Una riflessione personale

L’uomo ha sempre guardato alla natura come ad una proiezione fantastica del proprio inconscio, infatti è nella natura che si celano tutti i desideri nascosti dell’uomo.

Nella sua immensità la natura rappresenta l’amplificazione dell’immaginazione dell’uomo; è come se questi vedesse la natura “per gradi”: dapprima una natura solare ovvero l’io cosciente dell’uomo, poi una natura crepuscolare ovvero il momento di passaggio dallo stato cosciente a quello incosciente ed infine, una natura notturna ovvero il sonno e, per molti aspetti, la morte della coscienza. Per poi ricominciare all’alba con una natura che simboleggia il risveglio della coscienza intesa come percezione razionale della vita.

L’uomo ha sempre cercato di “appropriarsi” della natura sia in senso spirituale ovvero mimetico, ma sconfinando spesso nella deformazione immaginifica causatagli dalla frustrazione dei propri desideri insoddisfatti, sia in senso materiale ovvero per lo sfruttamento delle risorse: quindi l’uomo che riflette su se stesso attraverso l’idealizzazione artistica della natura, ma anche l’uomo che agisce per il proprio bisogno di sopravvivenza. Più che di sopravvivenza dobbiamo a volte parlare di conquista, ma sia la prima che la seconda sono strettamente legate nell’atto di costruzione dell’identità dell’uomo in modo da affermare la necessità di questi nella scoperta dell’ignoto che è, allo stesso tempo, anche scoperta di se stesso. Ed è qui che il nesso uomo-natura entra in gioco cioè noi non possiamo esimerci dal considerarci un tutt’uno con la natura poiché in essa vanno contestualizzate tutte le nostre azioni. Ne deriva per intuizione che anche i nostri pensieri vengono da noi contestualizzati nella natura visto che essi rappresentano la riflessione sulle nostre azioni passate, presenti e future. Allora possiamo tranquillamente chiamare in causa il valore della conoscenza.

Questa prende forma in noi quando pensiamo la realtà attraverso l’esempio delle immagini della natura; quindi sotto il profilo gnoseologico la conoscenza rappresenta l’approdo delle nostre sensazioni che, avendo origine dall’inconscio, vengono poi alimentate dalle immagini che noi possediamo della natura rendendo così razionali i nostri pensieri a prescindere dalla effettiva realtà dei loro contenuti: ecco una mia personale interpretazione dei concetti di sensibilità e intelletto kantiani.

È chiaro che a questo punto entra in gioco il nostro io ovvero la componente razionale della nostra coscienza che, percependo la natura attraverso le sensazioni rimanda ogni nostra esperienza a quello che per noi è già noto cioè al passato. Quest’ultimo rappresenta il serbatoio delle nostre conoscenze che, sotto forma di ricordi, sollecita la nostra volontà verso una decisione da prendere riguardo ogni nuova esperienza: questa va da noi giudicata in funzione del passato cioè attraverso una vecchia esperienza oppure bisogna interpretarla in una prospettiva orientata verso il “non noto” di cui non abbiamo ancora consapevolezza? Nell’operare la scelta tra queste due opzioni interviene la natura intesa come contesto che, afferendo per un attimo alla nostra coscienza, ci rende partecipi dell’infinita gamma di sensazioni che abbiamo come se passato, presente e futuro fossero in noi un tutt’uno.

In altre parole sotto la sollecitazione di questi tre momenti che agiscono sia a livello inconscio ovvero proiettando verso il nostro io tutte le possibili interpretazioni da noi avvertite ancora in modo inconsapevole, sia a livello cosciente ovvero attraverso la riflessione su come interpretare nuove esperienze arriviamo a concepire l’effettiva realtà di ogni momento della nostra esistenza quotidiana.

Biagio Lauritano