Pregiudizi, lobbying e la paura di coltivare conoscenza
La scorsa settimana, è stato votato a grande maggioranza il disegno di legge che mira a vietare in Italia la produzione e il commercio della carne coltivata.
Un disegno di legge voluto dal ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida e dal ministro della salute Orazio Schillaci in risposta ad una petizione promossa dalla Coldiretti.
La prima domanda che sorge spontanea è: perché vietare un qualcosa che ancora non esiste? E soprattutto perché vietare a priori qualcosa che, se dovesse essere approvato in sede europea, l’Italia sarebbe obbligata a adeguarsi? Il ministro della sovranità alimentare e l’intero governo sanno o dovrebbero infatti sapere che, in sede europea, il divieto non potrebbe essere accettato, in virtù del procedimento di notifica Tris il cui principio è quello di impedire la creazione di barriere commerciali all’interno del mercato dell’Unione europea. Di conseguenza, nel caso un progetto legislativo si trovi in contrasto con le norme europee questo viene automaticamente stracciato, in virtù della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale.
Nonostante questo, il governo ha tirato dritto, sottolineando che “a sostegno del provvedimento ci sono oltre 2 milioni di firme (sarebbe interessante sapere dove sono depositate, ndr), tra le quali ci sono rappresentanti istituzionali di tutti i partiti presenti in Parlamento, più di 3 mila ordini del giorno dei Comuni e venti Regioni di ogni colore politico”.
La cosa bizzarra è che questa fantomatica petizione non si trova. Ha provato a cercarla la scienziata e Senatrice a vita Elena Cattaneo che però rileva: «Ho quindi cercato, insieme al mio staff, la petizione completa, con la curiosità (scientifica) di conoscere gli argomenti esposti nella petizione. Sarei stata anche pronta a condividerli, qualora fondati. Ebbene, non sono riuscita a trovare, nella pagina dedicata, un testo organico e articolato che motivasse la richiesta di una legge contro il (sic) “cibo sintetico”».
Intanto: perché chiamare sintetico qualcosa che è di natura biologica?
Lo spiega molto bene la stessa senatrice Cattaneo che ha cercato di portare la discussione, su vietare o meno la carne coltivata, su un piano razionale e con metodo scientifico.
Scrive la Senatrice Cattaneo sul giornale La Stampa: «L’intera campagna, quindi, si fonda semplicemente su un volantino di Coldiretti a due colonne, che separa il “buon” cibo “naturale” dal “cattivo” cibo “sintetico” fatto di “cellule impazzite in bioreattori”. Il volantino, disegnato come un fumetto, mostra da un lato, su un pacifico sfondo verde-azzurro, rassicuranti e bucoliche immagini di contadini felici, animali al pascolo e salumi (prodotti, è l’inferenza implicita, macellando quegli stessi animali); dall’altro, in viola su sfondo nero, immagini di teschi e tibie, pittogrammi di rischio radiologico-nucleare, inquietanti personaggi in tute e maschere antigas che maneggiano grigie provette fumanti per versarle, probabilmente, in quei “bioreattori” che, come sa bene qualunque studente di un istituto alberghiero, non sono altro che contenitori analoghi a quelli dove fermentano lo yogurt, il vino o la birra”. “In sostanza, tremila Comuni, venti Consigli regionali e – si dice – due milioni di italiani*, rispondendo a un richiamo puramente emotivo che nulla ha a che fare con la razionalità, hanno sottoscritto un manifesto ideologico e terroristico basato su affermazioni fattualmente infondate, dove scienziati e ricercatori sono rappresentati come loschi e oscuri avvelenatori».
C’è un’altra bizzarria nel disegno di legge appena approvato: l’articolo 2 recita: «Si introduce il divieto di vendere, importare e di produrre per esportare alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati“»
E qui merita una particolare attenzione, per capire quale sistema mentale usi il legislatore per legiferare, citare il surreale dibattito avvenuto al Senato, durante il dibattito. Nel ddl si legge infatti che il divieto di coltivare carne vale solo “per gli animali vertebrati”. E quindi, si chiede Cattaneo, «che facciamo con echinodermi, ricci di mare, cefalopodi e molluschi?”. “Forse i rischi paventati per carne coltivata da aragoste non esistono?” “Perché per le aragoste il principio di precauzione dovrebbe cadere? Forse la pasta con i ricci di mare coltivata può avere la grazia di essere considerata Made in Italy, o forse i pescatori diretti di cozze, calamari, polpi, aragoste e ricci non godono presso il governo di sufficiente ascolto? O magari sono semplicemente più attrezzati a guardare al futuro e all’innovazione come fattore di sviluppo. Credo che il governo debba fornire le ragioni tecniche alla base di questa differenziazione».
Dal governo ovviamente non arrivano risposte.
E la Senatrice conclude preoccupata: «Ci sarebbe da interrogarsi molto seriamente sulla salute di un sistema istituzionale dove si sceglie di portare a compimento il complesso processo legislativo elevando a volontà generale il divieto promosso da un volantino che manipola la realtà, diffuso da un gruppo d’interesse».
La carne coltivata, o carne in vitro, rappresenta una delle innovazioni più promettenti nel settore alimentare contemporaneo. Questa tecnologia offre una soluzione sostenibile per affrontare le sfide legate alla produzione tradizionale di carne, riducendo l’impatto ambientale e incrementando il benessere animale. Tuttavia, nonostante i numerosi vantaggi, la carne coltivata non è immune dalle polemiche antiscientifiche che spesso accompagnano le innovazioni nei diversi campi tecnico-scientifici e socioculturali.
La produzione tradizionale di carne, che tra l’altro continuerebbe ad essere garantita anche qualora si consentisse la produzione di carne coltivata, è notoriamente impegnativa in termini di risorse, occupa ampie porzioni di terra, richiede enormi quantità di acqua e contribuisce significativamente alle emissioni di gas serra. Inoltre, le pratiche di allevamento intensivo spesso sollevano preoccupazioni etiche riguardo al benessere degli animali. La carne coltivata si propone anche di risolvere questi problemi, offrendo una via alternativa più sostenibile ed eticamente accettabile.
La carne coltivata si ottiene attraverso la coltivazione di cellule muscolari (di sintetico quindi non ha nulla, perché tutto il processo è biologico). Le cellule vengono prelevate da un animale donatore in modo semplice e indolore. Queste cellule vengono fatte proliferare e differenziare in una coltura, in modo che si possano creare dei tessuti muscolari sovrapponibili alla carne tradizionale con controlli sui parametri chimico-fisici, sulla temperatura o sulla somministrazione dei vari “nutrienti” durante tutte le fasi della coltura. Questo processo riduce la necessità di sacrificare animali su larga scala, abbattendo anche i problemi etici legati alla produzione convenzionale.
Tuttavia, nonostante gli evidenti vantaggi, la carne coltivata ha attirato l’attenzione di critiche antiscientifiche. Alcuni detrattori alimentano paure irrazionali, sostenendo che la carne coltivata è insalubre, poco sicura o addirittura dannosa per la salute umana. Tali affermazioni, spesso sprovviste di basi scientifiche solide, ingannano gli utenti e i consumatori.
Se si ragionasse sempre con la scusa del principio di precauzione, non ci sarebbe progresso scientifico, tecnologico e sociale. La ricerca scientifica serve proprio per conoscere rischi e benefici di ogni cosa.
Anche l’invenzione del motore o della ruota o del fuoco può avere degli effetti “dannosi”; si può finire sotto una macchina, l’aereo può precipitare per un guasto al motore e ci si può bruciare con il fuoco. Questo non ha impedito di costruire macchine che hanno permesso di esplorare pianeti, indagare i segreti della natura, accorciare le distanze non solo geografiche, ma anche sociali. Abbiamo in pratica vissuto una straordinaria rivoluzione scientifica e nonostante questo ogni tanto cadiamo in uno spaventoso medioevo culturale.
E allora proviamo a esorcizzare questo continuo e immotivato timore verso il progresso scientifico e verso le potenziali derive faustiane dei progressi scientifici, mettendo in filastrocca il divieto della carne coltivata…
LA FILASTROCCA DI LOLLO E ORAZIO – carne amore e fantasia
Tanto andò il governo in stallo
Che con una mossa da cavallo
Affidò a Lollo e Orazio
Una legge che è uno strazio.
I ministri tenuti eretti
Dalla lobby di Coldiretti
Partorirono una legge strana
Che il parlamento poi emana
Maggioranza e opposizioni
Con poche rare eccezioni
Vietan tronfie apertamente
Un prodotto inesistente
Della carne coltivata
Nessuna grande abbuffata
Meglio quindi mettere un veto
Per salvare dell’animale il peto
Gli animali sovranisti
Contro la carne degli alchimisti
Sono salvi nelle stalle
Degli allevatori scassapalle
Così il bue e l’asinello
Con la pecora e l’agnello
E tutto il regno animale
Sarà vivo fino a Natale
Per una patetica spettanza
Si coltiva ignoranza
Nel paese di Leonardo
Potè più il contadin beffardo
La sovranità alimentare
Non può certo ammainare
La bandiera dell’antiscienza
A favore di conoscenza
Carne amore e fantasia
Buonanotte scienza e così sia.