Mons. Valentino Bulgarelli, Preside e docente di Teologia pastorale e catechetica presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, con una relazione dal titolo “Evangelizzare: incontrare e annunciare la Parola”, apre la X Settimana biblica della Diocesi di Andria “La Sacra Scrittura nella vita e nella missione della Chiesa”.

Don Valentino, come può essere ripetuto oggi l’annuncio che Paolo fa nell’agorà di Atene ai non credenti? Quali i contesti attuali e i soggetti di tale annuncio?

Bisogna stare nella “piazza”! Recuperando il linguaggio di Papa Francesco, bisogna “uscire” dalle nostre consuetudini, dalle nostre abitudini, che sono sì preziose ma non vanno usate come fini a sé stesse bensì devono spingerci fuori. Quindi azzardare il dialogo, anche con chi non crede, con chi sta cercando, con chi pensa di essere in ricerca ma in realtà non sta cercando niente! Quindi il modello paolino è molto attuale e utile per noi oggi.

Qual è in sintesi la strada che traccia l’Evangelii Gaudium per l’evangelizzazione, con la gioia del Vangelo?

Proverei a dirla così: è il tentativo di rimettere la persona al centro della nostra attenzione di evangelizzatori. Nella concretezza delle tre dimensioni della nostra esistenza: l’intelligenza, la volontà e gli affetti. Non che non ci sia stata finora, però è fuor di dubbio che abbiamo insistito molto su una dimensione cognitiva, cioè dei concetti, o privilegiando l’aspetto moralistico, con le cose da fare per una buona vita cristiana o ancora cercando nel Vangelo la legittimazione ad un sistema di strutture (articolazioni pastorali, piani, programmazioni…), mentre la persona è anche altro: è emozioni, affetti, sentimenti, scelte, sfide, cioè il quotidiano. L’Evangelii Gaudium ci spinge a considerare la persona nel suo essere e nel suo divenire ovvero nel suo essere nel tempo e nella storia.

Quali possono essere le dinamiche pastorali-parrocchiali che favoriscano l’incontro con la Parola di Dio?

Recuperando il concilio Vaticano II, dobbiamo entrare nella logica della testimonianza. L’identificazione del credente con Cristo deve portarci a mettere in gioco la Parola che ascoltiamo, il nostro incontro personale e comunitario con Gesù. Poi la capacità di dialogare, di non imporre una verità ma di proporre, di far emergere non un lato triste, ma al contrario l’aspetto gioioso del Vangelo, che non mette in secondo piano le sfide, ma che aiuta anche ad affrontare le fatiche del vivere quotidiano.

Una domanda provocatoria: fede e vita, fede e umano sono antitesi o binomi possibili?

Assolutamente sì: vanno insieme! Una fede senza vita è fideismo, cioè un insieme di concetti astratti. La fede ha bisogno dell’umano perché il vero concetto di fede è nell’affidarsi, cioè nell’uscire da sé stessi e questo avviene tra gli esseri umani. Perciò recuperare l’umano non è per noi una pista, un capriccio o un metodo, ma è quello che noi intendiamo per vita cristiana. Allo stesso modo si è pienamente umani, vivendo la fede, che non è un ostacolo alla nostra felicità!»

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