“Il Richiamo della Strada” (Efesto Edizioni) è la vera storia di John Metcalf (1717-1810), una figura dal fascino straordinario, poiché, nonostante perse la vista all’età di sei anni, divenne, da completo autodidatta, il primo ingegnere stradale della storia. A raccontarcelo è l’autore del libro, Michele Mele, matematico salernitano ipovedente, ricercatore all’Università Del Sannio di Benevento, vincitore del Pegasus Literary Award, l’Oscar della Letteratura Italiana. L’intento è abbattere, anche attraverso il progetto ONU “Science in Braille”, i pregiudizi che allontanano, spesso già in precoce età, le persone con patologie della vista dalle discipline scientifiche.

Ciao, Michele. Perché hai scelto di scrivere “Il richiamo della strada”?

Ne “Il Richiamo della Strada” racconto la vera storia di John Metcalf (1717-1810). Si tratta di una figura dal fascino straordinario, poiché, nonostante perse la vista all’età di sei anni, ebbe una vita lunga ed avventurosa e, dopo tante vicissitudini e colpi di scena degni di una serie TV, divenne, da completo autodidatta, il primo ingegnere stradale della storia. L’obiettivo è quello di scardinare i pregiudizi che ancora pesano sulle spalle delle persone con patologie della vista, specialmente quelli che li allontanano, spesso sin dall’infanzia, dalle discipline scientifiche.

Cosa ti affascina della vita di John Metcalf, il primo ingegnere stradale (non vedente) della storia?

Ebbe una vita incredibilmente lunga, varia ed avventurosa. Prima di avvicinarsi all’ingegneria, fu ottimo musicista, guida di una certa fama, intuitivo imprenditore della logistica, infaticabile viaggiatore e perfino scaltro contrabbandiere. Sfidò i pericoli della guerra e compì sorprendenti imprese, anche per amore, conquistò l’ammirazione dei suoi contemporanei e scrisse indelebili pagine della storia della scienza. Ancora oggi esistono più di trecento chilometri di strade e diversi ponti da lui progettati solo con l’ausilio degli altri sensi, infrastrutture che si dipanano in sette moderne contee dell’Inghilterra centro-settentrionale, utilizzate ed ammirate quotidianamente da centinaia di migliaia di lavoratori, turisti e studenti. Chiunque scopra questo poliedrico personaggio ne resta inevitabilmente affascinato, colpito dalla sua versatilità, dal suo coraggio e dalla sua personalità, un ottimo mix di vivacità, lealtà, convivialità ed ironia.

Esistono ancora pregiudizi dietro l’ingegneria e la ricerca scientifica?

Nonostante il progresso tecnologico, molti sono ancora convinti che determinate attività siano precluse agli ipovedenti ed ai non vedenti. La frase “ma quando mai si è visto” o la detestabile espressione “si è sempre fatto così” fanno fin troppo spesso capolino anche nei discorsi di funzionari, insegnanti e dirigenti di associazioni e sono il frutto delle errate credenze che miro a contrastare, sia con i miei libri che con la campagna “Science in Braille”, un’iniziativa promossa dall’Onu che ho contribuito a fondare nel gennaio 2023. Per quanto strumenti come il collocamento mirato siano utili, non bisogna necessariamente indirizzare i giovani con patologie della vista verso carriere preconfezionate che non corrispondono alle loro aspirazioni; la grande sfida dei prossimi anni sarà proprio quella di scardinare il pietismo e le errate convinzioni che ancora limitano la nostra libertà di scelta.

Quale upgrade caratterizza “Il richiamo della strada” rispetto al tuo primo lavoro letterario, “L’Universo tra le Dita”?

Nel mio primo libro “L’Universo tra le Dita” avevo raccolto le storie di dieci scienziati ipovedenti del passato e del presente; con “Il Richiamo della Strada” approfondisco quella che è certamente la figura più amata tra quelle ritratte nel mio primo lavoro. Questo secondo libro presenta inoltre alcune foto dei luoghi attraverso i quali si dipana la vicenda di John Metcalf e degli strumenti con cui eseguiva i sopralluoghi ed i calcoli per la costruzione delle sue strade.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.

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