Lo avreste mai immaginato un Dante in cinese?

Qualche settimana fa, mia moglie mi ha chiesto se la parola “merda” fosse assolutamente inacettabile in un contesto formale o se, per esempio, potesse essere utilizzata parlando con il proprio medico. La prima cosa che mi è venuta in mente di dirle in risposta, è che merda potrebbe persino considerarsi un termine poetico, visto che è presente nella Divina Commedia di Dante.

Ciò l’ha un po’ meravigliata, non pensava che un poeta, soprattutto uno noto per il suo romanticismo come Dante Alighieri, potesse utilizzare un termine così scurrile nella sua opera più celebre, anche se poi non le è sembrato così strano che fosse stato utilizzato nella stesura dell’Inferno.

Ora forse non tutti sanno che Dante è molto conosciuto in Cina, e le sue opere tradotte in cinese si trovano in molte librerie, soprattutto la Commedia. Qui Dante è considerato senza dubbi un precursore del Rinascimento, un po’ per le numerose citazioni dei classici greci e romani contenute nell’opera, un po’ perché il Rinascimento è un movimento che per tanti cinesi rappresenta il non plus ultra dell’arte e della letteratura in Italia e in Europa.

Io stesso ho una copia della Commedia a casa, regalo di una mia studentessa di qualche anno fa, e anche questa edizione è corredata dalle immancabili illustrazioni di Gustave Doré, ma devo ammettere che in precedenza l’avevo a malapena sfogliata, anche perché allora il mio livello di cinese non mi permetteva di leggere agevolmente un’opera del genere.

Dopo le domande di mia moglie, però, l’ho presa per vedere se quel passo del canto XXVIII dell’Inferno era stato tradotto alla lettera o se il traduttore 王维克 (Wang Weike) era stato sensibile come Feifei, la mia signora. Ebbene, il verso “e ‘l tristo sacco che merda fa di ciò che si trangugia” è tradotto, praticamente alla lettera, con il termine 粪便(fenbian) per “merda”, mentre il “tristo sacco” è tradotto come 丑袋子 (chou daizi), cioè il “brutto sacco”. Allora ci ho preso gusto e ho letto anche il verso precedente, “rotto dal mento infin dove si trulla”. Ecco, lì dove Dante ha usato la perifrasi “dove si trulla”, il traduttore cinese ha utilizzato un più prosaico e diretto 屁眼 (piyan), letteralmente “occhio del culo”, e penso che non siano necessarie ulteriori spiegazioni.

A proposito di “trullare” (scorreggiare), come non pensare al canto XXI e al diavolo Barbariccia che “avea del cul fatto trombetta”?

Ora, penso che il significato di questa perifrasi sia evidente per qualunque lettore italiano, perciò sono rimasto un po’ sorpreso dalla traduzione in cinese 拍拍他的屁股,代替了号筒 (paipai ta de pigu, daitile haotong) che praticamente significa “si battè il culo come a sostituire il corno”. Secondo questa traduzione quindi, non è stato un peto del diavolo a riprodurre il suono della tromba, bensì il suo battersi la mano sul sedere.

Comunque, se la trombetta è effettivamente una scorreggia, è curioso notare come il poeta abbia utilizzato il culo per parafrasarla, mentre nella perifrasi per descrivere il deretano, ha usato il verbo “trullare”.

Pensando alle altre espressioni poco eleganti presenti nell’Inferno, mi sono chiesto “E il gesto delle fiche? Come sarà stato tradotto?” e subito ho sfogliato le pagine fino ai versi iniziali del canto XXV, dove il ladro Vanni Fucci “le mani alzò con amendue le fiche”, che è stato tradotto con una descrizione piuttosto vaga: 举起双手,手指做着污辱别人的手势(juqi shuang shou, shouzhi zuozhe wuru bieren de shoushi)e cioè “Alzò entrambe le mani, e con le dita fece il gesto che si fa per insultare gli altri”. Naturalmente anche il traduttore cinese non ha potuto spiegare chiaramente in cosa consistesse esattamente questo gesto che neanche gli studiosi italiani sanno descrivere con certezza, e quindi se l’è cavata con una spiegazione generica, mentre l’affronto “Togli, Dio, ch’a te le squadro!” è stato tradotto con un più chiaro e diretto 上帝啊! 我敢冒犯你! (Shangdi a, wo gan maofan ni!) “Oh, Dio! Io oso offenderti”, che però non fa direttamente riferimento al gesto.

Altre perle del viaggio all’inferno di Dante sono le invettive del Sommo Poeta. Quella del XVI canto contro la “gente nuova e i subiti guadagni”, probabile riferimento agli immigrati arrivati a Firenze per far soldi, è stata tradotta con un più politicamente corretto 暴发户(baofahu, termine utilizzato per designare “i nuovi ricchi”, gente che si è arricchita in poco tempo (la Cina ne è piena), senza nessun riferimento al luogo di provenienza.

 Potrei riportare le traduzioni di tanti altri versi e invettive, ma anche a volermi solo soffermare sulle espressioni volgari e ingiuriose contenute nell’Inferno, farei diventare questo articolo un po’ troppo lungo, perciò mi fermo qui. Di certo continuerò a leggerla, anche perché, devo ammetterlo, la Commedia in prosa e in cinese moderno non è tanto più difficile del poema originale in volgare trecentesco.

Voglio però dedicare le ultime righe alla famigerata lonza del primo canto, e sono sicuro che chiunque abbia letto la Commedia si sia chiesto come me: ma che animale è?

Chi dice lince, chi pensa al ghepardo e chi al leopardo, e anche Wang Weike ha optato per quest’ultimo ( bao) che, con il suo affascinante pelo maculato, è probabilmente l’animale più adatto a incarnare la lussuria.