Il suo nome figura nel numero di marzo di “Forbes”, accanto ai migliori under 30 del Mondo, nei 5 top italiani per la categoria di Marketing e Advertising.

Stiamo parlando dell’andriese Stefano Marrone, orgoglio cittadino e della nostra testata a cui ha voluto esprimere la propria soddisfazione.

Ciao Stefano. Cosa si prova ad essere inseriti, dal magazine Forbes, nella lista dei migliori under 30 che eccellono in Marketing e Advertising?
Sono onorato e anche un po’ imbarazzato, a essere onesto, credo che ci siano un sacco di altre persone meritevoli in Italia per la lista. Detto ciò, è anche una bella responsabilità, visto che mi sento di dover essere all’altezza della lista in cui sono. Mi spronerà a fare del mio meglio ogni giorno per meritarmi il riconoscimento.

Fin dalla sua fondazione nel 1917, la celebre rivista statunitense si occupa dell’aspetto economico della società. È possibile tracciare un quadro dettagliato dell’attuale situazione finanziaria in cui versa il nostro Paese?
È  possibile di sicuro ma io non mi sento qualificato per farlo, innanzitutto perché non vivo in Italia da circa 8 anni e poi perché non sono un economista. Posso solo darti la mia impressione di quello che vedo “a distanza” e che leggo qui a Londra, filtrato dalla mia esperienza e dalle persone con cui sono a contatto, soprattutto tramite iStarter, il fondo che aiuta startup italiane a espandersi a livello internazionale, di cui sono equity partner. La percezione è che l’Italia sia un Paese ricco di individui eccezionali con idee incredibili che vengono limitati fortemente da politiche poco realistiche che non supportano l’imprenditoria, soprattutto da un punto di vista di tassazione agevolata per business in fase di startup o piccole e medie imprese. La complicata burocrazia non aiuta affatto, visto che il tempo è denaro. L’altra faccia della medaglia è un mondo nel quale la parola “giovane” si applica a persone che hanno più di quarant’anni (!) e si giustifica, a livello sociale, un’infanzia prolungata fino all’impossibile. Le giustificazioni per continuare a vivere con i propri genitori da adulti non stanno in piedi da nessun punto di vista; abbiamo tantissimi esempi di Paesi in cui l’indipendenza, sia economica che decisionale, è uno dei valori più importanti, non un accessorio che sarebbe carino avere. Mi rendo conto che questo punto di vista genererà un sacco di reazioni negative o critiche nei miei confronti, ma non mi sento di indorare la pillola e ammetto che ci siano delle eccezioni giustificate, ovviamente sto facendo una generalizzazione.

Vivendo, ormai da anni, all’estero, qual è la considerazione che si ha dell’Italia a livello europeo e quanta praticabilità riscontri in progetti, oggi ancora utopistici, come la flat tax o il reddito di cittadinanza?
Io vivo in UK, per cui non tocco con mano tutto quello che succede in Europa. Credo che il reddito di cittadinanza sia un’ottima idea ma che l’Italia potrebbe lavorare prima su alcuni problemi sistemici e politiche economiche che la renderebbero molto più prospera. Il reddito di cittadinanza è utopistico perché siamo rimasti indietro su molti altri fronti. La tassazione in Italia è un problema complesso e un circolo vizioso che alimenta l’economia in nero, soprattutto al Sud. La mia sensazione è che ci sia un problema di rappresentanza forte: gruppi organizzati – ad esempio sindacati o associazione di categoria – che rappresentano una parte molto piccola dell’elettorato hanno molto potere politico, mentre una grande massa sottorappresentata (precari, etc.) non ha idea di come farsi ascoltare. I dibattiti sui tassisti a Milano o a Roma o i metalmeccanici hanno troppa rilevanza mediatica e legislativa, mentre poco o nulla viene fatto per garantire un futuro ai giovani, quelli veri.

In che modo e misura la pubblicità può agevolare la media impresa nostrana?
Innanzitutto può rendere un business locale globale, senza costi pazzeschi di distribuzione e intermediari. Può mostrare le storie e le passioni di chi davvero eccelle e ama il suo lavoro. Il passaparola è potente ma può essere amplificato moltissimo tramite canali digitali. Penso che la cosa più importante sia per gli imprenditori di piccola e media impresa di cercare di capire queste potenzialità prima di bollarle come un accessorio non essenziale. Ormai anche i nostri nonni sono su Facebook e possediamo quasi tutti uno smartphone, pensare che non sia una buona idea usare canali digitali e social media per promuovere la nostra impresa significa essere ottusi.

A proposito di fake news e manipolazioni virtuali, quanto credi inciderà l’affaire Cambridge Analytica sulla propaganda ideologica dei millennials?
Onestamente, credo che ci dimenticheremo presto dello scandalo e che la quantità di servizi “gratuiti” che riceviamo in cambio delle informazioni che diamo via offuschi il nostro giudizio verso la privacy dei nostri dati personali. La cosa più preoccupante, di cui dovremmo essere consapevoli, è che le informazioni che ci vengono presentate sono prodotte su misura per confermare le idee che già abbiamo, invece che espandere i nostri orizzonti. Per non diventare ottusi, dobbiamo andare a cercare il contradditorio perché non arriva più da noi.

Recentemente, il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha illustrato le difficoltà di ridurre il quantitive easing di molte realtà internazionali. La crisi è davvero alle spalle?
È da quando riesco a ricordarmi che si parla di crisi e, alla velocità con cui cambia il mondo, credo che dovremmo abituarci a meno stabilità come nuovo status quo. I momenti di crisi sono difficili ma possono anche presentare opportunità per cambiare e crescere, magari per dare una sterzata alla nostra vita, visto che abbiamo poco da perdere.

Chi senti di ringraziare per il prestigioso riconoscimento?
Ho ringraziato, pubblicamente, un po’ di persone che mi sono state accanto, soprattutto nell’ultimo anno, da quando, cioè, Nucco Brain è passata da essere una realtà da 7 persone a più di 20. La mia famiglia – soprattutto i miei genitori e mia sorella – che mi ha sempre supportato e incoraggiato anche se a distanza, ma anche la mia “famiglia” di Londra, i miei amici e colleghi qui, che mi hanno accettato e fatto sentire a casa, più di quanto mi senta in Italia a volte.

 


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.