Caro Direttore,
ci siamo. Da qualche settimana ormai abbiamo conquistato una nuova libertà: sparare ai negri e agli zingari. E si sa che, essendo noi un Paese assetato di libertà, non ci facciamo cogliere di sorpresa. Armi in spalla e via alla caccia.

Poi, naturalmente, l’avvocato spiegherà ai giudici che Tizio in realtà stava provando un fucile a pompa, e gli è scappato un colpo che ha ridotto in fin di vita la piccola zingara; e Caio ha colpito un immigrato perché è un novizio dell’arma e voleva colpire un piccione.

Cioè, non solo questi sceriffi sparano a esseri umani,  si vestono anche da deficienti per non pagare pegno. Il diritto alla difesa è sacro, certamente, ma scambiare un uomo o una bambina per un piccione è da deficienti incalliti, da riformatorio.

Altro che italiani brava gente. La verità è molto più semplice. Una buona parte del nostro popolo è razzista e, appena una testa calda apre le gabbie, le belve escono a mostrare i denti. Poi c’è anche la brava gente. Quando il fascismo promulgò le leggi razziali, sulla scia dell’alleato nazista, non furono in molti a stracciarsi le vesti, salvo pochi coraggiosi che salvarono migliaia di ebrei dallo sterminio. Onore a Gino Bartali, Giusto di Israele, che fu uno di quei pochi. Oggi per fortuna non siamo (ancora) a quel rischio, ma i segnali che arrivano da una certa politica sono pericolosi, e i risultati si vedono già.

Dirà, il vicepremier Salvini, nemico di negri e zingari, che lui propone ordine non razzismi; che “prima gli italiani” è una domanda che sale dal popolo; che il suo compito è mettere fine alla “pacchia” dei poveracci; e che se qualche pirla spara ai negri e agli zingari, lui fuori si chiama.

Credo che Salvini faccia torto a se stesso, sottovalutandosi. Un ministro che non misura le parole può incidere malamente su soggetti fragili o fuori di testa, ma non può poi scaricare la responsabilità sui cattivi interpreti del suo magistero, fatto di insulti, di disprezzo, di dileggio.

Siccome i predicatori del male sono sempre più ascoltati dei predicatori del bene, bisogna cominciare a gridare forte che chi ispira, anche inconsapevolmente, comportamenti criminali, non può cavarsela fischiettando a dorso nudo nel mare di luglio in Romagna, visto che a Maiorca non ce lo vogliono.

Il presidente Mattarella bene ha fatto a esternare sul Far West che ogni giorno minaccia di allargare i suoi confini. Forse si può pretendere qualcosa di più dal premier Conte, ammesso che se ne sia accorto, e dall’alto vice-premier Di Maio, impegnato a spartirsi le poltrone di Rai e a difendersi dalla valanga di vaffa che inonda il sedicente decreto dignità.

O sparare a negri e zingari è nel contratto di governo? E dunque ognuno spari a chi meglio gli aggrada!


Articolo precedenteLa smorfia. La sinistra come la luna: eclissata!
Articolo successivoLa smorfia. Il prete pedofilo che non ha capito le parole di Gesù…
Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

7 COMMENTI

  1. Registro che Odysseo ha ormai deciso di lasciarsi dettare la linea editoriale dal dott. Del Giudice, il quale, con la sua prosa dura e a tratti violenta, non è molto lontano, horribile dictu, dalla sua nemesi Salvini. Ma lui, il nostro Del Giudice, lo fa per una nobile causa e quindi è nel giusto.
    Mi permetto, però, sommessamente di far notare un paio di scivoloni non da poco.
    Primo: “Una buona parte del nostro popolo è razzista”. E chi lo dice? Lo sa il Del Giudice, che lo fa per una nobile causa e quindi è nel giusto.
    Secondo: “i predicatori del male sono sempre più ascoltati dei predicatori del bene”. Sicuro? Ricordo un tale nato a Nazareth, il quale, nell’ultimo paio di millenni ha avuto un certo seguito; o predicava il male o il Del Giudice parte da un assunto sbagliato. Ma lui lo fa per una nobile causa e quindi è nel giusto.
    Sommessamente.Buona estate.

    • Gentilissimo Pasquale,
      in genere non intervengo nel libero dibattito generato da questo giornale, ma, visto che lei chiama in causa la nostra linea editoriale, mi permetterà qualche parola. La linea, per l’appunto, è dettata dal direttore e dal comitato di redazione: mia la responsabilità, gli eventuali meriti e, a suo dire, il sicuro demerito. Quanto al Del Giudice: da un uomo e un professionista come lui, il sottoscritto ha solo da imparare. Lei, invece, no, evidentemente…

  2. Gentile Pasquale, non sono un dottore, sono un signore. Dica, caro Pasquale, se sta con le vittime o con chi spara. Cristo non avrebbe dubbi.

  3. C’è un aspetto inquietante in queste storie e qualcosa di preoccupante nei modi in cui si vede la realtà e si giustificano certi comportamenti: sparare a degli essere umani non può passare per una goliardata!
    Questa sottovalutazione del reato penale si può però solo spiegare se si accetta il “racconto” che forse certe “entità biologiche” (i negri con la erre e gli zingari) non sono da considerare nel rango di persone, ma appartenenti alla specie “volatile” del piccione, e quindi a degli animali da sacrificare. Le parole possono essere macigni e più pericolose di tante esecrabili azioni. Un ministro della Repubblica lo dovrebbe sapere e usare un po’ più di senso critico nell’esternare i suoi “mantra”, perché si sa qualche cretino in giro c’è sempre e la mamma dei cretini è sempre incinta.
    Bene fa Del Giudice a scrivere, anche in modo così “crudo”, per sollecitare le coscienze ormai sopite e avvezze ad una sorta di barbarie culturale.

  4. In Italia, soprattutto in Italia, c’è una gran voglia di rivincita. Contro chi o cosa, non è chiaro (la sinistra? La tiepida e confusa sinistra degli ultimi vent’anni? I cattocomunisti tra cui arruolare anche il papa? Certi giornali sopra le righe, radicalschic?). E allora ecco fiorire gli insulti, le minacce, i titoloni sbracati di Libero,le gazzarre parlamentari, i ministri che “se ne fregano”… La situazione, direbbe Flaiano (notorio extra parlamentare leninista), è grave ma non è seria. In attesa che diventi seria rimanendo grave, che è poi quanto sperano i moderni superuomini coi calzini bucati (direbbe Pasolini).

  5. Sommessa postilla per Pasquale e i “cristiani” come lui e Salvini. Dopo il mio articolo, uno “sporco negro” aggredito a Palermo, quattro africane rifiutate da un autobus a Catania, un negro ucciso ad Aprilia, perché forse era un ladro.

  6. “Non c’è razzismo”, ripetono come un mantra gli esponenti più rappresentativi del governo giallo-verde di fronte agli episodi di estrema intolleranza e violenza che negli ultimi due mesi si sono verificati contro i “negri” e la bambina rom, raggiunta da un proiettile in braccio alla madre. La maggioranza degli Italiani non può essere tacciata, a mio avviso, né di razzismo, né xenofobia; è indubbio, tuttavia, che la mancata fermezza nella stigmatizzazione di azioni inconsulte e ingiustificate, ai limiti della psicosi e della paranoia, da parte dei leader della variegata maggioranza politica, veicola il dubbio che si vogliano chiudere entrambi gli occhi e si voglia nascondere la gravità dei fatti sotto l’ipocrita valutazione di casi singoli, episodici ed isolati.

Comments are closed.