Però amo!
Giorni fa leggevo sui social qualche definizione improvvisata di eroismo. Pare che gli eroi siano meritevoli di molta stima, perché non demordono mai, non cambiano strada, vanno fino in fondo. Tutti gli altri al massimo si meritano compassione e affettuosa vicinanza.
Ma davvero esiste chi non demorde, chi non cambia mai strada, chi va sempre fino in fondo? Magari esiste, ma a quel fondo ci arriva abbastanza malridotto. Con questo non voglio sminuire la fedeltà alle proprie scelte, assolutamente. Ma porre la questione sul piano dell’eroismo mi sembra banale, oltre che parecchio insulso.
Chi si accorge, ad un certo punto della propria vita, di non poter andare avanti, chi si rende conto che nella resistenza si sta spezzando, chi matura l’idea di fare un passo indietro o di voler andare avanti in maniera diversa, dovrebbe averne diritto, senza per questo essere annoverato tra gli anti-eroi. E senza sentirsi dire che non gli spetta una solida stima, ma al massimo un po’ di pietà.
Questo tema mi sta a cuore. Sarà che in passato mi sono ammalata pur di dimostrare forza, pur di non venir meno a un cammino intrapreso. Sarà che quando, finalmente, ho deciso di essere fedele a me stessa più che alle aspettative, mie e altrui, ho capito che ogni scelta deve confermare chi realmente si è. Perché, forse, l’eroismo è questo: evitare a qualunque costo di disperdersi, di smembrarsi, di cadere nella schizofrenia di fare l’eroe in pieno giorno, in pubblico, per poi sprofondare nel baratro a sera, nel privato della propria stanza e del proprio cuore.
La parola eroe ha due probabili origini etimologiche: essa è connessa a eros, amore, e retor, rétore. Si, perché c’è un eroismo da retorica, semplice semplice, a portata di luogo comune: su una linea retta di eventi, ogni tanto viene fuori un ostacolo; l’eroe lo combatte e lo supera; chi lo guarda, applaude e desidera solo essere lui. Fine. Titoli di coda, con trionfante colonna sonora.
E poi c’è l’amore, quello che rifugge la geometria piana, perché cresce meglio tra i poligoni irregolari e spigolosi, come la vita di ciascuno, come esso stesso. Quello che, a volte, subisce l’ostacolo, e ci resta schiacciato, ma senza maledire. Soprattutto quello che non divide la storia in vincitori e vinti. Perché l’amore ama. E l’eroismo è solo questo.
Sei un eroe quando resti fedele alla tua scelta, con amore. Sei un eroe quando ti tiri indietro, con amore. Sei un eroe quando rimani a terra e con amore ti prendi il diritto di piangere. Sei un eroe quando ti rialzi in piedi e capisci che devi andare avanti con amore. Sei un eroe quando, pur nella sicurezza del tuo successo, ti pieghi un attimo sugli insuccessi degli altri. E te ne fai carico, aiutandoli a ritrovare le condizioni per riappropriarsi di sé e per tornare a splendere. L’eroismo non è una scalata a livelli standardizzati, ma una discesa personalizzata nelle profondità del sé, sempre diverso, sempre variegato, sempre da scoprire. Ogni persona ha una storia diversa, molti incontrano realmente se stessi quando, agli occhi dei più, “ormai è troppo tardi”. Non è giusto che restino schiacciati dalle aspettative sociali, culturali, religiose. Non è giusto perché è disumano. È disumano anche per chi giudica, che non può permettersi di sbagliare: della serie “chi sta in piedi, guardi di non cadere” (1Cor 10). Peccato: al primo errore, crollerà miseramente.
Non è un invito, ripeto, a giocare agli eterni adolescenti allergici alle responsabilità. Assolutamente, la questione è diversa. Si tratta di imparare a fare pegno dei giudizi frettolosi, di rinunciare alle proprie (presunte) verità per concreare una verità diversa, più accogliente e più attenta al mistero di ogni cuore. Questo è l’unico eroismo possibile, perché è amore.