Il 6 ottobre di cinquant’anni fa iniziava la guerra dello Yom Kippur, un conflitto che creerà la prima vera crisi energetica della storia.

La guerra dei sei giorni si era chiusa con la vittoria di Israele e l’occupazione della Penisola del Sinai. Fu un successo importante per l’esercito israeliano che per la prima volta affrontò lo sforzo bellico con le sole proprie forze. Ma la risoluzione 242 delle Nazioni Unite ribadiva, non senza confusione linguistica, il ritiro da (o dai) territori occupati, sulla base del principio dell’integrità territoriale, e un riconoscimento tra Stati. Le parti in causa non accettarono mai tale risoluzione, che sottaceva il riconoscimento formale dello status politico di Israele, con il risultato di un ulteriore inasprimento della contesa. Sadat, il presidente egiziano, voleva che fossero ridati all’Egitto i suoi territori ed ebbe come suo obiettivo principale quello di muover guerra a Israele, anche per risollevarsi sul fronte interno, cercando di sfruttare il fattore sorpresa. In secondo luogo il piano del presidente egiziano e dell’alleato siriano Hafez el-Assad era quello di indurre le superpotenze ad interessarsi attivamente alla contesa. Per questo la strategia messa a punto prese il nome di Operazione Scintilla. Era importante per la buona riuscita togliere l’iniziativa agli israeliani e anche il giorno dell’attacco ovviamente seguì tale dinamica.

Fu scelto il 6 ottobre, giorno della festa di Yom Kippur, ma anche ricordo per i musulmani della battaglia di Badr, che ricorreva nel decimo giorno del Ramadan. L’iniziale difficoltà di Israele, che si vide attaccato anche da rinforzi iracheni che si sommarono a quelli siriani e egiziani, fu sopperita dagli aiuti militari americani che assieme a quelli sovietici giocarono un ruolo non secondario nel conflitto, anche se inizialmente USA e URSS non vollero farsi immischiare nella faccenda mediorientale. Lo stesso Nixon non viveva giorni facili a causa del Watergate e della situazione impantanata in Vietnam. La parola d’ordine per le grandi potenze fu la distensione ma spesso dovettero piegarsi alle richieste militari dei loro interlocutori. Ma quando il segretario Kissinger si rese conto del massiccio ponte aereo di rifornimenti sovietico avvenuto il 10 ottobre, non poté ignorare le richieste di aiuti del Congresso. Gli Stati Uniti non stettero a guardare e iniziarono ad allestire un copioso ponte aereo che ebbe come effetto immediato quello di scatenare la rappresaglia dei Paesi OPEC che diminuirono la produzione di greggio e alzarono il costo del barile. Iniziava una crisi energetica sconosciuta fino ad allora. Intanto la superiorità di Israele sul campo iniziò a pesare sull’esito della guerra che con la controffensiva del Golan annientò le resistenze delle forze arabe coadiuvate da quelle irachene e marocchine. Di fronte alla disfatta ormai prossima, l’URSS iniziò a giocare la carta del cessate il fuoco per evitare all’alleato africano di compromettere quanto aveva conseguito e di fronte all’inazione americana, comunicò al segretario di Stato americano che sarebbero stati pronti a tutto. A quel punto Kissinger, minacciato, si mosse alla volta di Mosca per accordarsi per il cessate il fuoco che politicamente giocava a favore di Sadat, non certo di Israele e di Golda Meir, la prima lady di ferro della storia, che chiese vanamente una dilazione di tre giorni, rifiutata dai russi.

Al successo militare israeliano, che era pronto a puntare il Cairo, non fece seguito quello politico che fu sicuramente a favore degli Stati arabi e delle due superpotenze che riuscirono a imporre la distensione.

Intanto il mondo Occidentale affrontava lo spettro della stagflazione.

Come detto, l’OPEC impose un aumento del prezzo del petrolio, che nel giro di pochi anni passò da tre a dodici dollari al barile, diminuendo la produzione, che ovviamente influì sul costo di produzione non derivante dal lavoro, quindi sull’aumento dei prezzi. In termini economici avvenne quello che si chiama stagflazione, un aumento dei prezzi e una contemporanea stagnazione della crescita. La crisi energetica si fece sentire in particolare in Europa, dove fu necessario il razionamento e il risparmio dell’elettricità, piuttosto che in Gran Bretagna e Stati Uniti che dipendevano meno dal greggio arabo. In Italia furono istituite le domeniche a piedi per limitare l’uso di automobili e motocicli, così come si fece in Olanda che fu la più colpita dall’embargo poiché aveva apertamente appoggiato la politica di Israele. Alle restrizioni e all’austerity, alcuni Stati risposero con la ricerca di nuovi giacimenti di petrolio come fece la Norvegia.

La guerra dello Yom Kippur concluse nella pratica quel panarabismo che Nasser aveva cercato di mettere in atto dal punto di vista militare. Infatti Sadat, successore di Nasser, si convincerà che fosse necessaria la pace con Israele, scelta che gli varrà il Nobel per la pace ma che pagherà con la vita. L’OPEC mise in atto uno panarabismo più efficace, astuto, di stampo economico che riuscì a destabilizzare economicamente l’Occidente e che lo tenne provocatoriamente in scacco per un po’ di tempo, ripresentandosi nel 1979 come conseguenza della Rivoluzione iraniana.