Riceviamo e pubblichiamo:

Da quando l’uomo fu costretto a rintanarsi nei meandri della terra aveva perso il conto di quanti anni fossero passati dal fatidico evento. Prima di morire la nonna mi aveva parlato più volte di come un tempo sulla terra si vivesse in superficie; un mondo quasi idilliaco,diceva.

Ogni primavera sbocciavano i fiori (qualunque cosa essi fossero), dove si poteva sentire il canto degli uccelli e ilsole non provocava un lancinante e insopportabile dolore. Fa strano come gli umani amassero e festeggiassero la cocente stella.

Ero un bambino che sognava di vedere quel mondo che la nonna aveva descritto più volte. Purtroppo ci era stato espressamente vietato di salire lassù poiché considerato troppo pericoloso, ma io continuavo a non capire come un posto così mirabile avrebbe potuto farci del male. Avrei voluto tanto vedere quell’ammasso bianco che la nonna chiamava neve oppure vedere nuovi animali. Dove vivevamo noi c’erano solo un paio di cani e gatti ma molti di loro non vissero a lungo, a causa come diceva la mamma “della loro scarsa capacità di adattamento”. Vedevo come gli adulti si preparassero per salire, indossando vestiti strani che ancora oggi non riesco a descrivere. Non so bene il motivo per cui uscissero fuori ma ogni volta aspettavo impazientemente il loro ritorno incuriosito da quel mondo chenon avevo mai visto. Tuttavia,quando tornavano avevano le facce distrutte coperte di sudore e puntualmente declinavano con un cenno della mano le mie domande. Papà mi rimproverava dicendo che quelle non erano cose da chiedere. Lui se la ricordava la terra, mi disse un giorno, sebbene fosse piccolo ma non gli piaceva parlarne. Dal suo sguardo capivo di come si rispecchiasse in me, un bambino assetato di conoscenza e soprattutto privato della meraviglia.

A scuola ci insegnarono i pianeti e le stelle, io ne ero così affascinato che tormentavo papà chiedendogli di raccontarmi di come esse si vedevano nel cielo.

Avrei avuto più o meno 9 anni quando mentre tutti dormivano, papà mi svegliò e mi fece indossare quei vestiti strani. Il suo viso era un misto tra l’apprensione e l’eccitazione: stavamo per uscire in superficie. Quando arrivammo sù era completamente buio tanto che fui costretto a stringergli la mano. Mi prese il viso e me lo alza verso l’alto; rimasi esterrefatto. Quelle erano stelle. Non erano così luminose come mi aveva raccontato ma erano così tante che non riuscivo a contarle sul palmo della mano. Gli lasciai la mano e iniziai a correre più veloce che potevo per l’eccitazione. Una volta stancato mi girai ma non lo trovai più. Non sapevo come tornare indietro. Mi guardai attorno: la nonna mi aveva decisamente mentito. Non c’erano alberi pieni di foglie, non c’erano prati con i fiori, nonc’era neanche un ruscello. Ciò che vedevo attorno a me era desolazione: la terra era arida tanto chè creava delleproprie e vere spaccature e il caldo mi provocava un fortissimo disagio.

Iniziai a piangere ma continuai a camminare. Ad un certo punto notai probabilmente ciò che un tempo dovevano essere alberi e corsi incontro. Il terrore mi assalì, tanto che sentì un nodo stringermi alla gola e la paura bloccarequalsiasi mio movimento. Rannicchiata tra quei tronchi c’era una donna con vestiti stracciati, ricoperti di sangueincrostato e terreno. Aveva i capelli castani lunghissimi che le coprivano il volto, il fianco e persino il piede. Si accorse della mia presenza e si alzò di scatto lanciando un urlo potentissimo. Aveva un volto bellissimo: era molto più bello di quello della mamma. Aveva occhi ambrati che andavano dal celeste al marrone, simile al colore dei suoi capelli. Ma ciò che mi incuteva terrore non era la sua bellezza, ma i profondi tagli che sfiguravano completamente il suo volto.

Rimanemmo lì a guardarci in silenzio per un’eternità, avrei voluto fare e dire qualcosa ma ciò che feci fu solamente piangere e singhiozzare. Mi si avvicinò piano piano e io la lasciai fare perchè mi sentivo al sicuro. Aveva un profumo antico e fresco allo stesso tempo. Con tono gentile mi rassicurò e io mi stupì di come un essere così fragile e in difficoltà avesse a cuore confortare uno stupido bambino.

“Non ho bisogno di sapere il tuo nome, so già chi sei”. La guardai perplesso mentre continuava a tenermi stretto tra le sue braccia. “ Io sono la Natura, madre di tutte le cose o meglio, ero. Tempo fa avevo creato la terra come un luogo perfetto, dove tutte le creature vivevano in armonia e tutto aveva un ciclo continuo”.

Notai quanto sempre di più mi stringeva a sé e continuó “un equilibrio che è durato per miliardi di anni fin quando la tua razza ha pian piano iniziato ad usarmi contro me stessa” Con la mano destra si sfiorò il viso “l’uomo mi ha distrutto, mi ha reso schiava di una creazione che io stessa avevo ideato”, senti le sue unghie affondare nella carne e i miei occhi lentamente chiudersi “gli ho lasciato credere di poter essere i padroni di questo mondo, di poter usare qualsiasi risorsa senza alcuna ripercussione. Creature meschine, stolte, ignoranti, avete avuto ciò che meritavate”.

Caddi in un sonno profondo ancora stretto tra le sue braccia.

Paola Catuogno, 18. Frequenta il V anno del linguistico.


FonteFoto di Joe da Pixabay
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Chi siamo? Gente assetata di conoscenza. La nostra sete affonda le radici nella propria terra, ma stende il proprio orizzonte oltre le Colonne d’Ercole. Perché Odysseo? Perché siamo stanchi dei luoghi comuni, di chi si piange addosso, di chi dice che tanto non succede mai niente. Come? I nostri “marinai/autori” sono viaggiatori. Navigano in internet ed esplorano il mondo. Sono navigatori d’esperienza ed esperti navigatori. Non ci parlano degli USA, della Cina, dell’Europa che hanno imparato dai libri. Ci parlano dell’Europa, della Cina, degli USA in cui vivono. Ci portano la loro esperienza e la loro professionalità. Sono espressioni d’eccellenza del nostro territorio e lo interconnettono con il mondo. A chi ci rivolgiamo? Ci interessa tutto ciò che è scoperta. Ciò che ci parla dell’uomo e della sua terra. I nostri lettori sono persone curiose, proprio come noi. Pensano positivo e agiscono come pensano. Amano la loro terra, ma non la vivono come una prigione. Amano la loro terra, ma preferiscono quella di Nessuno, che l’Ulisse di Saba insegna a solcare…