La presenza stabilisce chi siamo
Sono sempre stato un fan del “no”.
Il “no”, spesso, è l’ultima possibilità per autodeterminarsi, l’ultimo scoglio a cui aggrapparsi, l’ultima ancora di salvezza che ogni essere umano ha per riaffermare la propria individualità.
Capita, però, sempre più frequentemente, che il “no” venga confuso con l’io, con quell’ego smisurato, con il rifiuto di aprirsi all’altro, al diverso.
Negarsi alla condivisione significa accettare la superbia della solitudine, quella non imposta, quella decisa a tavolino, quella che ci rende protagonisti nel silenzio. In fondo gli assenti sono sempre i migliori, ma è l’esserci che ci spinge all’errore, agli sbagli, ai rimorsi.
Pur delineandoci nella nostra limitatezza, la presenza stabilisce chi siamo, ci mette di fronte alle nostre responsabilità. E alle responsabilità, signori miei, non si può dire eternamente “NO”!