Lo spettacolo del sole che sorge, visto dalla Baia del Pescatore, lascia sempre a bocca aperta. È un misto di silenzio, luce, riverbero dei suoi riflessi sulle onde, aria carica di iodio e ancora silenzio.

Mi affaccio dalla terrazza e vedo un uomo correre lungo il bagnasciuga. Passo lento, cadenzato. Lo invidio.

Il suono delle campane del monastero di Colonna. Sono le sette, tra un po’ inizierà la calata dei bagnanti. Mi restano ancora pochi momenti in compagnia di me stesso e del sole e del mare.

Scendo piano verso la baia, poso la sacca, mi libero dei vestiti ed entro in acqua.

La sensazione di freschezza, che ti assale al primo impatto, ha il sapore delle cose familiari, delle carezze date e ricevute con pudore, eppure così attese.

Mi distendo sul pelo dell’acqua, mi lascio portare dalla corrente, inizio ad allungare le mie bracciate, lente e costanti, proprio come le falcate dell’uomo che avevo visto correre sul bagnasciuga.

Il mare, con la sua spinta, mi solleva, donandomi un piacevole senso di leggerezza, quasi l’illusione di aver vinto la forza di gravità, di trovarmi a fluttuare nello spazio come un astronauta nella sua navicella.

Dooon, dooon, dooon … Di nuovo le campane di Colonna, che battono la mezz’ora. Posso ancora nuotare, inebriarmi di sole e vento. Poi inizierà il trantran quotidiano.

La voce di mamma: “Riccardo, non ti allontanare!”…

Chiudo gli occhi e mi immergo per toccare il fondo. Li riapro sottacqua e seguo i raggi del sole che feriscono l’oscurità. I suoni non ci sono più. Pesciolini fuggono via, mentre i ricci si stagliano sul fondo, quasi mine antiuomo con mille aculei a fungere da detonatore. Meglio non toccare…

“Riccardo! Riccardo! Esci che ti devi asciugare e dobbiamo tornare a casa”.

Riemergo. Mi dirigo a riva. Dov’è casa mia? Che destinazione mi attende?

È sempre così. Il mare mi porta indietro, il mare mi fa avanzare: nel tempo. Non sono più un bambino, non ho ancora i capelli bianchi. Ma il mare ha il potere di farmi fluttuare tra passato e futuro. Come quando ero bambino, come quando sarò vecchio e lento. Lento, come l’uomo sul bagnasciuga. Che ora non c’è più.

Oggi porterò un fiore sulla tomba di mia madre.


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...