Si intitola “Cristo nostra vita. Meditazioni Antoniane” il nuovo lavoro editoriale di Don Antonio Basile, presbitero della diocesi di Andria. Tra le pagine si scorge un percorso di vita spirituale ispirato ai Sermoni di sant’Antonio di Padova, un vademecum di fede per approfondire il significato del proprio battesimo, il tutto corredato da immagini delle opere dello scrittore Luigi Enzo Mattei.
Ciao, Don Antonio. Perché hai scelto di pubblicare una serie di meditazioni ispirate a “I Sermoni” di Sant’Antonio di Padova?
I Sermoni Domenicali e Festivi di sant’Antonio sono stati oggetto del mio lavoro di ricerca per la stesura della tesi di laurea in Teologia. La pubblicazione di un estratto della tesi su IL SANTO, la rivista specializzata di studi antoniani delle EMP (Edizioni Messaggero Padova), suggerì il mio nome al Rettore della basilica di Sant’Antonio in Padova, il quale mi invitò a predicare un corso di Esercizi Spirituali ai frati della basilica (5-10 gennaio 1981) in occasione del 750° anniversario della morte del Santo per prepararli a meglio accogliere i numerosi pellegrini che sarebbero accorsi da tutto il mondo. La buona riuscita di quella esperienza mi confermò nella convinzione che Sant’Antonio è un grande maestro di vita spirituale, con la sua vita e con la sua dottrina. Il desiderio di una pubblicazione appropriata mi ha sempre accompagnato negli anni, soprattutto quando il ministero mi ha impegnato nella predicazione di numerosi corsi di Esercizi Spirituali a comunità religiose e a gruppi di laici consacrati, ma solo negli ultimi anni ho avuto il tempo necessario per dedicarmi totalmente all’impresa non facile.
Quanto risulterebbe importante, a tuo parere, per ogni cristiano, soprattutto dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, approfondire il significato del proprio battesimo?
Il popolo, talvolta, ha creduto che la santità consistesse nella vita segnata da fenomeni straordinari, forse in conseguenza di una certa agiografia che ha raccontato la vita dei santi canonizzati dalla Chiesa, indugiato troppo o esclusivamente sugli aspetti straordinari della loro vita. Il Concilio Vaticano II, invece, ha ricordato che tutti i battezzati sono chiamati alla santità, intesa come conformità a quanto il vangelo chiede a tutti i seguaci di Gesù: occorre vivere gli insegnamenti del vangelo nella vita ordinaria, praticando gli impegni assunti nel battesimo. Papa Francesco oggi parla dei “santi della porta accanto”: la santità si esprime nella vita quotidiana e ordinaria, animata dalla carità verso Dio e verso i fratelli. Nelle meditazioni da me suggerite si insiste sul battesimo che deve esprimersi spontaneamente nelle scelte quotidiane, in un clima di fede incarnata nell’oggi della vita.
“Antonio deve modificare continuamente i suoi progetti di vita … è Dio che decide per lui”. Citando, per esegesi, il tuo libro, ritieni possibile coniugare i sermoni antoniani a meditazioni attuali, traducendo tempora et mores della nostra quotidianità, in una sorta di hic et nunc pastorali nei quali la presenza/assenza del Signore finisce per condizionarci?
L’affermazione “È Dio che decide per lui!”, che tu hai preso da pag. 118, non va intesa nel senso che Dio ci toglie la libertà e decide per noi! Dio ci guida con la sua grazia perché noi possiamo agire in piena consapevolezza e libertà e fare le scelte giuste nella nostra vita. Sant’Agostino diceva: “Dio ci ha creati senza di noi, ma non ci salva senza la nostra libera collaborazione!” Certo, dire che Dio decide per lui, può irritare alquanto l’uomo moderno che pretende di essere arbitro assoluto del suo destino, ma il vero credente non si sente minacciato dalla presenza di Dio che lo aiuta a fare le giuste scelte nella vita.
Se leggiamo la vita e l’insegnamento di Antonio in relazione all’oggi, come tu chiedi, troviamo che i tempi nei quali il Santo è vissuto all’inizio del secolo XIII (1195-1231) hanno vari punti di contatto con il tempo vissuto da noi. Ne indico solo uno. Antonio operò nel tempo immediatamente successivo al Concilio Ecumenico Lateranense IV (11-30 novembre 1215) che rilanciò la lotta contro le eresie dei Catari e degli Albigesi e riaffermò l’urgenza della predicazione del vangelo al popolo; in quel tempo la Chiesa di Papa Innocenzo III, pur avendo raggiunto il punto più alto della sua potenza politica, era, spiritualmente parlando, in uno stato di evidente decadenza, tanto che Francesco d’Assisi, dal Crocifisso di San Damiano venne invitato a “riparare la Chiesa che stava andando in rovina”. Anche noi oggi viviamo dopo la celebrazione del grande Concilio Ecumenico Vaticano II, che volutamente ha evitato di fare condanne, ma nello stesso tempo ha impegnato la Chiesa a riproporre in modo nuovo e all’uomo di oggi il perenne insegnamento di Gesù Cristo contenuto nel vangelo e conservato dalla autentica Tradizione ecclesiale. L’errore non si combatte con le condanne, bensì annunciando con rinnovato vigore la perenne verità di Cristo.
Il tema della fede nel tempo della presenza/assenza del Signore (pp. 114-118) l’ho voluto trattare, non come carattere della fede di Antonio, bensì come elemento che accompagna sempre il cammino di fede di ogni credente che vuole conformarsi a Cristo. Anche Gesù ha provato nella sua vita i momenti di oscurità e buio interiore!
Hai scelto di concludere ogni meditazione con l’immagine di un’opera dello scultore bolognese Luigi Enzo Mattei per semplice tributo o per antropomorfica rappresentazione del percorso di fede?
La scelta di concludere ogni meditazione con l’immagine di un’opera d’arte non è un semplice tributo all’amicizia che mi lega all’artista, ma risponde ad una esigenza oggi molto avvertita nella Chiesa post-conciliare, che sta ricuperando il ruolo essenziale che l’arte ha avuto nella trasmissione della fede. Sappiamo bene come gli affreschi medievali nelle chiese, proprio perché rappresentavano storie dell’antico e nuovo Testamento, erano considerati la Bibbia dei poveri che anche gli analfabeti potevano leggere. Trattandosi poi delle opere dello scultore Luigi Enzo Mattei, persona con una profonda fede cristiana, questa funzione didattica della sua ricca produzione è ancora più evidente.
A chi dedichi e a chi speri giunga “Cristo nostra vita”?
Non ho pensato a chi non è ancora giunto alla fede in Gesù Cristo, ma a quelli che ho incontrato nel mio lungo ministero di predicatore e di confessore. Mi auguro che il libro possa servire ad alimentare e rafforzare la fede di chi è già discepolo di Gesù. Se poi riuscisse ad aiutare anche i non credenti, che cercano veramente di dare un senso religioso alla loro esistenza, Deo Gratias!