Dai danni del fumo ai bambini… a delle vicissitudini fotografiche: tragedia in due atti con un imprevedibile dulcis in fundo…

Atto primo. Moglie e marito, giovani, sostano davanti all’ingresso del Poliambulatorio di via sant’Antonio a Barletta, prima delle otto del mattino. Lei con occhiali riflettenti e capelli biondicci, lui con orecchie adornate vistosamente da numerosi ninnoli. Entrami fumano. Una bionda bambina riccioluta si contorce svogliatamente con tutto il corpo, mentre, ancora assonnata, stringe la mano materna.

Ti pieghi verso la ruota della bicicletta per slegarla dal palo di segnaletica stradale.  Pur essendo di ferro, possiede un cuore d’oro.  Si sobbarca volontariamente anche l’onere di rastrelliera, dal momento che l’Amministrazione Comunale, ormai con le pezze al sedere, non può permettersela.

La testa della bambolina è ad un palmo dalla tua. I vostri occhi si incontrano, chiari i suoi e profondi, mentre un’ammiccante nuvoletta di fumo si intrufola nelle narici, facendosi strada tra i peli nasali dell’accidentato percorso. Proprio una bella boccata di ossigeno rigenerante che fa visita a tutti gli alveoli. Ospitali! Grati!

In quell’attimo, ti affiora nella mente il libro di Giuseppe Mazzini “I doveri dell’uomo” pubblicato nel lontano 1860, ma sempre attuale. Quello che fa riferimento ai doveri verso l’Umanità prima di trattare quelli riguardanti la patria, la legge, la città, la famiglia ed i parenti.

Hai fretta, ma una forza interiore ti spinge ad interessarti di quella piccola dalla boccuccia immacolata ed i polmoni velati da fumo passivo. Con garbo suadente, rivolgendoti alla donna sfumacchiante: “Signora, certamente, lei vuole un bene immenso a sua figlia. Forse a lei non fa piacere che sua madre fumi. Inchieste ineccepibili dimostrano che il fumo fa male, ne è convinto pure lo Stato, esigendo ipocritamente che sui pacchetti campeggino immagini stomachevoli o diciture dissuadenti. La bella bambolina vorrebbe godere della vita della madre per un periodo lunghissimo, auspicando per lei ottima salute”.

Nessun commento, ma un’eloquente espressione appena imbarazzata par che dica: “Ma questo vecchio rimbambito non ha proprio niente di meglio da fare a prima mattina!”

Per sdrammatizzare, ed… intuendo che le cose possano mettersi male per te, aggiungi: “Sono proprio contento che Linda, la ragazza di mio figlio, attualmente in attesa di una bambina, non fumi.  Mi auguro che anche dopo la nascita della piccola non riprenderà a farsi schiavizzare dalla sigaretta”. In quell’attimo, il labbro superiore della donna d’intesa con quello inferiore lambiscono il naso, mentre una voluta di fumo, danzando, si eleva verso l’alto con una smorfia che sa di sberleffo.

Riappare sulla scena il padre della bimbetta, per un attimo scomparso dietro le quinte.  La sua sigaretta è già passata a miglior vita, rendendo felice il suo tabaccaio che gongola, come gli imprenditori che si fregano le mani subito dopo una delle tante catastrofi, definite naturali, ma…

Ti è di fronte, un’ombra di barba appena spuntata copre il suo ossuto viso triangolare.  Ti pare una persona tranquilla.  Prendendo coraggio, osi domandare retoricamente: “Non crede che la bambina, vedendo fumare ambedue i genitori, introiettj nella sua identità il vostro comportamento?”

Ascolta con interesse. I vostri occhi si incrociano, poi, i suoi guardano all’interno. Infine, il volto annuisce ripetutamente con il mento che sale e scende dolcemente. I suoi occhi ritornano a guardarti, e con voce gradevole, il giovane papà prorompe: “Grazie, zio”.

Chiedi scusa ai due coniugi della tua invadenza, stringi loro la mano, dopo aver declinato il tuo nome. Sorridono entrambi. Agitando,poi, la mano, saluti la bimbetta che nel frattempo si è mostrata sempre più interessata alla chiacchierata.

Questa volta ti è andata bene. Non ti è stato risposto “Fatti i c. tuoi!”

Atto secondo, scena n.1.  Non cantar vittoria anzitempo. Per il pezzo giornalistico, infatti, hai bisogno di fotografie, e non sarà un’impresa facile. In tanti fumano, ma chi avrà il coraggio di esibirsi su un giornale con la sigaretta che si dilegua, volteggiando nell’aria? Alla tua richiesta, infatti, fioccano secchi rifiuti. Che t’aspettavi? Non sei mica facebook!

Ridimensioni drasticamente la pretesa, può essere sufficiente disporre della foto di una mano che regge una sigaretta fumante. Al primo tentativo… collassano le difficoltà.  Davanti all’ingresso principale della basilica del Sepolcro una nuvola azzurrognola di fumo dalle movenze sinuose si libra voluttuosamente nell’aria. Una vigorosa ed affabile stretta di mano sigla affabilmente lo scatto.

Atto secondo, scena n.2. “Non sarà facile con le donne,” ipotizza tua sorella. “Possibile? Ora le donne sono più emancipate dei maschi!” commenti con un filo di voce. “A paroooole.” Replica.

Appena ti imbatti in una signora che irrora i suoi polmoni con compiaciute boccate di inebriante fumo… “Signora, buona sera, potrei scattare una foto alla sua mano, ripeto alla sua mano ed alla sigaretta? Mi serve per corredare un articolo giornalistico.” Ti guarda torva ed avanza con spedito passo e un’aria carica di disgusto viscerale.

Atto secondo, scena n.3. Ritenti dopo qualche attimo, ancora con maggiore gentilezza, come se inoltrassi una preghiera, ineludibile, sotto una tamerice che eclissa la falce della luna. Ti guarda perplessa, la signora sui quarant’anni, poi, con uno scatto nervoso ed un volto truce denuncia alla figlia. “Ninetta, quel vecchio mi ha scattato una fotografia!”

Precisi con tutta la dolcezza ed affabilità di questo mondo, che mai e poi mai ti permetteresti di riprendere una persona senza il suo consenso. Invano! La ragazza, dai biondi capelli, precipitandosi con urla esagitate verso la vicina pizzeria, ti apostrofa educatamente: “Bastardo, infame, ora chiamo i carabinieri!”

Accelera ancora il passo. Le parolacce si inanellano l’una dietro l’altra con un ritmo frenetico ed una strabiliante ricchezza lessicale, un florilegio di lemmi da caserma ed osteria gorgoglia dalla sua bocca molto curata esteticamente.

Nella corsa, l’elegantissima bella figliola si imbatte nel fratello, al quale concitatamente racconta: “Chud vecch basterd è fett a fofografie a mammin”. (Quel vecchio bastardo ha scattato una fotografia alla mamma). In men che si dica, l’energumeno, dalla criniera grondante gel e sopracciglia ad ali di gabbiano, dando sfoggio alla sua nutrita antologia di improperi, ti si piomba addosso e ti strappa furiosamente la macchina fotografica. Per la disperazione, reagisci energicamente come se avessi vent’anni, urlando come un invasato, e rientri faticosamente in possesso del tuo prezioso congegno fotografico.

Prendi fiato. In quel bailamme, ne hai bisogno! Metti nel conto anche lo scontro fisico, che praticavi per gioco quando eri ragazzino e le strade periferiche della città, bianche e polverose, erano percorse solo da carretti spinti a mano o trainati da animali da soma.

Discussione animatissima. Che rasenta i toni ed i gesti della zuffa. In men che si dica si forma un nutrito capannello. Si fermano vetture. I clacson strombazzano. Sul balconcino a pian terreno della pizzeria, gli avventori, che fagogitano con incredibile voracità la pizza, ingurgitando birra, strabuzzano gli occhi ed allungano il collo. E la brezza marina, soffiando dal vicino mare verso la terra, fa la sua comparsa. Riesce a rinfrescare i corpi, ma non gli animi.

Offri la tua disponibilità a visionare l’intera memoria della Lumix Panasonic, e, d’incanto, il trambusto scema di virulenza. Appaiono immagini della processione della festa patronale. Donne con enormi ceri, confraternite, sacerdoti, la statua di San Ruggiero ed il quadro della Madonna. Sarà stato un miracolo, ma… all’apparizione della sacra icona, cala il silenzio, gli animi si placano, e la famiglia scarmigliata rimane senza parole. Sconsolata. Ahimè!

Atto secondo scena n. 4. Finalmente, al sicuro sotto casa tua! Delle ragazze, allegre studentesse, siedono sul gradino di accesso, assaporando con gusto corposi coni di gelato al cioccolato. Una di loro fuma. Racconti il recente episodio. Sorridono di gusto, fino a sganasciarsi. Poi, volgendo lo sguardo alla bella fumatrice, replichi, testardamente, la consueta domanda. Immediato consenso. Wao!

Atto secondo, scena n.5. Il giorno seguente ti rechi in un tabacchino del centro cittadino e chiedi cortesemente di scattare qualche fotografia alle dissuadenti immagini dei pacchetti di sigarette. Risposta: “Ed io come faccio a campare, se la gente non fuma… Non se ne parla nemmeno!”. Replichi: “Il cancro ai polmoni… ottantamila vittime l’anno… la riduzione della fertilità… il rischio di cecità…” Ti scaraventerebbe fuori dalla porta se non ci fosse una coda di acquirenti.

Atto secondo, scena n.6. Ritornando sulla strada, brilla un’intuizione fulminante. Monti in bicicletta e con occhi strabuzzanti vai alla ricerca di vuoti pacchetti di sigarette. Ne trovi a iosa. Il tuo cuore fa salti di gioia. Almeno una volta, nella tua esperienza di cronista da strapazzo, non recrimini contro gli sporcaccioni per il degrado della città.

Dulcis in fundo. Da quel fatidico giorno, la macchia fotografica fa le bizze. Evidentemente, la sua viscerale visione della vita che la porta a seguire i dettami di Mahatma Gandhi, Aldo Capitini e Danilo Dolci la paralizza. E poi dicono che la tecnica non ha cuore!


FontePhoto credits: Domenico Dalba
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Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.