Ha saputo trarre l’anima dalle pietre, smentendo la teoria in base alla quale l’elemento materiale è freddo, privo di espressioni sensibili, perfino di sentimenti. È riuscito ad ammorbidirne la natura, cogliendone la musicalità e l’intima melodia, sapendola trattare con quella tenerezza necessaria per poterla sciogliere, rendendola malleabile, carezzabile, sinuosa.

È più di un artista, Pinuccio Sciola, sardo di San Sperate, scomparso a 74 anni per una emorragia cerebrale. Scultore e poeta, noto a livello mondiale per le sue “pietre sonore”: enormi blocchi di calcare o basalto scolpite con maestria, tanto da divenire capaci di produrre suoni, sfiorate dalle mani o con altre pietre. Le profonde incisioni praticate nella roccia diventavano così lamelle di armonica, canne d’organo, corde d’arpa, mirabilmente realizzate con amore e dolcezza, mai trascurando uno sguardo o una carezza quasi a compensare la momentanea ferita, inevitabile per un così sublime risultato.

Custode di un dono speciale certamente di natura divina, non mancava di riferirsi alla Sacra Scrittura ricordando la creazione nata dal “mormorìo” dello Spirito che aleggiava sulle acque, richiamando quei “gemiti inesprimibili” portatori di spiritualità vibranti, ancor prima che fatte di suoni. Per Pinuccio quell’armonia era rimasta imprigionata e protetta dalle pietre, ma l’uomo – anch’esso creatura al pari del giardino terrestre – contiene in se l’arte di far emergere l’anima soffocata portatrice di vita. Per lui il suono e la luce, tutt’uno dell’azione creatrice dell’Eterno, radici della Genesi, continuavano a restare essenza e firma del Creatore.

Certamente un profeta, Pinuccio Sciola. Chissà quante volte avrà pensato, durante le sue creazioni, al monito di Gesù di Nazareth rivolto ad alcuni farisei che tra la folla gli intimavano di rimproverare i suoi discepoli per il troppo clamore creato intorno al suo ingresso a Gerusalemme: «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre». Così rispose il Messia, così ha saputo attuare Sciola, in un periodo in cui il silenzio omertoso e il tacere complice dinanzi alle ingiustizie, alla crisi, alla disoccupazione, all’intolleranza hanno determinato isole nell’isola. Intollerabile per il maestro scultore, al punto da dimostrare che anche le pietre – e dunque anche chi ha un cuore di pietra – è capace di melodie nascoste e sinfonie celate.

Il suo animo libero e spirituale lo portava a vivere della convinzione, sempre accompagnata da un sorriso, che sarebbe giunto il momento in cui avremo assistito anche alla capacità delle pietre di “muoversi e danzare”, sottolineando che la materialità sta nell’essere umano, convinto com’è dell’immutabilità della materia. Certezza che ha saputo coniugare nell’espressione affascinante dei murales che caratterizzano il suo paese, trasformando i muri del territorio in enormi giornali murali intrisi di emozioni e sensazioni difficilmente esprimibili in parole.

Amante della pace, Pinuccio Sciola. Sensibile al dramma di tanti alla ricerca di libertà attraverso l’avventura spesso mortale del mare, riuscì perfino a pensare a “bare vuote” di pietra, da lasciare sulle rive, sepolcri nuovi scavati nella roccia di evangelica memoria, a disposizione di migranti giunti privi di vita.

Cultore di “madre terra”, Pinuccio Sciola. Profondamente sardo, grato alla sua capacità generativa, da buon figlio riuscì a portare l’Isola oltre i confini geografici e culturali, accostando le sue pietre alla tomba di Michelangelo, realizzando la scenografia per la Turandot di Puccini, offrendole come semi di pace ad Assisi dinanzi a san Francesco e ponendole a simbolo della sardità come prima pietra del Parlamento Europeo a Stoccarda o ospitate in piazze e parchi di diverse città europee.

La sua casa era sempre aperta per tutti, come il suo giardino-museo. Un bicchiere di vino e un pezzo di pane con del buon formaggio accompagnavano la sua consueta e semplice, ma nobile, accoglienza e cortesia. Particolarmente graditi i bambini, la cui meraviglia si esprimeva libera dalle incrostazioni della critica e del giudizio. Paradossalmente, dire a lui che era un uomo “col cuore di pietra” poteva risultare un complimento, perché il cuore di Pinuccio davvero roccioso per la sua generosità, granitico per la sua sardità, nuragico per la sua fede, eppure palpitante e sonoro.

Per il funerale quasi diecimila persone sono state accolte da una San Sperate avvolta da teli bianchi, tesi come vessilli di festa e pace a salutare gli ospiti. Oltre che locali, numerosi artisti dall’Italia e dall’Europa sono giunti per rendere omaggio al poeta-scultore con musiche, versi, canti e balli per quello che Pinuccio Sciola ha sempre desiderato come un grande evento d’arrivederci. Un pomeriggio di sole e vento, elementi naturali come le sue pietre, i cui raggi e soffi hanno favorito la sonorità delle sue sculture e offerto luminosi riflessi ai presenti.

Restano, tra tante, alcune sue parole che lo descrivono per ciò che era e ha sempre rappresentato: “L’amore vuol dire amare. Amare vuol dire dare. Dare è aiutare. Aiutare è gioire. Il sole è contento con tutte le stelle”. C’è da star certi che il coro degli angeli si è arricchito di nuovi strumenti e, con il suo artista, di un nuovo musicista di melodie del cielo.


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Ignazio Boi (Cagliari, 1961), sposato, tre figli, giornalista pubblicista, esperto di formazione e comunicazione, funzionario della Direzione Politiche Sociali dell’Assessorato della Sanità della Regione Sardegna. Si forma in ambiente cattolico, dalla parrocchia ai movimenti dei Gesuiti. Obiettore di coscienza, nel 1983 diviene Segretario Nazionale della Lega Missionaria Studenti, promuove l’educazione alla pace, alla mondialità e la cooperazione allo sviluppo, cura il mensile “Gentes” e collabora alla rivista delle Comunità di Vita Cristiana. Consigliere e Presidente di Circoscrizione del Centro Storico di Cagliari dal 1985 al 1995, favorisce la nascita in Sardegna dell’Ipsia, ONG delle Acli, del Forum del Terzo Settore e del Forum delle Associazioni Familiari. Dirigente delle Acli e di Gioventù Aclista, fonda il Centro Pace e Sviluppo e con l’ente Enaip Sardegna dal 1986 al 2007 dirige attività e progetti di formazione professionale per “fasce deboli”, coordina programmi formativi internazionali e scambi di allievi tra paesi europei. Dall’Area Formazione della ASL, nel 2009 è chiamato nello staff dell’Assessore del Lavoro, promuove le realtà dei sardi nel mondo, particolarmente in Australia e in Argentina. Nel 2000 è ordinato Diacono permanente, impegnato negli Uffici diocesani di Pastorale Sociale e Lavoro e delle Comunicazioni Sociali, animatore di incontri, catechesi e formazione in diversi ambiti ecclesiali.