di Luisa Tampone e Tina Ferreri Tiberio

Scienza e tecnica sono due fattori indissolubili del progresso della società, noto come progresso tecnico e scientifico, favorito dalla ricerca scientifica e tecnologica. La scienza è strettamente legata alla tecnica e alla tecnologia in quanto le conoscenze scientifiche servono per progettare e realizzare oggetti, strumenti, infrastrutture; viceversa la tecnica dà la possibilità all’indagine scientifica di evolversi sempre più.

La scienza si avvale di un sistema di conoscenze che sono ottenute mediante la ricerca organizzata, metodica e rigorosa e si avvale di esperimenti logici e sperimentazioni a partire da assiomi che sono tipici delle discipline formali.

Immanuel Wallerstein e David Noble hanno individuato nella tecnologia un aspetto profondo e intrigante; per entrambi gli studiosi la tecnologia non è altro che il trionfo della ragione, una ragione però che domina e omogenizza il mondo.

La rivoluzione tecnologica ed informatica ha trasformato la tecnica in sistemi astratti, codici di comunicazione, strutture semantiche, perché la tecnica è intesa non più come possibilità di dominio sugli oggetti ma come modalità di rapportarsi sia con l’ambiente esterno, ossia la natura sia con l’ambiente interno, ossia la società.

Scienza e tecnologia sono diventati strumenti del potere; Marcuse ne “L’uomo a una dimensione” ha fatto un’acuta analisi della rivalità fra le due discipline e la tecnologia per molto tempo è stata considerata ancilla scientiae, ossia subordinata e subalterna alla scienza stessa. Faust di Goethe riceve dal diavolo il sapere e preso dalla sete di conoscenza vuole indagare i più profondi segreti della Natura, il sapere è sempre collegato al concetto di progresso, il quale a sua volta è legato a quello di scienza e di tecnica, ma quando nel passato ci si riferiva alla scienza la si riteneva “alta” in quanto aveva il potere di liberare l’uomo dai pregiudizi ed era sempre separata dalla tecnica.

 

Oggi le due discipline sono considerate alla pari, anzi la tecnologia è assurta a grandi livelli e per la sua meccanicità ha asservito l’uomo a sé stessa.

Dario Antiseri ne Il riformista il 27 febbraio 2009 così scriveva: «La tecnica non è la figlia stupida della scienza. La ricerca trova nella tecnica strumenti di controllo delle teorie prodotte… Il tecnico è colui che sa e spesso sa anche come. Ma è lo scienziato che sa perché»

La tecnica, nel discorso bioetico, si inserisce nel rapporto uomo/natura e di conseguenza nel rapporto sapere/potere; le teorie di Bacone e di Marx, secondo i quali la pratica fa da guida alla teoria, oggi sono di un’attualità disarmante, perchè il sogno baconiano del dominare la natura ha preso forma, la natura viene dominata dalla comprensione e dalla conoscenza della stessa natura ed è ciò che provoca il progresso tecnico -scientifico e di conseguenza benessere nei paesi industrializzati.

La tecnica da mezzo rivolto a conseguire dei fini o un insieme di modelli e di teorie rivolti a dominare la natura, diviene un processo sociale; riconfigurata e trasformata si allontana sempre più dalla phronesis, ossia dalla concezione prudente di cui parlava Aristotele e introduce una molteplicità di mutazioni sull’agire umano e sulla condotta dell’uomo, tali da sollevare interrogativi etici inediti.

Il primo problema che viene chiamato in causa dall’agire dell’uomo è il problema dell’ambiente: per la prima volta nella storia dell’umanità la tecnica agisce sulla natura provocando un salto di qualità nell’azione dell’uomo, nel senso che l’uomo non agisce più al riparo di una natura considerata invulnerabile e immutabile, in quanto la natura non è più quell’essere per sempre di cui parlavano i greci; a tale proposito ricordiamo che, secondo il pensiero greco, la natura era sì ostile ma invulnerabile ed eterna come dimostra per es. la concezione ciclica del tempo e pertanto la natura era inalterabile ed inattaccabile da parte dell’uomo.

Ora, invece, la natura si trova paradossalmente affidata alla tutela e alla salvaguardia dell’uomo e gli effetti non voluti dell’azione dell’uomo sollevano interrogativi etici nuovi in termini di una responsabilità che è planetaria. L’umanità, così, si scopre in tutta la sua fragilità, si rende conto che potrebbe perire a causa di questo mutamento qualitativo dell’agire che richiede il massimo della responsabilità, come ci insegna il nuovo imperativo categorico enunciato da Hans Jonas ne Il principio responsabilità, pubblicato nel 1979: < agisci in modo che dopo di te possa ancora esserci un’umanità e che possa esserci al più a lungo possibile>.

Jonas ricerca una teleologia oggettiva perché vuole fare della natura uno scopo per sé stessa, indipendentemente dagli interessi umani, la responsabilità deve comprendere non solo i rapporti intraumani, ma anche l’oggetto natura, la totalità dell’Universo, in modo da essere indirizzata verso il futuro.

Hans Jonas in quest’opera cerca di andare alle radici filosofiche del principio responsabilità che non riguardano solo la sopravvivenza dell’uomo ma l’unità della specie e la dignità della sua esistenza.

Il secondo problema che nasce a causa dell’agire dell’uomo è quello legato alle scienze della vita: la contraccezione, la fecondazione in vitro, l’inseminazione artificiale, l’ingegneria genetica. Riguardo alle scienze della vita incontriamo aspetti che erano rimasti finora inaccessibili all’intervento umano, quali la nascita, l’ereditarietà, il carattere o l’identità personale. Oggi l’uomo può toccare o intaccare questi aspetti ancestrali della vita che fino ad ora costituivano lo sfondo della nostra storia e avventura umana. Anche i mutamenti legati alle scienze della vita pongono domande etiche radicali che richiedono risposte in chiave di responsabilità, responsabilità dei ricercatori, responsabilità politiche, responsabilità della comunità scientifica.

Concludiamo dicendo che anche questo problema ci rimanda ad un’etica della responsabilità perché mette in luce limiti non valicabili del progresso e dell’intervento umano, valicati i quali l’umanità e la sua storia possono essere messi in grave pericolo. Pertanto è auspicabile un ritorno dell’etica e delle domande etiche fondamentali che riguardano il destino dell’uomo sul pianeta.