Cagnolini o persone?

Sviluppo e integrazione. Su questo binomio, indissolubile, ha mosso i passi il Forum, “Migrazioni e pace” organizzato dal Dicastero sullo Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede (organismo istituito da Francesco all’interno del quale vi è una Sezione che si occupa in modo specifico dei migranti, dei rifugiati e delle vittime della tratta) che si è svolto a Roma il 21 febbraio 2017.

Quattro verbi, accogliere, proteggere, promuovere e integrare, da “coniugare in prima persona singolare e in prima persona plurale” per una ‘comune riposta’ al fenomeno migratorio in atto, che richiede precisi interventi sul piano legislativo, economico e politico. Il Papa ha fatto, anche, delle proposte concrete aprire: “canali umanitari accessibili e sicuri”, “favorire i ricongiungimenti familiari”, garantire “il diritto a non dover emigrare”. Sì ad una accoglienza diffusa, no invece ai “grandi assembramenti, che per richiedenti asilo e rifugiati non hanno dato risultati positivi, generando piuttosto nuove situazioni di vulnerabilità e di disagio”.

L’emergenza (migratoria) non è più emergenza non si può più aspettare è un cambio d’epoca. Se fosse un virus, non dovremmo parlare di epidemia, ma di pandemia. L’onda umana è in movimento, da anni or sono, internet e la globalizzazione hanno reso villaggi periferici interi connessi con le grandi civitas europee ed è solo stupidità pensare di respingerla al mittente. Sarebbe più intelligente che tutti gli attori sedessero – senza populismi e faziosità né bandiere politiche – per cercare di pilotarla, secondo giustizia, verità e carità.

Nel contesto attuale è necessario cercare nuove strade per umanizzare il fenomeno migratorio e ridurre le sofferenze dei migranti. “L’inizio di questo terzo millennio è fortemente caratterizzato da movimenti migratori che, in termini di origine, transito e destinazione, interessano praticamente ogni parte della terra. Purtroppo, in gran parte dei casi, si tratta di spostamenti forzati, causati da conflitti, disastri naturali, persecuzioni, cambiamenti climatici, violenze, povertà estrema e condizioni di vita indegne”.

Dunque un’accoglienza intelligente e umana, l’intero discorso del Papa, è stato imbastito su quattro verbi-pilastri: accogliere, proteggere, promuovere, integrare.

ACCOGLIERE: l’altro non è un nemico da abbattere: è un dono.

In un contesto di rifiuto cieco, del migrante, il Papa ritiene che la società è accumunata da quest’onda di rifiuto-scarto tanto da: “non guardare al prossimo come ad un fratello da accogliere, ma a lasciarlo fuori dal nostro personale orizzonte di vita, a trasformarlo piuttosto in un concorrente, in un suddito da dominare”.

PROTEGGERE: l’altro va difeso e coperto, non è uno scudo per proteggersi

Proteggere è un imperativo morale da tradurre adottando strumenti giuridici, internazionali e nazionali, chiari e pertinenti; compiendo scelte politiche giuste e lungimiranti; prediligendo processi costruttivi, forse più lenti, ai ritorni di consenso nell’immediato; attuando programmi tempestivi e umanizzanti nella lotta contro i trafficanti di carne umana che lucrano sulle sventure altrui; coordinando gli sforzi di tutti gli attori…”.

Difendere i loro diritti inalienabili e non vendibili, rispettare la loro dignità di essere umani è compito di tutti e nessuno può sottrarsi, soprattutto, chi è preposto e si è proposto per il bene delle Polis.

PROMUOVERE: l’altro progredisce con te e si è responsabili dell’altro

“Proteggere non basta, occorre promuovere lo sviluppo umano integrale di migranti, profughi e rifugiati”. Ad ogni uomo va data la possibilità di un equo accesso ai beni fondamentali e vitali.

Francesco è chiaro ed inequivocabile sugli attori che devono occuparsi e preoccuparsi della promozione dei migranti, serve: “un’azione coordinata e previdente di tutte le forze in gioco: dalla comunità politica alla società civile, dalle organizzazioni internazionali alle istituzioni religiose”.

INTEGRARE: l’altro è parte integrante di me, con l’altro mi incontro, non mi scontro.

Scoprire l’altro con la sua diversità, riconoscersi creando armonia nelle antinomie, riconoscersi profondamente nell’altro, abbandonando gli egoismi del nostro Io.

I contrari si attraggono, l’integrazione deve essere uno sforzo fatto da entrambe le parti: L’integrazione, che non è né assimilazione né incorporazione, è un processo bidirezionale, che si fonda essenzialmente sul mutuo riconoscimento della ricchezza culturale dell’altro: non è appiattimento di una cultura sull’altra, e nemmeno isolamento reciproco, con il rischio di nefaste quanto pericolose ghettizzazioni”.

La paura del diverso, del nero, dello straniero è un sentimento innato e naturale che può essere superata soltanto liberando il cuore e la testa da chiusure preconcette e aprendosi all’ascolto e all’incontro. Una sana e consapevole accoglienza non può prescindere da un’approfondita conoscenza dell’altro e delle cause del fenomeno migratorio.

Nell’addolorato appello di chiusura, del discorso, Francesco chiede: “più responsabilità verso il bene comune da parte di chi detiene più potere” e ribadisce a chiare lettere che: “Non può un gruppetto di individui controllare le risorse di mezzo mondo. Non possono persone e popoli interi aver diritto a raccogliere solo le briciole”.


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So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.