“Un popolo comincia a corrompersi quando si corrompe la sua grammatica e la sua lingua”.
(Octavio Paz)

Vi è un “timone” particolare, che “abita” tutte le nostre case, la nostra vita, noi stessi: la lingua.

Sì, in mezzo a tante tristi storie di barche, barconi, navi e altro, vien da pensare a un timone singolare, che è la lingua e che può creare davvero naufragi pericolosi quando promette per poi non mantenere, quando non parla e così non aiuta, quando dice con la consapevolezza di non voler tradurre nulla in realtà.

È san Giacomo che parla della lingua come timone, nella sua lettera al capitolo tre, per cogliere la preziosità di questo timone, ma anche i pericoli che vi sono nel guidarlo in modo sbagliato.

Ancora una volta, quindi, il grande codice della cultura occidentale offre spunti di riflessioni per la vita ordinaria.

Ecco qui il testo di Giacomo: “Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra. Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. È dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei! Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce” (Gc. 3,4-10).

La lingua, difatti, pur essendo un piccolo membro del corpo umano, può vantarsi veramente di grandi cose: da esso possono uscire parole che consolano ed espressioni che fanno innamorare.

Ma, allo stesso tempo, la lingua può essere un fuoco che distrugge le pareti del cuore dell’uomo; infatti, quando un uomo è adirato contro un altro uomo le parole che escono dalla sua bocca colpiscono e carpiscono come un incendio il cuore dell’altro, distruggendo tutto.

Per alcune parole minuscole, per alcuni piccoli movimenti sbagliati della lingua, vi sono amici che non si guardano più in faccia da anni, fratelli che non si stringono più la mano, genitori che sono morti prima del tempo.

Questo getto di acqua amara e dolce spesso non si arresta di fronte a nessuno, di fronte a nulla; esso può allagare tutto, distruggere e camminare sulle vite degli altri, dei cari.

E un popolo – come precisa il premio Nobel Paz – inizia a corrompersi quando perde di vista la sua grammatica e la sua lingua.


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Nicola Montereale è nato a Trani (BA) il 1 Febbraio 1994 ed è residente ad Andria. Nel 2013 ha conseguito la maturità classica presso Liceo Classico “Carlo Troia” di Andria e nel 2018 il Baccalaureato in Sacra Teologia presso l’Istituto Teologico “Regina Apuliae” di Molfetta. Attualmente è cultore della materia teologica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) e docente IRC presso il Liceo Scientifico e Classico “A.F. Formiggini” di Sassuolo (Mo). Ha scritto diversi articoli e contributi, tra questi la sua pubblicazione: Divinità nella storia, Dio nella vita. Attraversiamo insieme il deserto…là dove la parola muore, Vertigo Edizioni, Roma 2014. Inoltre, è autore di un saggio di ricerca, pubblicato nel 2013 e intitolato “Divinità nella Storia, Dio nella Vita”.