Da Isola a Isola

Cosa potranno mai avere in comune due isole come la Sicilia e l’Islanda? Da giorni ci rifletto e provo a metabolizzare, nonostante gli sforzi per sopravvivere allo shock termico a cui il mio corpo è stato sottoposto, tutto ciò che ho vissuto. Ma il passato prossimo forse non è il tempo più corretto. L’Islanda potrebbe essere impropriamente un Present Continuous, uno stato d’animo in perenne corso di svolgimento. Molti non fanno altro che chiedermi: “Perché l’Islanda?”. Il siciliano tende a considerarsi già completo e, in effetti, abbiamo la fortuna di vivere in una terra che offre già (quasi) tutto. È proprio il “quasi” che spinge una persona come me, sicura delle proprie radici che non sono solo luoghi ma anche persone, a vivere perennemente con lo sguardo proiettato verso qualcos’altro. Ecco perché in un piovoso sabato pomeriggio siculo, ho bloccato il mio viaggio alla volta di quest’isola, custodendo gelosamente la mia scelta e comunicandola a chi non più quantitativamente ma solo qualitativamente scelgo ogni giorno di avere al mio fianco. Totalmente ignara del fatto che questo avrebbe rappresentato il viaggio zero di una serie di esperienze che strutturate alla perfezione dai ragazzi di “SiVola”, rispondono e corrispondono a come un viaggio e non una vacanza dovrebbe essere: “Senza fretta ma senza sosta”.  E qui devo subito tirare in causa la mitica coordinatrice Blondie che insieme a Frank hanno capitanato un gruppo di “perfetti sconosciuti” (che quasi immediatamente sono diventati famiglia) alla scoperta “dell’isola che c’è”, percorrendone l’intera e iconica Ring Road, con dei fuori programma da togliere il fiato.

EXIT TO ICELAND, un cartello mi avvisa che ce l’ho fatta, che posso versare le prime lacrime di gioia, che il mio sogno si è avverato con ancora indosso una t-shirt a maniche corte. Povera illusa! 7 gradi. Tiro fuori tutto l’abbigliamento termico che mio fratello (sempre genio!) ha ben pensato di procurarmi, sapendo che sarei partita easy in prendisole e infradito e inizio, insieme ai miei nuovi compagni di viaggio, a macinare kilometri. L’allunaggio ragazzi. Un faro segna il punto di partenza di quella che si rivelerà la più bella avventura che io abbia mai vissuto (Blondie a fine viaggio avrà le chiavi di quel faro, porta dell’Islanda più ancestrale, saliremo in cima e ci abbracceremo gli uni con gli altri per avercela fatta!). Qualcuno scriverà a fine corsa: “L’unico aspetto negativo di questo viaggio è che ora sono convinto che ogni vacanza successiva sarà emozionante come guardare la vernice asciugarsi all’ombra”, e avrà ragione. Ci troviamo nella penisola di Reykjanes e i nostri occhi ancora stropicciati dalla notte trascorsa in aeroporto, dal viaggio, dal leggero ma pur sempre percepito jet lag e dalla presenza di questa luce h24 sono già impregnati di meraviglia! Ogni luogo inizia ad assumere dei contorni fiabeschi non solo per la bellezza che già lo caratterizza ma anche grazie ai racconti dell’irrefrenabile Blondie e alla chicche vichinghe dell’insostituibile (… in pochi capiranno) Frank, che uniscono la storia al mito in una terra che è stata set cinematografico di molti film ma che mantiene intatte alcune caratteristiche che la rendono inarrivabile a chi (per fortuna dell’Islanda) non la considera meta di vacanzieri accaniti ma destinazione di quei – pochi ma buoni  dreamers – per i quali la parola viaggio è sinonimo di scoperta, avventura, conoscenza. Un’immersione a pieni polmoni e cuore aperto in un luogo dove devi accettare che il piatto tipico sia la carne di squalo putrefatto che ti presterai ad assaggiare perché prima di te l’hanno fatto i Pinguini Tattici Nucleari sul palco del SiVola Fest e non puoi proprio permetterti di essere da meno! Dopo aver attraversato il ponte che separa il continente americano da quello euroasiatico (queste sono le cose per cui mi emoziono troppo, non posso farci niente!) e aver minimamente intuito che l’Islanda, mamma severa e dolcissima allo stesso tempo, ci prenderà a cuore riservandoci grandi sorprese, approfondiamo la conoscenza tra noi “cipols” davanti ad una “atomica” zuppa di aragosta, con indosso occhiali velocissimi e calzini coi puffin che diventeranno leitmotiv dell’intero percorso, mentre ascoltiamo già esterrefatti il “BEERfing” di chi l’Islanda te la racconta con gli occhi dello stupore perché in primis la possiede come stato d’animo dentro di sé.

Non starò qui a raccontarvi delle infinite meraviglie paesaggistiche che questa terra riserva. L’Islanda va vissuta, è un tatuaggio fatto lungo una strada che prende i colori dell’arcobaleno nella giovane, multiculturale e nordeuropea Reykjavik e che ti resta sulla pelle, per sempre. È un lento ballato sulle note di “Can’t help Falling in Love” mentre il sole di mezzanotte ti trafigge e sai che da questa sensazione non potrai mai più tornare come sei partita. È una terra dove la natura domina, sovrasta, regna sovrana e ancora incontaminata. Un’isola che, nella sua accezione più stretta, rende ogni persona libera di lasciare, e lasciarsi andare, creare un piccolo spazio dentro di sé, fatto di quelle consapevolezze che solo sentendosi piccoli ed insignificanti di fronte al cospetto dell’universo possono emergere. E, a mio parere, su questo piccolo pezzettino di mondo vi è una concentrazione di tutti gli elementi naturali che possano essere stati, poi, sparsi come dei semini sull’intero pianeta. Non a caso sulla sua bandiera sono rappresentati tre colori: il blu – il bianco – il rosso. Blu come l’acqua che in Islanda oltre ad essere sempre gratuita è anche la più buona al mondo. Blu come le infinite cascate che abbiamo ammirato, la cui forza è capace di riempiere in uno schiocco di dita una piscina olimpionica. Blu come il cielo sempre meravigliosamente pulito (e non accade quasi mai per dieci lunghi giorni consecutivi! I regali, quelli belli!). Blu come il mare le cui spiagge racchiudono dei segreti che ascolteresti per ore, senza stancarti mai. Segreti di basalto che diventano diamanti che diventano puffin indisturbati il cui tocco di arancione sul beccuccio si intona alla perfezione con un faro dei mari più vicini al Circolo Polare Artico, il cui parallelo attraversa l’Islanda sull’isola di Grimsey. Ed è stato proprio in questo mare, con indosso delle tute spaziali, che abbiamo assistito al saluto di alcune simpatiche megattere. Oltre che a quello di un indescrivibile numero di foche che conversavano indisturbate a pochi metri dal nostro cottage quella sera in cui era ancora giorno e ci preparavamo a segnare sulla nostra cartina i kilometri percorsi e le stupefacenti esperienze vissute (sentirsi come i protagonisti del “Viaggio al Centro della Terra” di Jules Verne, ambientato proprio in questi luoghi. Sì, l’abbiamo fatto!) Bianco come il ghiacciaio più grande d’Europa, il Vatnajokull, che abbiamo ammirato per infiniti minuti, attoniti dalle sue straordinarie forme e dalle sfumature di colori sensazionali che lasciano un segno indelebile nel cuore di chi come me, abituata all’altrettanto bellissimo Mar Mediterraneo, non può che commuoversi. Rosso come il fuoco. Il regalo più bello che questa terra potesse riservarci. In Islanda nasce un vulcano, il Fagradalsfjall. Un evento più unico che raro, qualcosa come “segnare un goal alla finale dei mondiali”. Il cielo si tinge di rosso, la protezione civile ci avverte con un sms che per quel pomeriggio il percorso viene aperto. E noi lì, solo a pochi kilometri di distanza. Molti studiosi arrivano da tutto il mondo per assistere a questo spettacolo, ma Lei decide di riservarlo solo a pochi. È pericoloso e bisogna rispettare i percorsi indicati che vengono aperti o chiusi in base al grado di intensità delle esplosioni e della colata lavica. Inutile dirvi che per alcuni il viaggio è andato a vuoto. Per alcuni ma non per noi. Mamma Islanda ci ha accolti nel suo abbraccio più caloroso permettendoci di entrare nella storia. La storia di chi quest’isola l’ha sognata e quel viaggio misto a “pochi grammi di coraggio” come canterebbe Silvestri, l’hanno realizzata!

Grazie Blondie e Frank per avercela raccontata e trasmessa anima e corpo, mentre in un costante vortice di effetto sorpresa ci conducevate a bordo dei nostri mitici van alla scoperta della meraviglia, grazie Pietro per gli innumerevoli momenti di spasso che ci hai riservato, grazie Alessandro per averne creato un mito, grazie Luca perché sei la certezza che le vette più assurde possono essere scalate e solo chi ha il coraggio di osare può accedere alla bellezza, grazie Demetrio e Serena per la vostra sensibilità, i vostri modi gentili, le note suonate al pianoforte che mi hanno attraversata. Grazie alle mie ragazze Simona, Vale, Silvia, Bea, Sofia e Arianna, con le quali so già che l’Islanda è stata solo l’inizio di una serie di innumerevoli avventure insieme ad ognuna di voi! Grazie Francesca e Francesco per l’allegria, i sorrisi e soprattutto gli indimenticabili look, grazie Martina e Marco per aver slatentizzato tutte le mie infinite paranoie da punture di insetti vari ed eventuali!

Grazie, Islanda.

Tua, per sempre,

Cristina.

di Cristina Cucinotta