Mai che si dica: “Contadiino, idraaulico, falegnaame, meccaanico, muratoore…,  buooon gioroorno!”

Un insopportabile mantra quotidiano! Succedeva già durante l’attività lavorativa! Ed anche ora che sei in pensione… immancabilmente molti conoscenti continuano a chiamarti “professoore”, pur conoscendo il tuo nome di battesimo o il cognome.

E tu proprio non ci stai, provi un’avversione incredibile, quando alle tue orecchie giunge il fatidico appellativo. C’è chi se ne compiace, ma tu provi persino un disagio fisico, una repulsione che dilania la tua anima.  Ma perché mai tanta riottosità?

Innanzitutto, non ti sei mai sentito “professore”, ma sempre un umile educatore, un piccolo divulgatore di nozioni e competenze, e mentre svolgevi il tuo ruolo, gli interlocutori, piccoli o grandi con semplicità arricchivano il bagaglio delle tue conoscenze e davano sapore alla tua umanità.

Ti sei sempre sentito partecipe di una comunità educante, dove ciascuno dei componenti partecipava con il proprio contributo, e quindi tutti diventavate produttori di cultura e di vita spirituale. C’era sempre un dare e ricevere, perché tutti avevano da insegnare e da imparare, in ogni occasione, sia istituzionale che informale.

Poi, vedi offesa la dignità di chi ricorre all’appellativo fuori da un contesto istituzionale, perché il soggetto si pone ad un livello sociale e culturale inferiore e ti adagia su un piedistallo di superiorità. Insomma, non ti piace essere guardato dall’alto in basso e neppure guardare dall’alto in basso, prediligi sguardi orizzontali, egalitari.

Per te ogni persona possiede dal momento del concepimento una scintilla di divinità che nel corso della vita può lievitare se la mente si spalanca al mondo con curiosità ed il cuore palpita verso tutte le creature viventi, esseri umani, animali e… cose, anch’esse animate da energia. Credi veramente nell’uguaglianza e nella fratellanza di tutti gli umani.

Quindi ti pare di assistere in diretta, ad un palmo da te, più volte al giorno, ad un’offesa, ad un misfatto che viene compiuto verso sé stesso dalla persona che in fondo al cuore vuole essere gentile. Non s’avvede, l’amico, il conoscente che si tratta di una forma di autolesionismo, di vero e proprio masochismo.

Alcune volte lasci perdere, ma il più delle volte con somma dolcezza cerchi di far comprendere al contadino, al fruttivendolo, all’idraulico che la sua attività, pregna di cultura e… di umanità, se viene esercitata amabilmente, possiede la stessa dignità della professione che per quarant’anni hai cercato di svolgere con impegno, umiltà ed umanità.

Inviti quindi, l’interlocutore a rivolgersi a te con il nome di battesimo, che gli ricordi, se l’ha dimenticato o ribadisci, altrimenti, aggiungi provocatoriamente, ti sentirai costretto a chiamarlo con l’appellativo che identifica la sua professione o il suo impegno lavorativo.

E provi un gran piacere, accade, quando, superando l’atavica remora sociale che subdolamente ed inconsapevolmente discrimina ed etichetta le persone, risuona il tuo nome “Domenico”. Si ristabilisce così una relazione di uguaglianza sociale, culturale, umana, un rapporto autentico tra persone.


FontePhoto by jesse orrico on Unsplash
Articolo precedenteUn bene da tutelare e valorizzare: il Mu.Giò.
Articolo successivoLa nuova sfida di Daniele D’Eustacchio
Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.

22 COMMENTI

  1. Non delude mai il nostro Domenico. Traspare tutto l’amore per la nostra lingua. La scelta esatta di ogni parola che possa nella maniera più attenta raccontare di argomenti di semplice ricchezza che donano ricchezza alla semplicità.

  2. Riflessione molto bella e condivisa, e per inciso e per coincidenza, avevo scritto una poesia con lo stesso titolo, Buongiorno, che diceva così: Al suo paese Aziz è un ingegnere….

  3. Condivido il messaggio che Domenico ha voluto trasmettere in questo articolo, perché ci riconduce all’essenza, avciò che ci unisce, come umani animati da una scintilla divina. Grazie Domenico per avermelo ricordato.

  4. Caro DOMENICO ci vogliono generazioni e generazioni per arrivare a possedere il nostro NOME di questo momento storico, che nessuno deve o può cancellare e dimenticare per qualche mansione di pochi anni rispetto ai secoli dietro di Noi… d’accordissimo con tutto il tuo articolare …e guai a chi mi dice che sono casalinga.

  5. Caro professore, buongiorno!
    In occasione di un corso di formazione rivolto a contadini mi è capitato di essere squadrato dai capelli alle scarpe dal solito discente ritardatario. In quel caso ero il docente e mi ha fatto molto piacere essere notato come uno che tutto poteva essere tranne che professore… Dopo un bell’incontro interattivo, la stessa persona che mi aveva soppesato dall’abito si è complimentata con me e mi ha confessato: Stamattina quando l’ho vista ho pensato “manco un pecoraro ci hanno mandato oggi!” e invece mi sei piaciuto. Grazie!
    Un incontro che è stato un dono, sono stato promosso pecoraro!

  6. Un articolo che insegna ,specialmente a questo mondo attuale arrogante, cosa significa la modestia.
    Questa virtù che ,oggi sembra che tutti abbiano dimenticato, è il collant più significativo che misura
    l’intelligenza di una persona. Spesso ,la nostra società confonde la conoscenza delle nozioni e la sua
    applicazione. Un articolo ,in sostanza,che suggerisce di comportarsi con umiltà e rispetto verso il
    prossimo. Bravo Mimmo.

  7. Per me, chiusa l’esperienza scolastica, tantissimi anni fa, il prof. Domenico D’Alba è stato sempre e solo Mimmo, senza che questo dovesse comportare una diminutio del ruolo e della funzione che ha svolto. Qualsiasi relazione, se concepita come scambio, produce un reciproco arricchimento; confermo che così è stato a metà degli anni 70, tantissimi anni fa, nella Scuola Media Papa Giovanni XXIIII di San Ferdinando di Puglia. Rimane che all’epoca era chiaramente percepito il ruolo del professore, il suo dovere di ricerca, di insegnamento e formazione di futuri formatori. Quella scuola orizzontale non esiste più. Ma il professore rimane tale, se quei doveri guidano ancora le relazioni umane che intesse. Anche l’artigiano, l’idraulico, il contadino sono maestri nella propria professione, basta saperlo e saper riconoscere che le relazioni umane non sono fondate sullo scambio economico, ma sull’uguaglianza di genere e sulla differenza di genere che è l’unica che dovremmo riconoscere.

  8. Caro Domenico. Chi ti ha conosciuto di persona, ma soprattutto chi come me ti ha avuto come Insegnante, non può che LODARE la tua esistenza.
    Tra una lezione e l’altra, oltre la materia, ci hai trasmesso i sani valori della vita.
    Ci hai insegnato a vedere le cose sotto altri aspetti con senso critico e quindi.. a ragionare con la propria testa.
    A tutt’oggi, chi ha la fortuna di conoscerti, non può che apprezzare le tue “pillole di gaggezza” e sana Informazione che continui a somministrare.
    GENNARO DIBENEDETTO.

  9. Condivido il tuo pensiero, caro Domenico. Da tempo, quando vado alla mia associazione, Roma Intangibile, dico a coloro che mi salutano premettendo il titolo al mio nome, che sono un pensionato come tutti voi, avendo già dato il mio contributo alla società sia come insegnante che come chimico. Un lavoro diverso dagli altri, ma io mi sono sempre ritenuto come gli altri. Ora non servono i titoli, perché non ho ruoli . Nonostante tutto, indipendentemente da ciò che si è o si fa, dobbiamo imparare ad essere umani e sviluppare il buon senso per il bene di tutti.
    Purtroppo, nel corso degli anni, la società sta subendo un incremento abnorme di entropia di carattere politico, sociale, religioso, economico ecc… facendo dimenticare che siamo esseri umani non dei robot

  10. L’argomento riprende e approfondisce ciò che l’autore mi disse la prima volta che ci sentimmo a telefono allorquando esordii dandogli del “tu”. Fermo restando il concetto di parità sul piano umano, penso che tale aspetto vada attuato e verificato nella pratica comportamentale dei rapporti interpersonali. Se sono stato “maestro” per 40 anni, è difficile che dal 41° anno io non lo sia più: semel magister (o doctor, ecc.), semper magister (o doctor ecc.). Se il mio interlocutore (idraulico o contadino e altri) mi conosce come tale e non ha confidenza con me, mi chiamerà “maestro”; se non mi conosce come maestro si rivolgerà a me con un “signor”. Ed io mi rivolgerò a lui con un “signor” se non lo conosco, o “maestro Peppe” o semplicemente “Peppe” in base al grado di conoscenza che ho di lui. È una questione di educazione, piuttosto che di dislivellamento sociale. L’amico, invece, mi chiamerà semplicemente “Nicola” e per lui (come anche per l’incognito interlocutore) a nulla varrà il mio egregio curriculum honoris.

  11. Buongiorno condivido e sostengono con il mio operare giornaliero le tesi mirabilmente esposte dal fraterno amico Domenico,che mi onora della possibilità di far parte della sua cordata per farci sempre umilmente allievi della volontà dell’universo nel tentativo di fare il sommo bene per tutti noi .Un grazie dal cuore .

  12. Mimmo conosco la tua sincerità, approvo te condivido ma finché ci saranno tanti filosofi e similari e pochi Domenico non cambierà mai nulla!! 😍 🍾

  13. Condivido tutto…da questo articolo si evince l’umiltà di Domenico….qualità che va estinguendosi in questa società purtroppo. E poi l’importanza di non identificarsi con il ruolo che ognuno di noi ha scelto di avere nella società….che dire..complimenti un bellissimo articolo

  14. Buonasera Domenico personalmente quando mi chiamano maestro nel mio lavoro confesso che me ne compiaccio ma condivido a pieno il tuo punto di vista. Ricordo che la prima volta che ci siamo parlati ti ho chiamato professore e mi hai ricordato il tuo nome e cognome.
    👍

  15. Articolo molto bello che coglie un aspetto molto significativo della nostra organizzazione sociale. Farà rabbrividire quelli che vivono solo per ergersi sugli altri. Io condivido.

  16. Buongiorno un articolo bello ,sincero,che viene alla luce dall’esperienza di un Anima sensibile verso i mutamenti dell’Homo.
    Grazie

  17. All’essere umano oggi interessa il titolo, titolo ovviamente che riguarda una sorta di “apostrofo” da mettere prima del nome e cognome , e che tale “apostrofo” sia il titolo di dottore, professore, commendatore, avvocato qualsiasi titolo che crea distacco e che possa in qualche maniera ricordare quello che accadeva nel medioevo una sorta di gerarchia che non è più distinta tra poveri e ricchi ma tra pochi eletti studiosi e tanti o pochi ignoranti. Ed accade , oggi nel paradosso più assoluto, che i genitori vogliono tutti i figli dottori e non artigiani, quasi ad escludere a priori che il Sapere e la cultura sia un fatto di titoli e non di Amore e curiosità che vada oltre l’accademico. E mi viene da pensare, se oggi un Michelangelo Buonarroti fosse vivo non sarebbe laureato ma sarebbe un artigiano… Lo si chiamerebbe professore? Non è solo una questione di titoli, di distacco o cultura elitaria, credo sia una questione sociale con risvolti tragici per il futuro

Comments are closed.