«Non tutti gli uomini sono stati allevati dalle scimmie nelle caverne.

Alcuni offrono la cena, aprono lo sportello dell’auto, ti portano il cappotto al guardaroba e aspettano che tu sia rientrata a casa prima di ripartire»

(Fonte incerta – concetto indiscutibile)

Bar di un ospedale piemontese, 3 gradi centigradi, devi ordinare una brioche, che solo a pensarlo ti si scuote il sistema nervoso (anche la Bauli li chiama cornetti, santo Dio, perché brioche?!), lo fai, vai alla cassa e ti dicono che la brioche è pagata.

Non capisci, ti giri e noti che il benefattore è un nonno che se ne sta lì ad un tavolino rotondo, all’aperto, contro un angolo, ha il suo bastone accanto, sta sorseggiando caffè e quando incrocia il tuo sguardo ti regala un inchino con il capo, nell’atto di togliersi il cappello.

Provi imbarazzo, cerchi di celarlo, ma come sempre, quanto non dici tu, riferisce la tua faccia.

«Signorina, non ne abbia a male. Lei è semplicemente elegante e mi ricorda mia nipote: non c’è più, è andata via prima di me. Buon San Valentino da questo nonno».

Semplicemente elegante, a me che bestemmiavo in aramaico uno slang da brioche, a me che chissà cosa lasciavo passare al di fuori, però. O forse era solo lui che vedeva Oltre la tragicomicità del momento.

Gli sono andata incontro, lui si è alzato chiedendo aiuto a quel bastone, gli ho lasciato il tempo che gli serviva, l’ho abbracciato e gli ho detto:

“Grazie, nonno”.

“Buona giornata, signorina. Sia felice”.

Gli uomini che corteggiano usando la galanteria e la delicatezza vincono sui belli, sui misteriosi, sui convinti. E corteggiare una nipote, non è diverso dal corteggiare un’amante. Me lo ricordo Carmine, mio nonno e mi ricordo il suo bastone: mi hanno corteggiata finché hanno avuto vita.

Nonno, non c’è partita. Hai vinto a tavolino, dal tavolino.

Sii felice.

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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.