«Il modo migliore di mostrare i denti è con un sorriso»
(Henry Valentine Miller)

L’entusiasmo di chi non te l’aspetti. La generosità ricambiata con generosità. L’attenzione ripagata con attenzione e curiosità…

Sono questi i pensieri che mi hanno raggiunto al termine di un incontro di qualche giorno fa in una sperduta periferia di una delle tante città italiane.

Per una serie imprecisata di imprevisti, l’inizio non era stato dei più incoraggianti. Mi sono trovato davanti a un centinaio di ragazzi di terza media che non mi parevano esattamente interessati al tema dell’incontro. Non sono un tipo che batta facilmente in ritirata, ma vi confesso che qualche minuto di sconcerto l’ho attraversato.

Finché non ho deciso di infischiarmene. Di non stare a farmi i conti in tasca. Di non pensare a cosa avessi da perdere o a cosa rischiassi.

Mi sono buttato. Ho dato tutto. Senza risparmio. Fino a bagnare la camicia di sudore.

E sono stato ripagato. Col centuplo, proprio com’è scritto da qualche parte.

I ragazzi non mi mollavano più. I loro occhi mi sorridevano e interrogavano. Gli interventi venivano giù a profusione.

E così ho pensato: da quanti pregiudizi ci facciamo così spesso fregare! Siamo portati a giudicare per stereotipi. Della serie: “Da Nazareth, puoi mai venire qualcosa di buono?”.

E invece è proprio nelle periferie del mondo che possiamo incrociare una sete genuina, relazioni senza difese, attese che chiedono solo di essere accolte, colmate.

A quei ragazzi che mi assediavano di domande, ho risposto che è bello studiare con l’idea di poter essere utili, un giorno, a chi incontreremo; che la felicità per quel che “si ha” è molto più debole di quella che si vive per ciò che “si è”; che accendere una candela è più intelligente che gridare per paura del buio.

Mi è parso mi abbiano capito. Mi è parso abbiano inteso molto più di quanto io sia stato capace di dire. Me lo hanno detto i loro occhi. E i loro sorrisi. Ancora ieri, in un’altra circostanza, me lo hanno confermato le lacrime commosse di Benedetta, una ragazza che, stando ai luoghi comuni, sarebbe “meno fortunata” dei suoi coetanei, ma i cui occhi radiosi mi hanno illuminato di immenso, commuovendomi fin nel midollo.

E così torno a considerare che sia bello “buttarsi” senza calcoli di interesse. Magari si vive più perigliosamente. Ma anche felici. Decisamente più felici, direi, di quanti vanno in giro con un ghigno lombrosiano, tanto sono avvezzi a sputare sdegno su universo mondo e i suoi abitanti.

A me sembrano ottusi, in verità. E i felici mi sembrano intelligenti.

Altro che beoti. Beati, caso mai.

Goethe: «Se volete che le persone siano contente di conoscervi, dovete essere contenti voi di conoscere loro e dimostrarglielo».

Tenzin Gyatso: «La compassione, l’altruismo, il buon cuore non sono unicamente nobili sentimenti di cui trae vantaggio il nostro prossimo. Sono stati mentali, condizioni mentali di cui beneficiamo anche noi stessi».

François de La Rochefoucauld «Chi immagina di poter fare a meno del mondo s’inganna parecchio; ma chi immagina che il mondo non possa fare a meno di lui s’inganna ancora di più».


FonteFoto di Hana Lopez su Unsplash
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

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