Nel mondo del calcio, da sempre, la superstizione è un’infaticabile compagna di viaggio. Ma se per Saul Gorndel la superstizione porta sfortuna, secondo Denis Diderot essa è per Dio più ingiuriosa dell’ateismo. Ma, parlandoci chiaro, di agnostico nel tifo non c’è nulla e se pensiamo alla convinzione di Roberto Gervaso per cui la superstizione è, in fondo, la più tangibile delle fedi, be’, allora accendere un cero sotto il poster del nostro calciatore preferito, non è poi un grandissimo sacrilegio.

Maniaco di superstizione era Rumenigge, solito posto sul pullman, tre biscotti e mezza tazza di thè prima di ogni partita. Le scarpe da indossare, sempre prima la sinistra, come Zambrotta. Mentre Klose indossa prima il destro ed entra in campo col sinistro.

Impossibile scordare il cappotto di Ulivieri a qualsiasi temperatura e l’impermeabile di Spinelli giallo come la cravatta di Galliani. Rossi, invece, erano i calzini di Costantino Rozzi, storico Presidente dell’Ascoli, mentre Anconetani, rimembrando Cartagine in piena Guerra Punica, spargeva sale in campo prima delle partite più importanti del suo Pisa.

Scaramanzia che non risparmia neanche i Mondiali. Il bacio fortunato di Blanc sulla fronte di Barthez, gli oroscopi di Domenech e l’acqua santa di Trapattoni.

C’è chi, come Kolo Tourè, vuole essere sempre l’ultimo ad entrare in campo e chi, come Defoe, si rade prima di ogni gara perché con i capelli lunghi si era procurato una lesione. Stesso motivo per cui Riva, infortunatosi indossando il numero 9, ha sempre poi voluto solo l’11 sul rossoblù cagliaritano. Per scaramanzia Rosicky non canta l’inno, mentre Negredo, se segna, non cambia la maglietta per la partita successiva.

Infine c’è lui, il Pibe de Oro, Diego Armando Maradona che, nella terra di amuleti e cornetti, con il piede mancino scriveva poesie romantiche e con la mano destra ripeteva cinque volte il segno di croce. In tempi più recenti, durante lo scorso campionato di calcio, hanno regalato un bel corno portafortuna anche a Benitez: si direbbe che con lui abbia funzionato, visto che ora allena il Real Madrid, magari al Napoli sarebbe potuta andare un po’ meglio, considerato che l’obiettivo qualificazione in Champions League, a lungo inseguito, alla fine sfumò a favore della Lazio.

Eccoci qui, al punto di partenza, la fede che incontra la passione, il sacro che lascia il passo al pagano in uno sport dove di cultura se ne vede davvero poca.

D’altronde, restando dalle parti del Vesuvio, casca a pennello la massima del papà di tutti noi:

’Essere superstiziosi è da ignoranti ma non esserlo porta male’’ (Eduardo De Filippo).