Nessuna giustificazione può coprire un atto di terrorismo, perché c’è una legge di natura: il mondo non si costruisce se non sul Bene e la religione, sosteneva Kant, senza coscienza morale è solo un culto superstizioso o semplice copertura per altri obiettivi; infatti la religione, quale valore aggiunto all’umanesimo, deve insegnare la gente a vivere pacificamente e ad aiutarsi reciprocamente a qualsiasi razza o paese si appartenga e non diventare fattore di discordia, divisione e disordine.
La reazione peggiore al terrorismo è considerarlo come il prodotto di irrazionalità o fanatismo, e i suoi militanti come soggetti mentalmente disturbati. Il terrorismo ha una propria logica, senz’altro terribile con degli obiettivi da raggiungere: i conflitti, le rivolte, le crisi, le alleanze, i raggruppamenti, le organizzazioni, le unioni non sono né fortuite né gratuite. Tutto obbedisce a interessi di parte più che a valori umanitari: tra le quinte di certe azioni belliche e terroristiche bisogna intravvedere interessi economici che operano senza scrupoli.
Ogni vera rivolta o protesta “forte” non può prescindere da una primaria attenzione ai valori morali irrinunciabili quali la solidarietà da accrescere, la pace da coltivare, la vita umana e la dignità personale da rispettare. Questi costituiscono precisi punti di riferimento per elaborare un sistema di vita con progetti sociali, in base ai quali discriminare la violenza criminale dalla forza autenticamente costruttiva e genuinamente “rivoluzionaria”, le istituzioni da difendere e rafforzare da quelle repressive e alienanti, i condizionamenti positivi da quelli negativi, le strutture e organizzazioni razionali (o sinergiche) da quelle irrazionali.
Spesso sulla base di affrettate generalizzazioni, sostiene Giuseppe Mattai, i giovani vengono indicati come i protagonisti di primissimo piano del fenomeno eversivo e terroristico. Recenti avvenimenti sembrano confermare questa prospettiva, almeno nel senso che la fascia giovanile costituisce l’area più esposta alla tentazione della violenza e del terrorismo. Tutto questo però non deve far dimenticare che adolescenti e giovani, prima di diventare soggetti attivi della violenza, ne sono oggetto, in quanto sottomessi a condizionamenti negativi, a pressioni e spinte contrastanti che facilmente possono indurli all’evasione, alla devianza e alla violenza.
Di qui, prosegue Mattai, l’enorme rilievo che assume, se veramente si vuoi andare alla radice del male, un progetto educativo ispirato alla nonviolenza attiva che trova la sua esplicazione in situazioni conflittuali, rifiutando atteggiamenti di neutralità, di fuga, di capitolazione di fronte al mali sociali e alle ingiustizie, così come rifiuta di essere coinvolta nella violenza di ritorsione alle provocazioni violente. Di conseguenza essa è forza di persuasione, di convinzione, di sofferenza accettata e, prima di tutto, una forma di giustizia, implicante la volontà di cambiare le strutture ingiuste e oppressive.