«Per coraggio di abnegazione la donna è sempre superiore all’uomo, così come credo che l’uomo lo sia rispetto alla donna per coraggio nelle azioni brutali»

(Gandhi)

Abbiamo la guerra nel mondo. Alcuni dicono che abbiamo la terza guerra che coinvolge tutto il mondo.

Abbiamo guerra sociale nel continente e nel Belpaese.

Abbiamo la guerra in casa.

In casa, abbiamo chi uccide. Uccide le donne, in particolare. Non solo nella settimana del 25 novembre. In media, è uccisa una donna ogni tre giorni.  Alla data del 20 novembre, sono 106 dall’inizio dell’anno: fonte Ministero dell’Interno. La più giovane aveva 13 anni, la più anziana 95.

E a tutte le donne vorrei ricordare l’esistenza di un numero gratuito per chiedere aiuto: è il 1522. Non è mai troppo tardi per chiamare, non è mai troppo presto.

Dunque, c’è violenza anche in casa, tra le pareti amiche, tra gli abbracci che si trasformano in catene, tra le carezze che si serrano in pugni.

C’è chi dice che la famiglia ha fallito, che la scuola ha fallito, che la politica ha fallito, che ogni altra agenzia educativa ha fallito.

C’è chi dice che, in realtà, sono gli adulti in quanto tali ad aver fallito.

Perché sono vuoti, non hanno ideali, hanno smarrito il senso, sono privi di identità. In perenne adultescenza.

Perché non può educare chi non sa dove andare e non c’è vento favorevole per il timoniere che non sappia governare la propria vela.

Il tema degli adulti di questo tempo mi attanaglia da tempo.

Mi sento responsabile verso i giovani di oggi. Penso, l’ho già scritto più di una volta, che stiamo facendo di tutto per render loro la vita difficile e il futuro insostenibile. Penso, temo e spero che occorrerà una svolta, ma non riesco a immaginare quale e a quale prezzo.

Mi consola il pensiero che, nei tempi che furono, specie in quelli che furono più tetri, il genere umano abbia dato prova di sapersi rialzare proprio quando sembrava finita. Ricordo che alcuni degli angoli più bui della storia sono quelli che hanno preceduto e dato via ad uno scarto di creatività, di innovazione, di nuovo mondo.

Vorrei sperare che sarà così anche in un futuro che probabilmente non farò in tempo a vedere, mentre sono preoccupato del fatto che la forza distruttiva di cui dispone oggi il genere umano, in precedenza, non l’ha mai avuta. E non penso solo alle armi: penso a quanti si distruggono con droga, alcol, gioco, sesso e ogni altra forma di dipendenza…

Penso e sono preoccupato del fatto che, nel villaggio globale, la comunicazione di massa possa essere la prima forma di distruzione di quella stessa massa.

E penso che, se fine del mondo per mano d’uomo sarà, sarà per una comunicazione che non comunica più, perché ha smesso di renderci comuni. E che è controllata da pochi, da pochissimi.

Penso anche che, come dice un proverbio giapponese, domani soffierà il vento di domani.

E che a noi, come diceva Aldo Moro, tocca vivere con responsabilità questo tempo. Non un altro.

E, per esempio, tocca tornare a educarci se vogliamo educare. Potrebbe dipendere da questo la salvezza del mondo.

E la fine della violenza.

Nicolás Gómez Dávila. «Forse il futuro prossimo porterà catastrofi inimmaginabili. Ma ciò che di sicuro minaccia il mondo non è tanto la violenza di moltitudini fameliche quanto la sazietà di masse annoiate».

Aldo Moro: «Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà».

Nichi Vendola: «La violenza contro le donne chiama in causa l’ordine sociale, il linguaggio, tutto. Rispondere con la mistica delle manette è solo un parlar d’altro, serve ai miserabili trafficanti di paure e di rancori. Ma non serve a disarmare chi vendica col sangue la propria lesa virilità».


FontePhotocredits: Paolo Farina
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...