Giggino ripete paro paro le trovate di Salvini: l’allarme razzismo è un’invenzione della sinistra! Ma certo. Sono quelli di sinistra che scambiano i negri per piccioni…

Caro Direttore,

vedo in giro molti distinguo pelosi, come se i dioscuri Di Maio e Salvini fossero diversi, anzi opposti nella loro cultura politica, diciamo così con un eufemismo. La verità che viene fuori ogni giorno è che lo scugnizzo napoletano e l’energumeno milanese parlano soltanto dialetti diversi. Per il resto, ogni giorno che passa contribuisce e colorare i due profili con lo stesso nero, quello del fascismo.

Due mesi fa non era così, perché il napoletano offriva un catalogo ricco di promesse (reddito di cittadinanza, dignità fasulla, no tav, no Ilva, no tap…), mentre il complice si concentrava sui negri da ributtare a mare o da picchiare liberamente. Il vasto programma di Giggino ogni giorno perde un pezzo e si rattrappisce. L’essenziale repulisti del Truce (copyright “Il Foglio”) raccoglie consensi, manipoli e sondaggi, perché gli odiatori seriali finalmente possono anche sparare ai poveracci. Cioè fra una “rivoluzione” a venire del Di Maio, il popolo bue vede che il vero “rivoluzionario” del subito è Salvini.

A questo punto il Giggino, che gira a vuoto nelle carte che neanche capisce, sposta l’obiettivo dal libro dei sogni alla concretezza del razzismo, in omaggio al prossimo sondaggio. E, su violenze ai negri e immigrati da respingere, ingaggia una gara con Salvini a chi la spara più grossa. I sondaggi del M5S risalgono.

Accade così che adesso abbiamo una gara a chi ce l’ha più duro il fascismo. Giggino ripete paro paro le trovate di Salvini: l’allarme razzismo è un’invenzione della sinistra! Ma certo. Sono quelli di sinistra che scambiano i negri per piccioni

La realtà ci dice un’altra cosa. Chi ha cercato ti venderci Di Maio e Salvini come il buono e il cattivo del copione, non aveva capito un granché. Salvini è fascista e lo rivendica con i suoi comportamenti quotidiani. Di Maio, dopo aver tentato di venderci la Fontana di Trevi (grande Totò!), si è accorto che le chiacchiere stanno a zero e si è adeguato alle camicie nere che gli stanno meglio di quelle bianche.

Per dignità, tav, tap, Ilva c’è tempo. Così imparano i fessi che ci hanno creduto, nuovi collezionisti di Fontane di Trevi.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).