critica letteraria.

Tale lavoro di Mario Castellana, come altri successivi incentrati sugli originali apporti al pensiero epistemologico, trovò il suo humus negli anni universitari e fu preceduto da due articoli pubblicati sulla rivista ‘Il Protagora’, fondata nel 1959 e diretta da Bruno Widmar; apparso come fascicolo monotematico di tale rivista, ora  ci viene riproposto e curato da Pietro Console nella prima parte del volume Il surrazionalismo di Gaston Bachelard con due saggi inediti (Lecce, Ed. Milella, 2021), con l’aggiunta di recensioni, lettere e testimonianze varie di studiosi di allora (Ludovico Geymonat, Georges Canguilhem, François Russo) e di oggi (Michel Serres, Lech Witkowski, Charles Alunni, Fernando Zalamea). In tal modo, si riesce a comprendere meglio la messa a fuoco di alcuni punti cruciali del percorso bachelardiano, oggi ancora dibattuti e fatti programmaticamente propri sin dall’inizio dal percorso di Castellana, come il ruolo creativo assegnato alle matematiche con il loro modo specifico di costruire ‘connaissances’, la  piena dimensione filosofica delle teorie relativistiche e della meccanica quantistica, la scienza come pensiero o pensée des sciences, i rapporti tra epistemologia e storia della scienza, la stessa idea di ‘surrazionalismo’. Tali idee, insieme con quella originale del discontinuismo epistemologico, furono esposte in un’opera del 1940 dal significativo titolo La philosophie du non, opera rimasta sempre al centro dei successivi approfondimenti di Castellana; tutte tematiche che costituiscono i perni dell’ormai ricca letteratura su tale figura e soprattutto dei più recenti studi, fatto che spiega la messa in circolazione di tale monografia con contributi nella quarta parte di diversi studiosi, giovani e meno giovani, del pensiero bachelardiano.

È da sottolineare che tale lavoro, insieme ad altri di giovani studiosi salentini, ha contribuito in particolar modo alla formazione di quella che lo stesso Ludovico Geymonat, il primo filosofo della scienza a livello accademico in Italia, negli anni ‘80 ha chiamato ‘Scuola meridionale di epistemologia’ (Bruno Widmar e la ‘Scuola meridionale di epistemologia’, 1 aprile 2021) sino a farlo oggetto di una recensione sulla rivista ‘Scientia’ nel 1975, riportata nel volume, e a citarlo nella sua monumentale Storia del pensiero filosofico e scientifico (1970-1976); e questo trova la sua ragione di fondo nel fatto che già in tale prima monografia si evidenziano gli stretti rapporti tra il filosofo della scienza francese e la figura di Federigo Enriques (1871-1946), ritenuto sino allora solo uno dei più grandi matematici italiani ed europei del primo Novecento. Castellana, grazie agli studi su altri filosofi della scienza dell’area francofona, ne ha dimostrato l’importanza anche sul piano epistemologico col prenderne in esame i numerosi scritti di natura più filosofica imperniati sulle ‘ragioni della scienza’ e delle matematiche in particolar modo in una prospettiva storico-critica e sul loro  modo di essere pensiero per i processi di produzione di conoscenze messi in atto; e, col farlo  oggetto in seguito di ulteriori lavori con la riedizione di alcune opere,  ha contribuito  insieme ad altri  studiosi italiani e stranieri  ad una  nuova e vera e propria Enriques-Renaissance ancora in corso, dopo quella avviata negli anni ’20-’30 in ambito europeo, ad opera dello scrittore Paul Valéry, di Bachelard e di Hélène Metzger, un’altra figura presa in seguito in esame con la traduzione in italiano di alcune sue opere e col porla al centro dell’attenzione internazionale insieme ad altri pochi studiosi (Hélène Metzger, vittima della Shoah, filosofa della scienza, 27 gennaio 2021).

E se è stato costante l’interesse per Bachelard, diventato negli ultimi tempi sempre di più strategico sia negli studi di filosofia della scienza che in quelli di critica letteraria, come dimostra Pietro Console nei suoi diversi scritti ivi inseriti e come emerge dai due saggi inediti, nello stesso tempo aiuta a capire l’ulteriore ‘viaggio’ intrapreso da Castellana in questi ultimi tempi ed imperniato sul confronto critico col pensiero complesso, antesignano del quale è stato  lo stesso Bachelard per Edgar Morin; esso è visto non solo come una strategia cognitiva, ma anche nelle sue articolazioni umane ed esistenziali come del resto emerge nel suo recente lavoro Briciole di complessità. Tra la rugosità del reale (Un rugoso e fertile cammino verso la complessità, 2 giugno 2022). Inoltre, grazie alla scheda biobibliografica e ai vari brevi paragrafi introduttivi messi opportunamente da Pietro Console per delineare il percorso di Castellana, si comprende meglio il suo contestuale interesse per figure più note come  Simone Weil, e figure meno note come Albert Lautman, Ferdinand Gonseth, Maximilien Winter ed Hélène Metzger, i cui scritti approfonditi  insieme a  quelli di Enriques e di Bachelard, gli hanno permesso di avere del mondo della scienza una visione più allargata e lontana da posizioni normative che hanno caratterizzato gran parte del dibattito epistemologico del ‘900.

Già questo emerge chiaramente in Il surrazionalismo di Gaston Bachelard, dove le analisi dell’apparato fisico-matematico delle teorie scientifiche, che hanno interessato tale figura portano, al pieno riconoscimento dalla loro dimensione storico-teoretica e alla necessità di tenere presente le diverse ‘anime’ che in esse albergano, per usare un’espressione di Moritz Schlick spesso tenuta presente in diversi lavori; in tal modo, nel comprenderne l’anima teorica e l’intrinseca anima storica in una visione d’insieme, come sottolinea Castellana a più riprese nello sviluppare le idee sia dell’epistemologo francese che di Enriques con dei saggi apparsi in questi ultimi anni sulla storica rivista francese Revue de synthèse, si arriva a prendere atto che le scienze sono pensée tout court. Esse producono pensiero vero e proprio in virtù della loro particolare forma di storicità, quando ancora questa idea, oggi ritenuta portante ogni discorso su di esse, non era entrata pienamente nella coscienza epistemica anche perché la filosofia della scienza Standard, quella degli anni ’30-’50, l’aveva messa ai margini per diventare poi centrale nelle stesse epistemologie storiche anglosassoni nella seconda metà del secolo scorso.

È da sottolineare che tale cruciale idea della scienza come pensée, i cui pionieri sono stati appunto Enriques e Bachelard per averne evidenziato il duplice valore veritativo di natura storico-teoretica, è ormai un patrimonio acquisito dell’intera letteratura epistemologica odierna; ed essa ha trovato ulteriori sviluppi in altri itinerari di ricerca come quello avviato, a partire dalla fine degli anni ’90, da Charles Alunni che, sulla scia di diversi lavori sugli stessi Bachelard ed Enriques, non a caso ha fondato a Parigi il Laboratoire Disciplinaire ‘Pensée des sciences’ coinvolgendo Mario Castellana in diverse iniziative; sono stati così organizzati convegni internazionali, seminari, giornate di studio e proposti volumi e collane con l’obiettivo di fare conoscere il patrimonio epistemologico europeo e di dare spazio a figure di scienziati e di epistemologi come ad esempio Hermann Weyl, Gilles Châtelet, Alain Connes, Fernando Zalamea che nei loro lavori, incentrati sulla ‘connaissance mathématique’, hanno gettato le basi di un approccio non analitico nella stessa filosofia della scienza, come emerge dalle stesse testimonianze sia di Witkowski che di Zalamea e dello stesso Alunni, a cui il curatore Pietro Console ha dato adeguato spazio. In tal modo si sono intrecciati e integrati i rispettivi percorsi di ricerca dove l’idea in comune della scienza come pensée, come risulta dal progetto editoriale della  collana internazionale ‘Pensée des sciences’, diretta da entrambi, è ritenuta una modalità ‘per rispondere con strumenti sempre più adeguati in campo storico-epistemologico alla sfida heideggeriana’; ma essa, sviluppata grazie al comune e lungo interrogare lo ‘spettro’ di Bachelard, per usare il titolo di una recente opera di  Alunni, e  quello di Enriques, viene proposta per combattere sia le derive sempre in agguato dello scientismo che quelle dell’anti-scienza che non a caso, come viene spesso sottolineato sulla scia di alcune indicazioni di Dominique Lecourt, l’hanno  sistematicamente oubliée e messa da parte.

Pietro Console ci fornisce gli strumenti per individuare questo filo rosso presente nell’intero percorso di Castellana a partire da tale prima opera che, condotta sotto la guida del suo maestro Bruno Widmar, gli ha permesso di avere dei solidi punti di riferimento per confrontarsi successivamente con altre figure del panorama epistemologico francofono come Albert Lautman, oggi al centro dell’attenzione a livello internazionale, e di Maximilien Winter, figure per lo più oubliées  per aver tracciato dei percorsi lontani da quelli della filosofia della scienza poi divenuta Standard; ma lo sguardo si è allargato col dare il giusto rilievo al ruolo di  alcune figure femminili come Hélène Metzger, Simone Weil e Suzanne Bachelard, che da angolature diverse sono pervenute a dare all’idea della scienza come pensée, altri significativi contributi che arricchiscono di ulteriori visuali la sua immagine al di là delle prospettive di matrice positivistica. L’aver approfondito i loro percorsi o tournures, col definirle significativamente ‘cuori pensanti in filosofia della scienza’ (Cuori pensanti: la necessità di sentire e ragionare, 21 settembre 2019) per la loro non comune capacità di fare interagire le ragioni del pensiero scientifico con quelle della vita, spiega anche l’approdo del progetto teoretico di Castellana al pensiero complesso, come viene chiarito d’altronde da Mauro Ceruti nella prefazione a  Briciole di complessità.

Non  a caso il sottotitolo di quest’ultima opera ‘Tra la rugosità del reale’ rimanda alle esperienze di vita e di pensiero di Hélène Metzger e soprattutto di Simone Weil, considerata un vero e proprio ‘faro’ che lo ha aiutato in modo costante nell’ancorare le ragioni della scienza a quelle del reale, idea questa sviluppata anche grazie al suo immergersi nel pensiero del giovane Albert Lautman, poi morto combattendo nelle fila della Resistenza francese. In tal modo, col prendere in esame queste ultime tre figure che in nome della ‘vera scienza’, come la chiamava Hélène Metzger, e dei valori veritativi in essa impliciti non hanno esitato a rischiare di perdere la loro vita per un mondo libero, è stato reso omaggio da parte di Castellana al suo maestro e partigiano Bruno Widmar, di cui Pietro Console nel volume ci offre opportunamente un articolato profilo per capire l’atmosfera concettuale ed umana che si respirava nella  scuola salentina, figura che non a caso non scindeva mai il pensiero dalla vita, punto di forza del più sano pensiero complesso come da più parti oggi si evidenzia (Edgar Morin, “voce delle verità polifoniche della complessità”, 18 giugno 2020 e Per una visione agapica dell’Antropocene, 3 marzo 2022).

Per tutte queste motivazioni non solo culturali è stato rimesso in circolazione Il surrazionalismo di Gaston Bachelard con due saggi inediti, e pertanto, per riprendere ciò che dice Domenico M. Fazio nella prefazione, questo volume non è ‘la solita Festschrift’ che si fa per omaggiare il pensionamento di uno studioso da parte di colleghi e amici, ma è un modo per dare ‘la parola al festeggiato’ e vedere se i semi gettati da Mario Castellana durante tutti questi anni siano stati fecondi e abbiano  aperto dei solchi di ricerca.

Il lettore potrà verificarlo dall’insieme dei contributi di amici e colleghi, italiani e stranieri e coordinati da Pietro Console, presenti nella quarta parte del voluminoso lavoro. Si segnalano in tal senso  soprattutto quelli scritti da giovani studiosi che, nel tenere presente nelle loro ricerche i risultati dei suoi studi su Bachelard e non solo, ne stanno sviscerando altri non secondari aspetti sino a farne un punto di riferimento, tanto col darci ulteriori piste interpretative quanto con l’utilizzarlo euristicamente nell’aprire altri settori d’indagine, come avviene per ogni classico del pensiero filosofico-scientifico.


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...