«Oggi non si ha più riguardo a nessuno. Dicono che chi ha più denari, quello ha ragione»
(Giovanni Verga)
Caro lettore, adorata lettrice,
ho vissuto una settimana di emozioni eccezionali. Sono stato ospite in Sicilia, in una serie di sedi prestigiose, per presentare il mio Cento (e uno) caffè con Dante. Ho ricevuto onori a profusione, ben al di là dei miei meriti, coccole di ogni tipo, abbracci di cuore. Ho accolto anche delusioni impreviste.
Nella stessa settimana, in un “Caffè” insolitamente non domenicale, scritto di getto mentre solcavo le acque dello Stretto, non ho potuto fare a meno di commentare l’orrore che dilania la Terra cosiddetta Santa. Anche in questo caso: reazioni contrastanti. Da una parte, tantissima solidarietà per il mio editoriale e inviti a testimoniare la mia esperienza in pubbliche occasioni. Dall’altra, come era facile prevedere, sono stato oggetto di attacchi sionisti e ho accolto l’incomprensione di chi giudica senza aver visto o dopo aver inteso solo la propaganda del più forte.
Situazioni diverse, accomunate dalla loro contemporaneità e dal fatto che mi hanno portato alla medesima riflessione: la necessità di restare fedeli a se stessi.
Intendo: fedeli a quel che siamo, a ciò che abbiamo scelto di essere e di divenire, nel bene e nel male, nel cuore del nostro limite e attraverso la nostra fragilità. Fedeli al bello che ci viene donato nostro malgrado, e che non deve essere sporcato dalle intemperie di una avversità.
Ma, a fronte di una crisi di portata disumana, fedeli anche al dovere di imparare a discernere, al bisogno di informarsi, alla necessità di selezionare le fonti e di soppesarle in modo critico.
Ecco, appunto, critica e crisi derivano dal medesimo verbo greco, krìno (κρíνω ), che ha una vasta gamma di significati: separare, distinguere, ordinare, giudicare, preferire, dichiararsi a favore, stimare, accusare, esaminare, domandare, interpretare, contendere, scegliere per sé.
Caro lettore, adorata lettrice,
se, come e quando ti va, ti suggerisco un esercizio di pulizia interiore e di scelta esteriore.
Che tu sia in una crisi esistenziale o che avverta la lacerazione di quanto il mondo sta attraversando, prova a usare tutti o ciascuno dei verbi appena elencati per tradurre krìno e, insieme a me, chiediti: io sono in grado di distinguere e mettere ordine tra grano e zizzania? per chi o cosa mi dichiaro a favore? sono per le parole di luce o per quelle di odio? stimo o accuso? esamino o contendo? sulla base di quali testimonianze interpreto? e cosa scelgo per me?
In definitiva, con un’unica e sola domanda: io da che parte sto?
Nel mio piccolo, per quel che vale, quasi niente, ti offro la mia risposta: io sto con i seminatori di candele tremolanti ma accese, provo sempre a farmi scivolare addosso le parole di buio proferite al buio, per quel che posso e come posso, non voglio lasciarmi contagiare dal così fan tutti e dalle manipolazioni di massa.
E soprattutto: sto sempre dalla parte dei vinti. Come dire: preferisco perdere con una minoranza pacifica e silenziosa che vincere con una maggioranza urlante e violenta.
Precisazione non richiesta: quando scrivo che sto dalla parte dei vinti, mi riferisco anche a quelli che cadono nel campo dei vincitori. Del resto, tutti i vincitori finiscono, prima o poi, per essere vinti. Lo insegna la storia. E anche la vita di ciascuno di noi.
Curiosità spicciola: in quel di Catania, sempre nei giorni scorsi, il primo monumento che ho voluto visitare è stata la casa di Giovanni Verga.
Nicolás Gómez Dávila: «Finiamo sempre col vergognarci di aver condiviso un entusiasmo collettivo».
Henry Louis Mencken: «L’individuo più pericoloso per qualsiasi governo è quello in grado di pensare da sé».
Piero Angela: «Bisogna avere sempre una mente aperta, ma non così aperta che il cervello caschi per terra».