“Esiste ancora l’autonomia scolastica?”

Ci ha lasciati qualche giorno fa il professor Luigi Berlinguer, ministro (con molto merito) della Pubblica Istruzione fra il 1996 e il 2000, uno dei promotori di alcune delle più importanti riforme del sistema scolastico italiano: l’aumento della durata dell’obbligo scolastico (10 anni), l’introduzione del credito scolastico nel triennio della scuola superiore e, soprattutto, l’istituzione dell’autonomia scolastica con il decreto del Presidente della Repubblica n°275 del 1999.

Ho avuto modo di ascoltare in collegamento da Roma il prof. Berlinguer nell’autunno del 2021, a Matera, durante una conferenza sull’autonomia scolastica alla quale decisi di partecipare incuriosito dal fatto che oggi qualcuno parli, coraggiosamente, di autonomia scolastica.

Non appena dalla sala si levò la domanda: “Esiste ancora l’autonomia scolastica?”,  il prof. Berlinguer chiese di intervenire e spiegò appassionatamente il significato di quella affermazione di democrazia che fu l’attribuzione dell’autonomia alle singole Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.

Il DPR 275 del 1999 fu un’apertura di dignità per le scuole e sostituì il sistema delle autorizzazioni, dal Ministero ai Provveditorati, con un sistema di iniziativa dal basso: le istituzioni scolastiche diventano “espressione di autonomia funzionale” e l’autonomia “è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche dei soggetti coinvolti”.

Nasce il Piano dell’offerta formativa, elaborato dal Collegio dei docenti, riconoscendo anche le opzioni dei gruppi minoritari.

Le scuole hanno autonomia organizzativa e possono modulare l’orario delle lezioni in modo flessibile, in base alle esigenze didattiche.

Il curriculum nazionale è adattato alle esigenze locali e può essere migliorato con specifici progetti di sperimentazione, anche in rete con le altre scuole.

Dopo il DPR 275/99 si è abbattuta sulle scuole la valanga culturale del berlusconismo e l’azione dei ministri Moratti e Gelmini. Gradualmente, ma inesorabilmente, sono diventate dominanti nelle scuole idee e pratiche completamente differenti: la scuola serve a poco, perché non conta la cultura o l’istruzione, ma il business; bisogna essere i migliori e molto smart, la valutazione deve essere  prima di tutto competizione; se proprio bisogna studiare, concentratevi su informatica e inglese; le scuole sono tane di comunisti e la cultura è stata egemonizzata dalla sinistra; basta con il tempo pieno e il tempo prolungato; mettiamo trenta alunni in ogni classe, accorpiamo le scuole e mettiamo un dirigente su dieci plessi; diminuiamo le ore di insegnamento nel biennio delle superiori; se le scuole pubbliche vanno in malora, poco ci cale, perché abbiamo le scuole paritarie, cofinanziate dallo Stato; i nostri figli devono andare a scuola con quelli del nostro stesso livello; le scuole statali lasciamole ai figli degli immigrati; sperimentiamo cento licei di quattro anni e non cinque, perché i  nostri figli devono arrivare sempre primi; foraggiamo le università private; i libri di testo nella scuola media li comprino le famiglie, la scuola dell’obbligo non deve essere gratuita; nel frattempo compriamoci le case editrici dei libri di testo; appaltiamo le certificazioni linguistiche e informatiche ad aziende amiche; tempestiamo i docenti con le prove Invalsi, l’educazione civica, il registro elettronico, il PCTO, il RAV, etc…

Nell’ultimo anno, poi, con il Governo Meloni, passiamo al Ministero del Merito e cominciamo a parlare di Nazione, di cibi italiani, di lotta all’immigrazione e così sia. L’etica e la pedagogia sono affidati al generale Vannacci.

È sotto gli occhi di tutti la crisi della scuola pubblica e la constatazione che solo la buona volontà del personale della scuola sta mantenendo in piedi il sistema.

È altrettanto evidente che solo ritornando ai principi ispiratori dell’autonomia scolastica possiamo riprendere a parlare di scuola, di educazione, di pedagogia.

Abbiamo assistito alla sparizione dell’orizzonte etico in campo educativo.
Le scuole-azienda e il dirigente scolastico-manager si sono rivelati un fallimento, un inganno. Abbiamo finito con l’ignorare le funzioni di prevenzione e di cura del disagio sociale che le scuole hanno di per sé avuto, sempre e ovunque.

È urgente togliere l’egemonia sulla scuola ai politici e restituirla a chi educa, in primis agli insegnanti.  La lezione del prof. Berlinguer resta viva.


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Sono nato a Barletta nel 1956; ho insegnato Lettere per 23 anni e sono stato dirigente scolastico dal 2007 al 2023. Mi sono dedicato allo studio di vari aspetti della storia locale e sono membro della Società di storia patria per la Puglia; ho censito, trascritto e tradotto le epigrafi di Barletta. Per i tipi della Rotas ho pubblicato il romanzo-saggio “Ricognizioni al giro di boa”. Da molti anni mi interesso di religioni (specialmente il Buddhismo Mahayana) e di dialogo interreligioso. Ho avuto la fortuna di avere tre figli e ora di essere anche nonno! Da settembre 2023 sono in pensione: si dice tecnicamente "in quiescenza" ma è un po' difficile fermarsi. Gioco a tennis, mi piace molto viaggiare e credo molto nel lifelong learning. Sono stato cooptato in Odysseo da Paolo Farina :) e gli sono grato per avermi offerto uno spazio per parlare di scuola (e non solo) fuori dall’ambito formale/ istituzionale.

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