A lei, a tutte…
La prima volta che le urlò contro con gli occhi stravolti e l’espressione da pazzo lei rimase senza fiato. Era mattina e lei si rannicchiò sulla panchina e pensò di averla fatta grossa. Il suo ragazzo era perfetto, maledetta, maledetta lei che rovinava sempre tutto. Rientrò stravolta. Però quelle parole erano state pesanti, non le aveva mai sentite in casa. Vabbè, ogni casa forse è a sé. Il giorno dopo arrivarono fiori rossi e un biglietto rosso a forma di cuore. I mesi che seguirono furono una favola, colorati e pieni di premure. Dimenticò.
La seconda volta fu quando salutò un amico mentre andavano a pranzo che la stritolò in un abbraccio. Sorriso strano sul volto del suo ragazzo, le arrivò uno schiaffo in pieno volto appena svoltarono l’angolo. Non capì. Ah certo, aveva preso una birra al bar e bere a stomaco vuoto non va bene mai.
La terza volta fu quel pomeriggio che aveva messo troppo profumo e lo sapeva che lui non sopportava i forti odori. Era stata provocatoria, disattenta, la solita sbadata. Lei piangeva e lui diceva che se l’era cercata. Non era un rossetto rosso, non era un abito corto, solo uno stupido scadente campioncino di profumo.
Però è vero che lui ci teneva a lei e lo dimostrava con le mille attenzioni. Mica se ne infischiava. La chiamava continuamente, l’aspettava alla fermata del bus. Forse solo un po’ geloso. Anche le amiche lo dicevano e per pura invidia si stavano allontanando. Erano state così unite, le mancavano.
Qualcosa comunque non quadrava, si sentiva strana, confusa, sola e forse un periodo di stacco avrebbe chiarito. Doveva studiare tanto.
La quarta volta mentre il sole tramontava. Lui voleva spiegazioni sul suo allontanamento, lei voleva che capisse. Era importante parlarci perché lei sola era in grado di aiutarlo. Lei poteva salvarlo col suo amore. Perché l’amore può tutto.
La quinta volta la videro gli alberi e il buio della notte, la pioggia che scendeva sulla macchina fredda e quel liquido caldo e nero che le colava ma più forte era il dolore. Tutto chiaro ora. Era in trappola come una bestia, come un ratto schiacciato. Lei che liberava i mosconi a casa perché volassero felici. Lei che sognava sempre e si perdeva.
Aveva freddo e fretta ora, chiuse gli occhi e scivolò. L’alba si vergognò a venire.