“Le imprese che si basano su di una tenacia interiore devono essere mute e oscure; per poco uno le dichiari o se ne glori, tutto appare fatuo, senza senso o addirittura meschino.”

(Italo Calvino)

Un’amica mi ha parlato di un suo desiderio: fare volontariato nelle carceri e mi ha chiesto di darle una mano nel cercare una strada.

Questa storia ruota intorno a me ormai da un anno: stavo compilando la scelta delle 150 scuole in cui essere eventualmente assoldata, ad agosto 2022, quando già decisi di poter flaggare i penitenziari come possibile scelta.

Successivamente, per altre vie, questo discorso è tornato a farsi sentire, sebbene sempre per interposta persona: ovviamente non ho mai avuto la possibilità (a quanto pare difficilissima) di toccare con mano. Ho solo sentito: gli oneri e gli onori non li ho masticati personalmente e sono toccati alle persone competenti e meritevoli, grazie al Cielo.

Di fatto, l’argomento è tornato a farsi vivo nei discorsi della mia amica alla quale, quel pomeriggio alle 17:15, avevo potuto solo rispondere: “Ti aiuto volentieri, ma non ho grandi mezzi o contatti. Lasciami pensare, magari un sistema lo trovo”.

Erano le 17:30, un quarto d’ora per pensare ad una strada, quando la strada non la possiedi nell’immediato come i grandi, non potevano essere stati sufficienti, eppure la soluzione l’avevo trovata.

BUGIA! Non avevo trovato un fico secco, avevo solo aperto una notifica qualunque, in una chat whatsapp qualunque, di un gruppo qualunque: dopo quindici minuti dalla richiesta, mi era arrivata una locandina per una formazione dedicata ai potenziali volontari penitenziari.

Ci ho messo qualche secondo a capacitarmi, il chiedi e ti sarà dato, lontano com’è dalle dinamiche degli uomini, che notoriamente sono avvezzi a blaterare moltissimo, non è così facile da accettare. Ma io ho imparato a non pontificare: quando la Provvidenza offre, non mi fermo più a studiare la mia incredulità. Accetto l’offerta, non mi faccio domande. La Provvidenza non tradisce mai.

Così mi ci sono trovata dentro, l’universo ha parlato, la mia amica ha chiamato, la Provvidenza ha risposto ed io ho iniziato a camminare con loro che erano quanto di più lontano da tutto questo io potessi mai immaginare. Le cose che non sono cose non arrivano mai da dove le aspetti, tocca farsene una ragione.

Siamo molto, ma molto prima delle porte di ingresso eh… lontani ancora anni luce, ma più il velo si svela, più penso sia il tempo di restituirci e restituire qualche possibilità, cercare e magari trovare strade su cui mettere i primi passi, scovare parole con un tono diverso che portino luce rigenerata e rigenerante. Riprenderci una cura che lenisca soprusi e ferite senza lamento, ma con l’intento di saper essere scevri dal giudizio e semplicemente delicati.

Sono indietro, indietrissimo, molto più indietro del pubblicano e questa è una partita che mi giocherò con il Padre Eterno, ma quando San Pietro aprirà, saranno le persone povere che avrò aiutato che verranno a chiamarmi, coloro a cui mi sarò fatta prossima. Se ne sarò stata capace.

È davvero troppo presto per dirlo, le altezze continuano a risultarmi repellenti e ieri sera ne ho conosciuta una che si è fatta molto molto piccola al fine di passare un messaggio: sono rimasta in ascolto e religioso silenzio per due ore. Solo dopo molto tempo, l’altezza che parlava si è qualificata quasi per sbaglio. Avrebbe potuto essere l’ultimo dei passanti di una strada secondaria, nessuno avrebbe saputo niente di più circa la sua collocazione sociale e professionale. Davvero nessuno: non appariva l’ombra di un nome neppure sui programmi. Niente. Assenza totale di gloria: è bene che la mano sinistra non sappia cosa fa la destra. Un uomo fra gli uomini che parlava senza guardare l’orologio, senza abito elegante, senza lo straccio di un foglio nelle mani, senza mai ripetersi o restare senza parole, senza restare sul piedistallo che ospitava la cattedra e la sedia destinata. In basso, in piedi, lontanissimo dal suo io, senza guadagno alcuno, così: uno di noi. Che davvero siamo nessuno. Rispetterò questa volontà, almeno apparente, non posso metterci la firma: non dirò chi è l’altezza di cui parlo, né mi interessa molto sapere se questo umano che mie era sconosciuto sia davvero ciò che mi è parso.

Oggi conta solo che questa somma di eventi, dopo 44 anni, mi ha fatto capire qualcosa che, lo giuro, pensavo di sapere molto bene. E invece non lo sapevo, non lo sapevo proprio per niente: gratuitamente avete avuto, gratuitamente date.


FontePhotocredits: Miriam Arsedea Massarelli
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.