La capitale balcanica, in continua crescita, organizzerà l’edizione EXPO 2027.

Da sempre EXPO è sinonimo di innovazione e apertura al mondo. Ne sappiamo qualcosa noi italiani che soltanto una decina di anni fa – era il 2015 – abbiamo celebrato la kermesse in quel di Milano. Oltre a portare un introito in termini economici importanti, la manifestazione si impone come strumento per rivalutare le periferie delle grandi città, o addirittura crearne ex novo, come avvenne per la zona EUR di Roma (acronimo che sta per Esposizioni Universali Roma), o per lasciare imponenti opere architettoniche, come la Torre Eiffel, eretta per EXPO 1889, a cento anni dalla Rivoluzione francese, o l’Atomium, costruito nel 1957 per l’EXPO dell’anno dopo di Bruxelles, che riproduce i 9 atomi di una cella unitaria di ferro, riferimento particolare a questa materia prima, che in quegli anni era al centro dell’economia e della politica europea.

Una ghiotta opportunità che Belgrado è riuscita a cogliere al balzo e che la vedrà protagonista nel 2027. Per la prima volta tale manifestazione si terrà nel sud-est europeo. Ha dovuto superare la concorrenza della Spagna, l’avversario più temuto, uscendo vincitrice nell’elezione finale di Parigi, avvenuta nella sede delle Esposizioni universali. Il sito di EXPO 2027, ponendo l’accento sulla costante presenza della Serbia alle Esposizioni, da Anversa 1894 sino ad Astana 2017, offre alcune informazioni utili, in particolare sulla tematica che trainerà tutto l’evento: Power of Play. Il tasto play verrà schiacciato per rendere meno ardue creatività e innovazione, in nome della resilienza e delle prospettive presenti e future. Play significa anche praticare sport, giocare e supportare lo stesso team. Ponendo l’accento su tale parola, pare che EXPO 2027 voglia focalizzarsi sulla dimensione dell’intrattenimento. Le classiche belle parole, che consumano l’attesa e la fibrillazione degli eventi epocali si dovranno ora verificare con l’organizzazione fattiva, che già sta impegnando attivamente la città. Da umile osservatore esterno, che frequenta  Belgrado da quasi dieci anni, la trasformazione della grande capitale è ben visibile ad occhio nudo e i lavori per le strade sono all’ordine del giorno.

Dal 2016 la zona della vecchia stazione ferroviaria, quella che nel 2015 raccolse i tanti migranti che percorrevano la rotta balcanica, è stata praticamente stravolta, rinnovata per far spazio a un quartiere residenziale e a un gran centro commerciale sulle rive della Sava, dove si trova il vecchio centro fieristico. Quello di EXPO 2027 dovrebbe sorgere a Surčin, vicino all’aeroporto Nikola Tesla che ha conosciuto un decisivo ampliamento e l’apertura di una nuova pista, inauguarata solo nello scorso giugno. I fatti, dunque. Da questo punto di vista la città è in ascesa e si vuole presentare tra le più moderne capitali d’Europa, grazie anche al completamento dei lavori della metro fissato nel 2028. Non avere una metro in vista del grande appuntamento potrebbe essere uno svantaggio, soprattutto per ovviare al traffico cittadino, ma anche al problema dell’inquinamento, tra i peggiori in Europa. Ciononostante, i mezzi di trasporto, anche se un po’ vetusti, funzionano piuttosto bene e sono puntuali. Dal punto di vista politico, la scelta di Belgrado, che rappresenta da secoli un crocevia tra l’Oriente e l’Occidente, avendo subito l’influenza ottomana e quella mitteleuropea, visibile per le strade, nell’architettura e finanche nel cibo, potrebbe risultare vincente nel coinvolgimento dei Balcani occidentali nel cammino di integrazione europeo, per nulla scontato, in bilico continuamente tra rivendicazioni teritoriali e grandi ambizioni etniche, sempre in procinto di scatenarsi, come dimostrato dai recenti attriti tra Belgrado e Priština.

Conoscendo i serbi, sono convinto che sapranno mostrarsi per due qualità che li caratterizzano: accoglienza e ospitalità. Questa designazione rappresenta un gran successo per un paese con solo sei milioni e mezzo di abitanti, che ha galleggiato in questo anno e mezzo di guerra tra le acque agitate di un neutralismo conveniente, mosse dalla pressione svolta dagli americani e dai loro partner, tra cui l’UE che tanto investe in questa regione, per una scelta di campo a favore della questione ucraina. La Serbia  invece ha difeso fieramente il suo status in nome dell’amicizia con la Russia e la Cina, mostrando un eterno oscillare tra Oriente e Occidente, che agli occidentali soprattutto non è mai piaciuto. Ma ritengo coraggiosa questa strategia politica, considerando che la neutralità possa giovare in  termini diplomatici, seppur  il peso specifico di Belgrado è per così dire esiguo, soprattutto per alcune spinose questioni internazionali che le interessano. Ma tale scelta politica ha giovato, e non solo per EXPO 2027, ma anche per una crescita economica del paese.

Intanto il countdown è partito, tanti investitori fiuteranno l’affare e tanti altri cantieri si apriranno per ospitare al meglio EXPO 2027 che sicuramente non sarà un’esecuzione da solista, un gioco individuale, ma un incontro corale e armonioso tra popoli.

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Vincenzo Pastore è un insegnante di Religione. Nel 2006 ha conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologica Pugliese. Al titolo teologico aggiunge la laurea magistrale in Relazioni Internazionali. Ha pubblicato in self-publishing due racconti brevi, Adriatica '98 (2020) e Ceneri e Cantoni (2022). Nel 2022 ha pubblicato con Abelbooks Pijan Paša. La kafana della famiglia Marković.