È o non è un po’ come morire?

Partire è un po’ come morire. Ho sempre considerato una cazzata questo detto.

Partire per me è sempre stato motivo di gioia, di eccitazione, l’inizio di un’avventura, fosse anche per andare al mare a Barletta o a Trani. Che belli i viaggi in giro per l’Italia con i miei prima e con gli amici poi, e quanto triste il viaggio di ritorno a casa.

Uno più grande di me una volta mi disse che partire per un viaggio non era come farlo per andare a vivere altrove, spesso perché si è costretti, e a lui che l’aveva fatto, i treni mettevano tristezza.

No, non ero d’accordo neanche su questo, a me i treni visti da fuori provocavano invidia, perché vedevo gente che partiva mentre io restavo nel mio paese sempre uguale.

Poi finalmente ho iniziato a frequentare l’Università a Roma, ho cominciato a viaggiare in Cina, fino a stabilirmi qui. E ogni volta che partivo da Andria, non avevo nessuna nostalgia, nessuna remora.

Certo, avevo le mie incertezze, ma non mi sono mai pentito di aver lasciato prima la mia città e poi la mia nazione. Altro che morire, per me partire ha significato iniziare a vivere, vivere da persona indipendente che doveva cavarsela da solo, con tutto il mondo davanti, ed è stato bellissimo, ho ottenuto anche più di quanto speravo.

Poi gli anni sono passati, e le partenze si sono moltiplicate, e di conseguenza anche gli addii, e non sto qui a fare l’elenco dei luoghi dove ho vissuto e che ho lasciato. O forse un nome lo devo fare, perché lasciare Pechino non è stato affatto semplice, una città che avrà mille difetti, ma anche tanti pregi, e soprattutto mi ha dato tutto, tanto da considerarla al pari della mia città natale.

Già, Andria, dove adesso quando ci torno non è più la triste fine di un viaggio, ma un piacevole ritorno a casa, che è sempre la stessa da quando sono nato, la mia famiglia è sempre lì (mio fratello no, si è trasferito al Nord), e le persone “tutte uguali” che parlano tutte lo stesso dialetto sono piacevoli da ritrovare, non più una noia da cui fuggire e, anche se sono sempre contento quando torno alla mia vita, lasciare Andria non è più l’eccitante inizio di un’avventura, ma quasi un malinconico arrivederci alla mia città sempre uguale.

Che poi così uguale non è, alcune persone che conoscevo non ci sono più, e quelle che ci sono ancora sono diverse da come le avevo lasciate, non c’è più qualche locale dove andavo spesso con gli amici, ma soprattutto sono io a non essere più lo stesso, e ogni volta che torno non è più come la volta precedente, così come sono diversi tutti i posti dove ritorno dopo un po’ di tempo.

E se ciò che lasci poi lo ritrovi diverso da com’era prima, compreso te stesso, allora forse non avevo capitolo il senso di tale espressione, mentre adesso so che è proprio vero che partire è un po’ come morire.