«Faccio la mia parte»

(Il colibrì)

Caro lettore, adorata lettrice,

giorni fa, dichiaravo in una pubblica occasione che ci sono dei vantaggi ad invecchiare.

Ad esempio, arriva un punto in cui non ti importa più della carriera, di arrampicarti – tanto più di tanto non puoi più salire –, ti importa poco di cosa pensi di te la gente, ti importa ancor di meno di dover dare ogni volta conto, di dover spiegare e spiegarti.

Tanto, chi ti capiva, ti capisce. E chi non vuol capirti, non ti capirà. Sarebbe qualcosa del tipo: non c’è nessun sordo peggio di chi non vuol sentire o come mi ripete sempre, in vernacolo andriese, il mio fraterno amico: ad alave’ la caip au ciucc, s’ perd acqu, timb i sapaun. Tradotto per chi non parla arabo: a lavare la testa al ciuccio, si perde acqua, tempo e sapone.

Non credo abbisogni di spiegazioni.

E dunque? Dunque la smetto di tartassarti coi miei caffè? La smetto di andare in giro per provare a seminare di parole di luce?

Manco per sogno. Ci mancherebbe.

Ho detto che ho sempre meno voglia di spiegarmi, non che ho intenzione di cambiare.

Personalmente ho fatto delle scelte. Ho ritenuto che sia più intelligente accendere un fiammifero che urlare al buio. L’ho già scritto: so che non tutti la pensano come me e so che posso apparire come illuso e visionario. Il primo termine, confesso, mi dà fastidio. Il secondo suona per me come un complimento.

Specie di questi tempi, siano pure pessimisti (o come tanti preferiscono autodefinirsi: “realisti”…), negatori di speranza e, in certi casi, persino haters, quanti lo desiderano e l’hanno scelto.

Io ho scelto la luce. E non sono solo. Sono tanti gli amici che, come me, preferiscono essere lighters: accendini, seminatori di luce.

Perché o sei innamorato della vita o non lo sei.

Si vive meglio da innamorati della vita, sai? Persino felici. E, cosa incredibile, si riesce persino a rendere felici chi incontriamo. Anche, e forse di più, se nel buio.

Insomma, in altre parole, io sto col colibrì:

Una antica favola africana racconta del giorno in cui scoppiò un grande incendio nella foresta.
Tutti gli animali abbandonarono le loro tane e scapparono spaventati.
Mentre se la dava letteralmente a gambe, il leone vide un colibrì che stava volando in direzione delle fiamme.
“Dove stai andando?” – chiese il Re della Foresta – “c’è un incendio, dobbiamo scappare!”.
Il colibrì rispose: “Vado al lago, per raccogliere acqua da buttare sull’incendio”.
Il leone domandò prontamente: “Sei forse impazzito? Non crederai di poter spegnere un incendio gigantesco con quattro gocce d’acqua?”.
“Io faccio la mia parte” gli rispose il colibrì, poi riprese il volo.


FonteFoto di Candi Foltz su Unsplash
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

2 COMMENTI

  1. Caro Odysseo altro che fiammifero..Tu sei una fiaccola nelle tenebre e devo dire che riesci ad esprimere bene con le parole ciò che io, profondamente innamorata della Vita e di tutte le bellezze ed esperienze che ci regala ogni giorno, provo grazie alla mia insaziabile sete di conoscenza. Grazie di esistere e di continuare ad essere la nostra inesauribile FIACCOLA !!!

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