«Se saprai sorridere con chi sorride, piangere con chi soffre, allora, figlio mio, chi potrà contestarti il diritto di esigere una società migliore? Nessuno, perché tu stesso, con le tue mani, l’avrai creata!» (Tommaso da Kempis)

Lo giuro. Non voglio scrivere il solito pezzo sul Natale. Aborro tutte le riflessioni del tipo: “Non basta essere buoni solo a Natale!”; “Facciamo i buoni a Natale, e poi?”; “Natale non è solo la festa del consumismo”; “Ormai, il Natale si è ridotto a mero consumismo”, e via dicendo…

Aborro.

Allora che scriverti, mentre ci prendiamo questo caffè all’antivigilia di Natale? Quello che avrei potuto scriverti anche una settimana fa oppure tra due o tre settimane. Magari tra un anno…

Mi piacerebbe parlarti di un mondo migliore, quello che sogniamo entrambi. Quello che sognava Antonio Megalizzi, il ragazzo calabrese, trentino, europeo. Il ragazzo con l’asterisco…

Sì, un mondo migliore. Mi piacerebbe che io e tu facessimo qualcosa per anticiparne l’avvento. La nostalgia del passato è tanto comoda quanto sterile. L’ottimismo da sorriso Durbans è troppo facile da smontare. La terza via è sempre quella più impervia, ma anche l’unica che offre il bagliore d’una speranza che bruciò più lenta di un duro ceppo nel focolare[1].

Ragazzo mio, ti ho già confessato che, se voi state messi male, la responsabilità è nostra. Oggi, intendo scrivere direttamente a te, che il caffè magari lo prendi a mezzogiorno e che ora stai ancora dormendo dopo la nottata in discoteca (il che è una ottima notizia: sei a casa, sei al sicuro, e stai riposando…).

Vedi, se le tue sorti mi stanno a cuore, è perché sono le sole di cui possiamo parlare. Noi adulti, bene o male – più male che bene, in verità… –  il nostro tempo l’abbiamo fatto e curva minore del vivere ci avanza…[2] Tu, invece, hai ancora tempo davanti a te: non tanto, non infinito, come inconsciamente potresti pensare, ma ne hai. E sarà decisivo come scegli di viverlo. Noi, certo, siamo stati più fortunati di te: la generazione dei tuoi nonni e bisnonni ci ha lasciato un mondo migliore di quello che noi lasciamo a voi.

Ma a che serve rimpiangere il passato? Tu hai solo questo presente. E dipende da te come vuoi spenderlo in vista del tuo futuro.

Passerai il tempo a piangerti addosso? Non te lo auguro. Ti avvelenerai il fegato rivendicando i tuoi diritti e puntando il dito contro di noi? Sarebbe legittimo, ma ti resterebbe il veleno. E ti inaridiresti.

Lascia perdere. Pensa al tuo futuro. Vivi il presente. Ridi con chi ride, piangi con chi piange, e vai avanti.

Sai, chi vuol fare qualcosa, cerca una soluzione. Chi non vuol far niente, cerca una scusa. Di scuse ne avresti a iosa, anzi: di ragioni oggettive, non solo di scuse. Nondimeno, tu cosa cercherai?

Buon Natale…

***

[1] Eugenio Montale, Piccolo testamento

[2] Salvatore Quasimodo, Curva minore

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