Questa è una storia “scomoda”, di quelle che tutti sanno, di quelle di cui, pur conoscendole, nessuno vuole parlare…

Assunta. È difficile raccontare e condividere il ricordo e la sofferenza di essere stati abusati, sfruttati, ingannati, usati, traditi… Perché quando sei bambina e papà ti stringe a sé, ti dice che ti vuole bene, è difficile capire che inizia un calvario che ti porta in cima alla croce e che ti inchioderà non per poco tempo o poche ore, ma ore, giorni, mesi e anni interminabili e se non c’è violenza, ma solo, dolci attenzioni e affetto mascherato, tutto ti sembra normale.

Non è stato facile per Assunta ricordare e condividere gli anni della sua giovinezza. È più facile rimuovere, negare, dissociarsi e fare finta che non sia successo o convincersi che, forse, era giusto.

***

“Ciao, mi chiamo Assunta Nuzzolese, originaria di Trani. Mio padre sin dalla tenera età, perché alcolista, quando rientrava picchiava e abusava me, mia sorella e mia madre. Questi episodi violenti si sono stati perpetrati per ben 14 anni, fino a quando mia madre ha deciso di separarsi da mio padre.

Dopo la separazione, un tumore maligno nel breve tempo portò via mia madre.

Successivamente per un anno intero ho abitato da sola con mia sorella. Lavoravamo assieme al tomaificio, facevamo le scarpe. Mia sorella perse il lavoro quando scoprì di essere incinta e lo persi anch’io perché non potevo lasciarla da sola a casa, aveva bisogno che le stessi accanto giorno e notte. Non potevamo più pagare il fitto quando mia sorella si rivolse all’assistente sociale. All’inizio stavo bene ma poi iniziai a bere. Tanti problemi, la violenza subita da mio padre, non c’è la facevo più.

I miei fratelli non ne volevano sapere di aiutarmi, quindi chiesi aiuto alle suore del santuario di Sant’Antonio a Trani. Poi una suora mi disse di rivolgermi anch’io all’assistente sociale per chiedergli di trovarmi un luogo, che poteva ospitarmi e offrire delle cure. Ci andai e mi trasferii in una comunità di Bitonto a cui era già stata affidata mia sorella.

Ci sono rimasta per ben 11 anni in quella comunità dove mi hanno curata con la terapia psicofarmacologica, ma era una struttura senza regole in cui non c’erano operatori. Anche lì ho iniziato a non trovarmi bene dopo che due ospiti iniziarono a picchiarmi e a insultarmi e si sentivano i padroni della struttura, dicendomi che non ero normale perché prendevo la terapia.  

Continuai a non stare bene, sono fuggita dalla comunità ho dormito per strada e dentro i portoni di sconosciuti. Un giorno però incontrai Maria, una volontaria esterna della comunità, che mi accolse presso la sua abitazione. Un paio di anni dopo ero guarita da alcolismo ed ero compensata dai disturbi psichici, grazie alla signora Maria e ai medici che mi seguivano con colloqui e terapia psicofarmacologica.

Quando la signora Maria non poté più ospitarmi a casa sua, mi rivolsi nuovamente ai servizi sociali di Bitonto. L’assistente sociale contattò i responsabili della Comunità Migrantesliberi e dopo qualche giorno Casa Domus Aurea, una casa famiglia presente nella Città di Andria, aprì le sue porte, ed oggi è la mia casa e con me vivono altre due donne. L’adattamento non è stato facile, ora invece va molto meglio e voglio ringraziare di cuore ogni volto della Comunità Migrantesliberi, Giusi, Giuseppe, Francesca, Agnese, Anna, Liliana e tanti altri volontari, che giorno e notte mi hanno sostenuta e fortificata dentro, da rendermi quasi libera, perché dal male subito non ci si libera mai.

Non sarei qui se non avessi reagito a ciò che mi è successo. È questo che vorrei raccontare con la mia storia ad altre persone che si trovano in difficoltà. Chi subisce violenza, anche se dai membri della sua famiglia, deve parlarne. Non è facile ma bisogna trovare il coraggio di far uscire fuori la verità”.

***

Il teologo protestante Dietrich Bonhoffer, così scriveva: “il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini”, il grado di disumanità di un Paese si misura sugli abusi, sulle violenze fisiche e psicologiche, sugli abbandoni… che i bambini subiscono, tra le mura domestiche.

Toccare” i bambini per procurarsi piacere è quanto di più disumano un essere umano possa compiere. Se l’elenco dei divieti ai minori è interminabile, gli adulti dovrebbero sapere che, oltre ad essere vietato, “toccare” un bambino è alquanto abbominevole, ancor più per dare sfogo alle proprie perversioni tra le mura domestiche.

Toccare” i bambini è il peggiore crimine che una persona adulta possa fare, più che amicizia, affetto, bene, protezione, nei confronti dei bambini è negare il loro essere piccoli, appunto, bambini, è un orrendo abuso sul corpo e sull’anima di un essere che per l’età non è, ancora, capace di intendere la gravità della violenza che marchierà per sempre la sua vita.


Fontepixabay.com
Articolo precedenteLo splendore del Salento
Articolo successivoL’ignoto fiocco della fede
So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.