A due anni dalla sua elezione a pontefice e a 50 anni dalla chiusura del Vaticano II, a sorpresa, Papa Fran­cesco, nella Basilica Vaticana, durante l’omelia di una celebrazione penitenziale, ha dato l’annuncio di un Giubileo della Misericordia. Un tema, quello della misericordia, fortemente presente nel magistero di Papa Francesco il cui termine compare anche nel suo motto episcopale “miserando atque eligendo” la cui traduzio­ne a senso potrebbe essere “Con occhi di misericordia”. Lo stesso termine “misericordia” ricorre ben 31 volte nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il documento programmatico del suo pontifica­to.

Un messaggio chiarissimo anche ai padri sinodali del Sinodo dei vescovi sulla famiglia che si terrà alla vigilia del Giubileo, dal 4 al 25 ottobre 2015, e dal quale dovranno uscire risposte concrete per l’accoglienza dei divorziati risposati e dei gay nella Chiesa.  A proposito degli omosessuali, aveva già dichiarato: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?» Ora, il Papa lo ha ribadito con grande forza parlando ai confessori: “Non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare! Nessuno!”.

La violenza che scompagina la vita di tanti e la voglia di emergere che calpesta gli altri misconoscendo sto­rie ed eventi, mostrano chiaramente che le energie vitali si stanno spegnendo. Occorre inventare nuove abitu­dini, suscitare nuove energie; senza di queste c’è il rischio del collasso perché la pace sta diventando un’illu­sione sempre più evanescente ed il conflitto un incubo sempre più vicino. Tra uomini delusi e persone adi­rati, quale comunità prospettare per un messaggio di misericordia e per­dono?

Perdonare non significa dimenticare perché le ferite hanno lasciato il segno; solo se una persona viene ac­cettata totalmente e coscientemente nel suo operato storico la si può perdonare e questo non è dimentica­re il passato, ma accettare il rischio di un avvenire di­verso da quello imposto dal passato è “un invito all’immaginazione”. La legge traccia la strada da seguire, mentre la misericordia cancella ogni traccia, buttandosi in un’avventura che ha come fine esclusivamente l’incontro con l’altro.

Perdonare non significa far finta che nulla sia successo … non dar peso: il “non dare peso” alle cose è ab­bandonare l’altro al proprio destino di male, non valutare piena­mente e concretamente l’accaduto.

Perdonare non significa scusare: “scusare” equivale a non essere responsabile di una azione; costoro non hanno bisogno di perdono. Il perdono riguarda coloro che hanno re­almente e consapevolmente sbagliato.

Perdonare non è solamente accettare le scuse degli altri: se noi aspettiamo a per­donare il momento in cui chi ha sbagliato esprime il suo rincrescimento, giungeremo sem­pre in ritardo e il nostro perdono non sarà espressione di misericordia. Il per­dono viene offerto per sollecitare la conversione ed il rinnovamento di chi sbaglia; è offrire un’e­nergia vitale per il rinnovamento della persona che si realizza attraverso una intensa rete di rapporti che ha come area di azione la comunità: punto reale d’in­contro tra la terra e il cielo, luogo dove, convertendosi al perdono, nascono nuove energie e nuove abitudini di riconciliazione; si sviluppano uomini nuovi con coscienza e principi ine­diti in grado di immettere nella storia nuove capacità di comunio­ne, portando come “cire­nei” i pesi degli errori e del male di tanti: è qui che non si può mai dire ”ba­sta!” alla misericordia o di perdere la pazienza nel perdonare.  È questo il luogo dove “i profeti dell’amore e i ser­vitori della misericordia” hanno spazio libero nello sciogliere i tanti Cristi dai pali delle Chiese  restituen­doli alla storia universale.

La misericordia e il perdono si collocano così tra la purificazione delle persone e la rigenerazione delle qualità che vengono recuperate per il bene della collettività, che, diversamente, rimarrebbe impoverita; è un reinserire attivamente e operativamente l’individuo nel grande cantiere della vita. Per il credente, poi, è basilare lasciarsi interrogare dalla parola “misericordia”, piuttosto che chiedere alla stessa parola, mettendola in crisi, le ragioni della misericordia!