Il percorso di Giuseppe Longo

In questi primi decenni del XXI secolo sta emergendo  da più parti, date le diverse poste in gioco  del mondo sempre più alle prese con inediti scenari, la necessità di comprendere meglio anche il ‘senso’ stesso delle nostre attività a partire da quelle scientifiche e tecnologiche con i loro risvolti etico-concettuali; e questo si sta verificando perché  i nuovi risultati che emergono all’interno delle diverse scienze necessitano   di essere ‘ben compresi’, come già  ammonivano Henri Poincaré per i risultati negativi e Pierre Teilhard de Chardin nei primi decenni del secolo scorso a proposito della teoria dell’evoluzione. Tali risultati  richiedono sempre più degli ‘esprits anabattisti’, espressione usata da Gaston Bachelard per fare i conti con le novità concettuali introdotte già dalla fisica relativistica e dalla nascente meccanica quantistica, e  per mettere da parte con coraggio le tradizionali immagini della scienza e comprenderne la piena portata conoscitiva e i diversi enjeux, o poste in gioco, non solo di natura filosofica nel senso avanzato da Gilles Châtelet (Gilles Châtelet: le virtualità di una vita, 25 novembre 2021);  del resto è l’intero universo scientifico del ‘900  che  lo impone per essere, a dirla con Kant,  dei ‘nuovi Adami sulla sponda del Rubicone’  in grado di cogliere il senso epistemico di lavori, ad esempio, prima di Hermann Weyl e Kurt Gödel e poi dei fondamentali contributi di Alexandre Grothendieck e di Jean-Yves Girard, dati  in ambito matematico e logico-matematico col ritorno del geometrico, per arrivare alle scienze dei sistemi complessi e  del vivente che stanno aprendo ulteriori e decisivi orizzonti metacognitivi in senso decisamente non analitico, come in modo più evidente risulta dai lavori di Gerald Edelman, Fernando Zalamea,  Giuseppe Longo ed in ambito italiano da parte di Mauro Ceruti, Silvano Tagliagambe e Lorenzo Magnani.

Questi risultati nel loro insieme hanno richiesto e richiedono faticosi processi di metabolizzazione  col conseguente ‘travaglio dei concetti’ per usare un’espressione di Federigo Enriques; se ben colti nel loro pieno spessore innescano  più ‘svolte’ nel senso di Moritz Schlick o ‘rotture epistemologiche’ come le chiamava Gaston Bachelard, chiaramente tutte da approfondire. Ed un primo passo in tal senso è costituito dal fatto che stanno mettendo  in discussione quelle ‘prigioni dell’esprit’ umano rappresentate da una parte dalle riduttive visioni scientiste, vetero  e neo-positivistiche,   e dall’altra dall’ancora variegata letteratura dell’anti-scienza, come le chiamava  Hélène Metzger (1889-1944) vera e propria martire della ragione scientifica,  storica delle idee chimiche  e morta ad Auschwitz in nome di quella che considerava ‘vera scienza’ e ‘vera filosofia’ (Hélène Metzger, vittima della Shoah, 27 gennaio 2021). In tale contesto sono da segnalare alcune iniziative sia di ordine educativo che di natura più epistemologica che hanno lo scopo di evidenziare la dimensione  umana dell’attività scientifica come quella dell’UNESCO, rivolta ai giovani, che dal 2020 celebra il 14 marzo la ‘Giornata Internazionale della Matematica’,  data che deriva  da quando fu  organizzata una prima giornata nel 1988, Pi Greco Day,  da parte del fisico Larry Shaw e dal fatto che negli Usa la data del 14 è preceduta dal mese 3/14.

Per quest’anno poi è ancora più indicativo il fatto che il tema prescelto sia ‘Matematica per tutte le persone’  per comprendere meglio il valore strategico del Pi greco e come sia ancora al centro di sofisticate ricerche grazie all’ingegnere di Google, Emma Haruka Iwao, che nel 2019 ha ottenuto una più precisa approssimazione coll’arrivare a trovarne il valore sino a 31,4 trilioni di cifre dopo la virgola; ma al di là di questo pur importante risultato, ciò che conta, e che del resto ha costituito parte integrante della sua plurimillenaria storia, è  il  valore veritativo implicito, già riconosciuto nella  piena valenza scientifica e filosofica dai Maestri Greci con Archimede in particolar mondo, ereditandolo dai Babilonesi e da altri popoli del Mediterraneo. E per capirlo come costante universale, forse è da tenere presente il fatto che  pi  trova la sua  origine in  pe  che non a caso, nelle antiche lingue sacre mediterranee dall’egiziana  a quelle ebraica, punica  ed infine a quella greca, significava ‘bocca degli dei’ e che, pertanto, nella ‘bocca degli dei’ non poteva albergare la falsità. Del resto da  pe   provengono i termini ‘poema’, ‘poiesis’, ‘poesia’ e non a caso nel mondo greco questi termini stavano ad indicare creazione ispirata dagli dei col loro implicito valore sapienziale; e lo sforzo era quello di comprendere questo fatto e ciò comportava rispetto e ascolto di chi li componeva e all’inizio gli stessi primi scritti con riferimenti  matematici  erano chiamati ’poemi’, come Sulla natura di Parmenide opera con dei contenuti geometrici, come ci ha spiegato il matematico-epistemologo e storico della scienza greca Federigo Enriques.

Da questo fatto poi è nata la secolare questione del carattere ‘divino’ delle matematiche che da Galileo a Riemann e Feynman e ancora oggi è al centro di animate discussioni da parte di scienziati e filosofi della scienza  sotto la nota espressione di ‘irragionevole efficacia della matematica’;  non a caso è stato uno dei capisaldi del pensiero epistemologico di Albert Einstein che negli ultimi anni della sua vita, come risulta dall’autobiografia scientifica,  affermava che è un mistero che va chiarito il rapporto della relazione tra le matematiche e la natura  e come esse, pur costruite da menti finite, siano in grado di svelare i diversi e pluriarticolati livelli della realtà. Correlato a questa cruciale questione, che sta alla base della stessa nascita della gnoseologia e della  logica nel mondo greco, è il tema,  diventato ultimamente anche centrale delle neuroscienze cognitive, se la matematica è una invenzione o una scoperta; tale tema declinato in vario modo ha prodotto una vastissima letteratura che soprattutto in Francia, dopo la scoperta delle geometrie non euclidee, ha portato allo sviluppo di un particolare filone di indagine, chiamato  philosophie mathématique,  proprio per comprendere la matematica come conoscenza e pensée tout court, aspetto al centro delle opere di Gaston Bachelard e di altre figure molto meno note come Maximilien Winter, Jean Cavaillès e Albert Lautman, figure tra l’altro che hanno messo al centro dei loro interessi i rapporti ‘entre les mathématiques et le réel’.

Tutto ciò può spiegare il fatto che essa è stata e rimane, pur col suo carattere sempre più astratto, uno dei fatti umani più salienti e come tale va indagata anche per evitarne distorsioni ed interpretazioni riduttive che nel corso dei secoli l’hanno sempre accompagnata; non a caso si è equivocato spesso sul suo essere considerata fonte di “conoscenza per eccellenza  di ciò che è astratto, oggettivo e vero”, una specie di “tribunale per distinguere l’utile dall’inutile, il reale dall’illusorio”, col perderne la dimensione propriamente storico-concettuale come si mette in evidenza   nella raccolta di scritti di Giuseppe Longo  dal titolo  Matematica e senso. Per non divenire macchine  (Milano-Udine, Mimesis 2021). Il curatore del volume, Andrea Colombo, nella significativa postfazione dal titolo Per una ‘nuova’ filosofia della matematica,  aiuta a capire che tale testo pur essendo “un vero e proprio manifesto di una ‘matematica ‘minoritaria’”,  è in grado di restituire alla “scienza per eccellenza un volto più umano e quindi più libero”,  e di comprenderne meglio il fatto che essa è un “pensiero fra i pensieri”, tra i tanti “possibili” tesi a “creare uno spazio di intelligibilità in cui le cose che ci circondano appaiano e trovino un senso”.

Per capirne l’impianto di fondo, è da dire che tale testo viene ad inserirsi nell’odierno e articolato percorso di Giuseppe Longo, tra l’altro  in Francia  Presidente dell’Association des Amis de la génération Thunberg e componente dell’European Network of Scientists  for Social and Environmental Responsability, impegnato  a gettare le basi di una strutturale relazione  tra le matematiche e le scienze del vivente, di una matematica specifica in grado di dar conto della sua complessità; lo sforzo è teso a disegnare con pochi altri delle ‘nuove prospettive teoriche’ per passare al di là delle sponde del Rubicone e cioè, come si afferma in un recente saggio, ‘dal secolo del gene al secolo dell’organismo’ per gettare le basi di una ‘nuova scienza dell’organismo’ sempre in fieri dove viene a giocare un ruolo decisivo la nozione di emergenza, ritenuta non solo ‘una semplice proprietà epistemica’  ma dotata di ‘un significato ontologico e teorico e intrinseca alla teoria’. Alla luce dei risultati conseguiti e come autentico scienziato-filosofo del XXI secolo alle prese con diverse sfide, Longo conduce una vera e propria battaglia etico-epistemologica per sviluppare ‘nuove interfacce nell’esplorare correlazioni storiche e alternative alla nuova alleanza tra formalismi computazionali e governance dell’uomo e della natura da parte degli algoritmi e dei metodi di ottimizzazione  ritenuti oggettivi’.

Per fare in modo che sia ‘la matematica per tutte le persone’ e alleata in difesa dell’umano per non renderle delle ‘macchine’, in Matematica e senso è ritenuto necessario in primis comprendere la natura del “rigore scientifico” che neppure nel ‘granitico impero’ delle matematiche, come lo chiamava Hermann Weyl e oggetto da parte di Giuseppe Longo di diversa attenzione come verso i teoremi limitativi di Gödel,  dove si accumulano “sequenze di segni formali col ricostruirle a posteriori”, può essere considerata  “assolutamente una conquista solida”; l’approccio storico si rivela, pertanto, strategico per capire questa dimensione, già avvertita in tutta la sua cogenza epistemica nei primi decenni del secolo scorso da Federigo Enriques, un’altra fonte del suo percorso per capirne la  specificità teoretica della matematica e la  dimensione cognitiva come in un fascicolo della storica ‘Revue de synthèse’, curato nel 2003 dal significativo titolo  Géométrie et cognition.

Nell’ opera  Problemi della scienza del 1906, il matematico-epistemologo livornese sottolineava il fatto che, pur forte del costante aggancio alla profondità del reale, la matematica si presenta come la prima scienza che ci ha liberati e, continua a farlo con più sofisticate modalità, dalla ‘schiavitù dei dati empirici’ col darci delle teorie ‘sempre più astratte e più rigorose’ e nel fornirci come ogni altra scienza non ‘teorie vere’ ma ‘teorie sempre più vere’ come si dirà in  Per la storia della logica  del 1922. Questo costituisce la sua storicità intrinseca attraversata da diversi tormenti (La matematica come percorso di senso e di tormenti, 29 aprile 2021) come ogni sano percorso umano pieno di ostacoli e dal continuo ‘travaglio dei concetti’ messi in atto; essi concetti talvolta sono stati così arditi come nel caso delle geometrie non euclidee considerate da alcuni stessi matematici ‘geometrie da manicomio’ per poi diventare strategiche nelle mani di Einstein per comprendere la struttura del reale relativistico, come la più recente geometria non-commutativa di Alain Connes per altri reali.

Per comprenderne  meglio le dinamiche e senza cadere in alcune insidie rappresentate da una parte da certa letteratura sull’irragionevole efficacia delle matematiche e dall’altra dalle visioni analitiche che si limitano ad assolutizzarne i pur importanti momenti formali, Giuseppe Longo ci fornisce più adeguati strumenti ermeneutici per entrare nelle  diverse poste in gioco messe in essere dal ‘continente’ matematica a partire dalla vexata quaestio dei fondamenti per arrivare alle “radici cognitive” anche antropologiche, già evidenziate nella sua significativa postfazione  a  La singolarità del vivente di Miguel Benasayag (Un percorso in ascolto del grido della complessità della vita, 9 marzo 2023); a tale riguardo molto istruttivo si rivela sulla scia di Gilles Châtelet  l’analisi del ruolo della “gestualità matematica” in grado di valutare “un recente risultato dell’incompletezza matematica applicata al formalismo logico”. Su tale basi si avanza una non comune critica al logicismo  per “valorizzare il ruolo della conoscenza e  della storia nella fondazione della matematica” che “si trovano a base della sua significazione” e per superare un certo platonismo matematico che dà come preesistenti alcune strutture.  L’approccio storico chiarisce meglio “il significato dei concetti e delle dimostrazioni” che derivano “da alcune funzionalità particolari dell’attività cognitiva dell’essere umano” e  che a volte precedono lo stesso linguaggio in quanto provengono da “gesti corporei, pre-umani”; in tal modo noi “organizziamo il mondo che ci circonda per il tramite della costruzione della conoscenza” e veniamo a situarci  nella continua tensione tra il reale ed il teorico, nel “difficile gioco tra rigore  e significato” che scandisce i nostri ritmi vitali. All’interno di tale tensione  trova posto il carattere eminentemente creativo delle matematiche come ribadisce Andrea Colombo, nella postfazione sulla scia di Gaston Bachelard, nel dare voce  a coloro che ivi operano e che chiedono di poter ‘riflettere in un modo più ampio sul senso del rapporto tra la loro disciplina ed il mondo’.

In tal modo la costruzione del mondo matematico e del suo articolato universo è una continua storia della ricerca di senso, fatto  che nel demolire “il mito della meccanicità della matematica”  tipico dei primi decenni del secolo scorso, ci aiuta a prendere atto che tale mito ‘essenzialista e totalitario’,  per parafrasare delle espressioni del logico di Jean-Yves Girard, si è trasferito in forme identiche per Longo “nell’intelligenza artificiale classica e nell’approccio dominante in biologia molecolare”, fatto cruciale che occorre innanzitutto individuare per non farsi schiacciare e tenere sempre presente per non confondere il vivente e l’umano con l’artefatto; ed un diverso modo di intendere e di mettere in atto la prassi matematica, soprattutto quando  viene alle prese con le logiche del vivente, è ritenuto in grado di “superarlo”  tale mito, anche perché, come diceva Simone Weil in uno dei suoi numerosi riferimenti a diversi matematici antichi e moderni da Pitagora a Gauss, Riemann e Poincaré, con le matematiche si mette in atto un processo continuo dove  ‘si impara  a non mentire sul mondo’ e a rispettarlo più adeguatamente nel suo infinito mistero, che aspetta solo degli esprits che sappiano dire un no deciso ai punti di vista esistenti per aprire altri varchi, come ci ha insegnato Gaston Bachelard in La philosophie du non, opera del 1940.

Giuseppe Longo in  Matematica e senso  ci fornisce un percorso più in grado di confrontarci con la crescente complessità della realtà che ci circonda con le armi di una ragione epistemica decisamente non più analitica e quasi ecologicamente convertita, e disinfettata dal virus dell’onniscienza, per usare delle espressioni di Lorenzo Magnani e di Mauro Ceruti; e a tale tappa o ‘svolta’ con i suoi molteplici lavori sta dando un primario contributo in compagnia di pochi altri già citati, ‘minoritari’ certamente, che vi stanno pervenendo per  altre strade ed in diversi contesti filosofico-scientifici,   una volta  liberatisi da molti ostacoli epistemologici in senso bachelardiano che si frappongono inevitabilmente  e dalle ideologie dominanti che a volte soffocano l’apertura di nuovi sentieri.


Articolo precedenteL’ultima notte di Amore
Articolo successivoPuglia da mangiare #3 Friselle col pomodoro e olio EVO
Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.