Figlio,

mio di certo no, perché non mi appartieni, sei tuo e basta. Ti scrivo perché questo mi viene. Mea culpa per il resto: niente manicaretti prelibati da mamma dei cuccioli, poesie al posto della ninnananna, chiacchere, libri e viaggi.

Hai detto bene, figlio, qualche giorno fa, non ti ho dato tutto ma tutto ciò che potevo, quello di cui avevo facoltà.  Ti guardo  varcare la soglia della maggiore età basita.

Puoi votare, guidare l’auto, andare in galera, entrare in posti dove sarebbe meglio non entrassi, buttarti nel mondo adulto con l’innocenza del bambino.  Puoi giustificarti a scuola, puoi sposarti, puoi avere l’eredità di tuo padre. È la terra degli uomini, le leggi le fanno loro

Io rido, tutto ciò che potevi ereditare ti scorre nelle vene e forse lo sai. Non parlo dei morti, i nostri sono molto vivi perché restano giovani. Hai la mente, l’incedere e  la dialettica di tuo padre. Il cuore no, quello è  tuo e basta, viene confezionato ad personam.

Da neonato c’è stato il giorno in cui ti ho odiato perché mi tenevi attaccata alla vita con ostinazione. Eri innocente e pretendevi: ho scelto la gioia, ti ho mostrato  i musei che sono arte, le chiese spirito. Figlio, sbadigliavi e il dolore dormiva.

Anni di febbre alta per tre giorni e tre notti e dentini per la fata,  scuola, grembiule e occhiali. Eri un bimbo ironico, rompipalle. Tenevi banco, facevi da leader e tutti a girarti attorno. Zie che erano mamme, squadra del pallone, Titino e Titone, Tolomeo sulla valigia, amici fratelli e ogni tanto una caduta tua e mia.  Ero lì, le quattro ossa più belle del mondo, la scimmietta attaccata addosso con l’ occhio lungo su tutti. Poi l’adolescente scontroso che si incavola per le ingiustizie di questo nostro mondo. È sempre la terra degli uomini.

Mi sono chiesta spesso chi è l’adulto tra noi due, ti ho contraddetto a volte per il gusto di farlo e non per evidente ragione. Alzavo il livello di conversazione e tu mi seguivi. Siamo al bivio ora.

È che non pensavo  che crescessi in un attimo.

Vorrei ancora correre col passeggino e le gare d’appalto nello scomparto sotto, vorrei guardare il tuo volto altre diciottomila volte mentre dormi, vorrei rifarla la strada alla volta dei campanili perché è stato facile, è stato tutto.

Me lo impedisci, scuoti il capo, sei già uomo.

Mi tocca darti al mondo.

Figlio, tra Jacopone da Todi e l’America ci sono una quercia in Belgio e un ragazzo con la chitarra. Vai dove vuoi, vola alto ma torna sempre qui dove c’è ombra, dove c’è casa.

Amore immenso del cielo che ti guarda e della terra che ti regge.

                                                                                                                                            Tua madre


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