Nel racconto di Edoardo Leo
Il cielo coperto che ci accompagnava al tumulto astrale di San Lorenzo lasciava solo intravedere, nei meati delle nuvole, la luce accecante della stella più luminosa presente, quella sera, a Palazzo Beltrani. Il docufilm “Luigi Proietti detto Gigi”, infatti, è stato proiettato lo scorso 9 agosto nella splendida cornice di Trani, grazie al circolo culturale “Corte Sveva”.
A raccontarcelo Edoardo Leo, regista e testimone dell’ultima intervista rilasciata dal mattatore romano scomparso il 2 novembre 2020, giorno della sua nascita, ottant’anni prima.
Dopo un breve excursus della sua carriera, condito da gag e divertenti digressioni, Edoardo Leo snocciola gli eventi che lo hanno spinto ad intraprendere questo mestiere, gli incontri decisivi che gli hanno cambiato la vita. Uno su tutti, ovviamente, quello con il maestro Gigi Proietti che di Leo diceva “sei bravo, forse troppo!”
Il ritratto che Leo fa di Proietti è intimo, riservato, come nella natura di Gigi, un uomo di altri tempi, antesignano di tutte quelle sperimentazioni che sarebbero arrivate più tardi, perché a recitare non si insegna ma si impara…
Nella pellicola Proietti viene raccontato da chi lo ha conosciuto ma anche da chi non lo ha mai visto, e si scopre essere un grande amico di Vittorio Gassman, di Eduardo De Filippo, ma anche il padre putativo di tutta una generazione di attori che a lui si è ispirata. Biologicamente genitore di due figlie e fratello di una sorella più grande, artisticamente chioccia dell’intero panorama cinematografico italiano, con oculata predilezione per il teatro, il Brancaccio, che ha diretto per anni, anche grazie al sodalizio con Carmelo Bene, e, soprattutto, il Global Theatre, riproduzione perfetta in legno del palcoscenico londinese su cui si esibiva Shakespeare, considerato da Proietti “autore popolare” per la sua capacità di arrivare al cuore del pubblico, della gente che assiste allo spettacolo facendo mille sacrifici.
Il Global Theatre di Roma oggi è intitolato proprio a Gigi Proietti, aveva chiesto lui al Sindaco Veltroni di costruirlo, casa del proprio funerale e, adesso, centro culturale di aggregazione per ragazzi di qualsiasi età, affascinati da “A me gli occhi, please!”
E se avessi potuto chiedergli “A’ Gì, t’è piaciuto questo articolo?” m’avrebbe sicuramente risposto “Abbastanza…”.