Ho sempre preferito questo inferno sulla terra che ad un probabile, confuso paradiso, non so dove

Siamo in tanti a sentirci affrancati e non più asserviti, nei momenti in cui si è già “immersi” nel “liquido amniotico” di una fede, tanto da essere riluttanti a recepirne, respirarne altri credi. Considerando questo tipo di “mercato” religioso mi viene in mente le volte che mi tocca far diniego ai Testimoni di Geova. È una trattazione che non è mai andata a buon fine, sia per la mia non pronunciata richiesta, sia per l’ingannevole, assillante, ossessivo proselitismo dell’offerente che ti offre il paradiso, tutto scontato.

Ho sempre preferito questo inferno sulla terra che ad un probabile, confuso paradiso, non so dove, ventilato con così tanto ardore da somigliare più a veemenza, a un’incontrollata irruenza…

È sempre la domanda a recitare l’offerta e il prezzo del prodotto. Se c’è un’inversione, ovvero che sia l’offerta a sollecitare la domanda, beh allora significa che la richiesta stagna. Serve almeno un piccolo canovaccio base per affrontare un tema quale può essere la posizione più equilibrata tra, una domanda e un’offerta. Uno schema di supporto può rivelarsi, qualora s’intende procedere a passi misurati, contenuti e non alla carlona maniera, accertarsi di una serie positiva di condizioni attraverso le quali si muove un mercato sano e privo di sofisticati, adulterati sfasamenti. Gli elementi significanti che dànno un procedimento metodico, tecnico, all’individuazione di un’origine esatta tra l’offerta e la richiesta sono, senza ombra di dubbio, le condizioni di necessità del consumatore e la relativa disponibilità del produttore. Lo squilibrio s’inserisce in malo modo, sia per chi compra un bene sia per chi lo produce, quando per entrambi subentrano le condizioni sfavorevoli appunto: la carestia e l’inflazione galoppante. Con la prima non si produce e con la seconda non si riesce a comprare.

Tutto questo vale per ogni settore preso a modello, a cominciare dal prodotto di prima necessità fino al soddisfacimento personale dell’ego intrinseco e spirituale di una persona. Sia essa osservante di sano punto ai dogmi della sua fede di appartenenza, sia priva di sensibilità recettive ai temi di etica religiosa. Sì perché, non solo per gli gnostici e per chi non possiede aspirazioni “extralarge”, tipo traslare in paradiso non appena si viene “sfrattati” dalla dimora terrena, ma pure per coloro i quali si arroventano a fare congetture e finte manovre di obbedienza a un dio “intrinseco”. Un dio che rispecchi la propria immagine e che rispetti le regole malferme che gli capita subire dall’ego “imperioso” appunto.

Nel suo Ateismo nel cristianesimo Ernst Bloch afferma: “Solo un ateo può essere un buon cristiano”… e, “Solo un buon cristiano può essere un ateo”, gli risponde Jürgen Moltmann.

È come stare con due piedi in una scarpa. La scarpa resterebbe stretta per un sol piede, qualora la speranza dell’uomo si frantumasse anzitempo in miraggi, con la conseguente dottrina escatologica che diverrebbe: indiscutibile e pura utopia. Dopo la vita rimarrebbe solo la morte, nuda e cruda? “All’apparir del vero tu, misera, cadesti, e con la mano la fredda morte e una tomba ignuda, mostravi di lontano” (A Silvia di G. Leopardi).

La speranza e la fede sono il substrato spirituale, della vita; sono il viatico, una forma di conforto per intraprendere il nostro viaggio esistenziale e giungere alla meta… anteporre un’utopia radicale e spogliarsi di fede e speranza sarebbe come affrontare il percorso, senza ausilio alcuno.

“Chissà quale confusione stagnerà in Paradiso a causa della mancanza di “manodopera?”, si chiederebbe qualcuno. Forse lo pensa chi non ama lavorare; forse paluda perfino l’idea, densa di comode terminologie… nel modellarsi un paradiso allettante, ambito e senza lavoro?

E cosa possiamo pensare dell’Inferno, dove veramente potrebbe mancare il lavoro…?

Eh già, l’Inferno! Con la probabile, relativa “disoccupazione”, l’ignavia dei dannati avrà preso il sopravvento, sulla loro volontà di spegnersi quelle ostinate fiamme di dosso…

Ma con la crisi energetica in corso, chissà se le fiamme si spegneranno comunque: è sempre commisurato sperare, nella misericordia di Dio.

“Non c’è idiota più grande di colui che dice, ‘Non c’è Dio,’ a meno che non sia quello che dice di non sapere se ce ne sia uno oppure no” (Otto  von Bismarck).


FonteJacopo Tintoretto, CC BY 3.0 , via Wikimedia Commons
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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.

1 COMMENTO

  1. Buon giorno. Come non essere colpiti dalla schiettezza e la chiarezza con la quale ha espresso il suo rispettabilissimo punto di vista. Se me lo permette vorrei sottolineare qualcosa che mi ha colpito in particolare. Lei scrive: “…sia per l’ingannevole, assillante, ossessivo proselitismo dell’offerente che ti offre il paradiso, tutto scontato.” Frase scritta subito dopo aver citato i Testimoni di Geova. Essendo io da decenni “Testimone di Geova”, le devo chiedere scusa se qualche mio confratello le ha dato questa impressione. Le assicuro che non è nelle nostre intenzioni né essere ”ingannevoli”, né “assillanti”, né tantomeno essere “ossessivi “ nel fare “proselitismo”. Costringere qualcuno a cambiare religione è sbagliato. Di sicuro i testimoni di Geova non agiscono in questo modo. A un convegno tenuto il 16 novembre 2000 dalla Commissione statunitense sulla Libertà Religiosa Internazionale, uno dei partecipanti ha fatto una distinzione fra chi cerca di costringere la gente a convertirsi e l’attività dei testimoni di Geova. È stato messo in evidenza che la predicazione dei testimoni di Geova si svolge in modo tale che la persona contattata è libera di dire semplicemente: “Non mi interessa” e di chiudere la porta. Perciò non fanno proselitismo nel senso in cui viene intesa oggi la parola. Piuttosto, come i cristiani del I secolo, predicano la buona notizia a tutti. Chiunque, di sua spontanea volontà, sia disposto ad ascoltare è invitato ad approfondire l’argomento mediante uno studio biblico.
    Questa disposizione si trova in un articolo di studio della nostra pubblicazione ufficiale, la Torre di Guardia e si può leggere tranquillamente nel nostro sito senza registrarsi o effettuare login https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/2002002
    Anche se ci sarebbe altro da dire, ad esempio ragionare sulla differenza tra “CRISTIANITA’” e CRISTIANESIMO, mi fermo qui rimanendo a disposizione per qualunque chiarimento. Grazie per l’attenzione. BRUNO BARGIACCHI

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