Odysseo o Ulisse? Ognuno di noi si sarà chiesto, almeno una volta, quale nome attribuirgli. Misterioso è il suo nome, misteriosa la sua figura, un’ombra sfuggente, tra storia e mito.
Odysseo/Ulisse è eroe come nessun altro. Infatti, nell’immaginario collettivo, l’eroe è stato sempre l’idolo di una nazione, un soldato imbattibile che, qualora fosse stato sconfitto, avrebbe terminato i suoi giorni colmo di fama e gloria eterne. Fama, gloria? Ad Odysseo non interessano. A lui piace sopravvivere ed escogita infiniti piani per riuscirci. Non a caso Omero lo definisce astuto, stratega, simulatore e dissimulatore, scaltro, acuto ed ingegnoso.
Può sfuggirci ancora oggi? Lui, il padre dell’immaginazione, non si indispettirà se immaginiamo di intervistare il suo fantasma
Ciao, Odysseo! Iniziamo a sfatare qualche enigma: qual è il tuo cognome?
Ma non farmi ridere! Sono Odysseo figlio di Laerte, questo basta per risalire alle mie origini.
Si vocifera che tu abbia molta fiducia nella forza della parola. È per questo che tutti ti ritengono scaltro?
L’astuzia, caro mio, è più forte della spada. Però è utile solo se asservita al bene più grande, la Patria. Ho abbandonato un compagno, Filottete, in un’isola sperduta perché la sua ferita non contaminasse tutto l’equipaggio. Ma non ho esitato, 10 anni dopo, nel tornare a riprenderlo: gli erano state consegnate le frecce di Ercole, necessarie per far capitolare Troia.
Com’è che l’avete vinta, poi, la guerra?
Si fanno queste domande ridicole al grande Odysseo? Ilio si era rivelata una roccaforte invincibile. L’abbiamo assediata per 10 anni, ma l’abbiamo vinta solo grazie ad un mio piano. Dimmi se non sono stato un genio: ho convinto i Greci a fingere di rinunciare all’assedio. Siamo così salpati lasciando sul lido troiano un cavallo di legno come segno di resa. In realtà, dentro al cavallo c’eravamo noi, che nella notte facemmo strage dei poveri Troiani addormentati. Se vuoi vincere, devi, in tutti i sensi, restare sveglio.
Ma la tua Odyssea comincia proprio qui: quante ne hai dovute passare?
Noto preoccupazione nelle tue parole. Io, invece, mi son divertito parecchio. Sono sempre stato convinto che la ragione sia il pugnale più affilato per sconfiggere i mostri. Non ho ancora dimenticato il fior di loto, con il quale i Lotofagi hanno inebriato e ucciso alcuni miei compagni. Né gli anni possono cancellare dalla mia memoria i Ciclopi e l’arduo stratagemma col quale accecai Polifemo, il feroce figlio di Nettuno. Molti miei compagni, nel frattempo, morivano, ma il desiderio di tornare ad Itaca era troppo grande. Così, con la forza dell’ingegno, ho vinto tutte le altre tentazioni: il canto delle Sirene, la stregoneria della maga Circe, la bellezza e l’immortalità che mi fu offerta da Calipso, i vortici di Scilla e Cariddi. Zeus si vendicò, poi, uccidendo il resto del misero equipaggio che mi era rimasto, perché mangiarono stoltamente i buoi sacri. Solo, giunsi disperato all’isola dei Feaci. Lì conobbi l’incantevole Nausicaa. Fu lei a condurmi da suo padre Alcinoo che, commosso dalla mia storia, allestì la nave che finalmente mi condusse nella mia patria, Itaca, e da mia moglie, Penelope.
Tua moglie e tuo figlio Telemaco ti hanno aspettato per tutto questo tempo tra le insidie dei Proci. Sei riuscito a riprenderti ciò che era tuo?
Non avrei potuto desiderare una famiglia migliore. Pensate che Penelope mi ha aspettato tutti questi anni senza mai chiudere un occhio. Promise ai Proci che avrebbe sposato uno di loro, non appena avesse finito di cucire il suo abito da sposa: di giorno lo faceva e di notte lo disfaceva, che donna! Del resto non avrei potuto sconfiggere tutti i pretendenti senza l’aiuto del mio buon padre Laerte e del mio figliuolo Telemaco. Prima escogitammo insieme il piano, poi non hanno esitato ad affrontare il pericolo al mio fianco.
Odyesso, eroe tra gli eroi, un tuo messaggio per i nostri lettori?
Amate il viaggio non solo per la conoscenza del nuovo, ma per la riscoperta dell’antico.