di Paolo Farina

 

Riceviamo e pubblichiamo:

 

Il prof. Paolo Farina, inaspettato quanto coinvolgente saggista dantesco, prosegue la sua indagine sul Maestro della letteratura italiana dopo l’apprezzatissimo Cento caffè di carta (EtEt 2022) con Cento (e uno) caffè con Dante (EtEt 2023).

 

Liberiamo subito il campo da aspettative che non troverete esaudite in questo volume.

Questo non è un saggio di critica letteraria per intenderci alla maniera di De Sanctis, Sermonti, Auerbach, Singleton, Contini e così via.

Questo non è un testo antologico nel quale l’autore sceglie alcuni passi ritenuti da lui meglio esemplificativi dell’opera e li commenta.

Questa non è una riscrittura in lingua “contemporanea” delle terzine scritte in volgare fiorentino, antesignano dell’italiano.

Questo non è un volume che propone parallelismi e/o riletture come da anni per esempio compie il prof. Trifone Gargano, proponendo intersezioni con la musica pop o il rock, riproposizioni della figura dantesca apparentandolo a personaggi “fiabeschi” come Harry Potter o Pinocchio.

Questo non è neanche un saggio in senso stretto sul Dante personaggio storico nato a Firenze nel 1265 e morto a Ravenna nel 1321.

Cosa è, invece, questo libro?

Possiamo, senza tema di smentita, affermare che questo è un breviario letterario della Divina Commedia. Il termine “breviario” indica «compendio, sommario; con questo sign., fu usato come titolo di opere, estratti, cataloghi, inventarî, spec. nell’antichità […] e nel medioevo, e solo raram. in tempi moderni (per es., il Breviario di estetica di B. Croce)» (cfr. Enciclopedia Treccani). E in effetti il libro è un compendio di tante piccole opere erudite che sono i singoli canti delle tre cantiche della Divina Commedia.

Ma il termine incrocia anche il significato di “breviario liturgico”, poiché l’autore legge l’opera  come testimonianza di un credente e del suo rapporto con Dio e suggerisce per ogni canto quasi un’attualizzazione, direi un’applicazione per e nella vita quotidiana. Il background accademico del professore, il suo essere docente alla Facoltà Teologica Pugliese, però, non ha trasformato (rischio  o tentazione che poteva essere più che plausibile) questo libro in un compendio para-catechetico. La sapienza della scrittura e del pensiero dell’autore è tale che, al contrario, egli si lancia spesso in disamine del Dante-pensiero e sceglie di appoggiare e condividere certe posizioni – pur essendo queste in contrasto oggi con l’ortodossia cattolica e col politically correct imperante – senza  inforcare la mannaia della cancel culture: è il caso per esempio degli amanti del canto V o dell’eroe omerico del canto XXVI dell’Inferno o del suicida Catone del I canto del Purgatorio esaltati e da Dante e dal nostro nel loro essere “umani, troppo umani”.

E quindi, parafrasando, se Virgilio è il maestro, il duca, la guida tra Inferno e Purgatorio, se Beatrice è l’amore eterno, la guida nel Paradiso, se san Bernardo è la guida nell’Empireo… potremmo promuovere il prof. Paolo Farina a guida dell’attualizzazione della Divina Commedia.

Numerosi sono i caratteri, o meglio, i punti di forza, che ci consentono di dire questo.

In primo luogo il rimando costante al testo originale. Il prof. Farina non scrive un riassunto, ma riassume il senso del canto, offre una prospettiva, una possibile chiave di lettura, apre una finestra sul canto e offre la sua lente di ingrandimento. Il suo saggio è una delle tante “chiavi” al testo, ma il testo originario rimane fondamentale e primario.

In secondo luogo, i personaggi e le relazioni di Dante con il contesto storico rappresentano una costante lente per lo scrittore. Dante è il sommo poeta, è un letterato riconosciuto e apprezzato, ma l’autore adotta la prospettiva dell’uomo del suo tempo, attore del contesto cittadino dal quale viene esiliato, mosso da grande ardore politico per la realtà in cui versano Firenze e l’Italia, animato da ammirazione verso taluni e viscerale odio verso altri (non si può certo dire che non fosse uomo dalle passioni forti!).

E poi il titolo, felicissimo, che sottolinea come la lunghezza del canto equivalga al tempo di un caffè. Il caffè diventa paradigmatico sia del tempo breve, ma intenso tempo – che rappresenta un ponte, un link ad altri approfondimenti – da dedicare alla lettura sia del momento della giornata, che sia al mattino o nel pomeriggio che equivalga ad un ritaglio di tempo per riappropriarsi di questa opera universale

In ultimo, ma non ultima, la formula “circolare” che caratterizza ogni canto, il quale si apre con un’illustrazione e si chiude con alcune citazioni di filosofi, poeti, letterati. Anche in questo caso scelte intelligenti di mediazioni, di connessioni, di contaminazioni che rendono più “vicino” il canto dantesco, ma con l’unico ed esclusivo obiettivo di rimandare al testo, alle parole, al pensiero di Dante.

In tal senso il prof. Paolo Farina offre uno spunto di riflessione brillante all’inutile e spocchiosa polemica costruita attorno alle parole di Susanna Tamaro sugli scritti di Giovanni Verga. La scrittrice non ha mai sostenuto che Verga non andasse più letto né che i romanzi veristi andassero sostituiti col suo (n.d.r. Va’ dove ti porta il cuore). La Tamaro partiva dal considerare che non c’è più curiosità da parte degli studenti delle scuole medie inferiori nei confronti della parola scritta e ancor di più della parola scritta “antica” (una lingua desueta, tante parole arcaiche) e suggeriva di trovare strumenti che aiutassero ad avvicinare gli studenti ai testi originali, a non farli odiare né tanto meno a prenderli a noia.

Ecco, parimenti, il lavoro del prof. Farina si inserisce in questa visione illuminata di mediazione dei “classici”. Il suo lavoro non è assolutamente un hortus conclusus quanto un continuo rimando: il suo testo apre porte, spalanca finestre e lui se ne fa davvero umile vettore.

Chiara Cannito

manager culturale e docente

***

Se vuoi ordinare la tua copia dei “Cento (e uno) caffè con Dante”, clicca QUI