Questa sera, 3 settembre, dalle ore 21.30, presso Palazzo Ducale, in occasione della XXVI edizione del Festival Internazionale Castel dei Mondi, andrà in scena lo spettacolo  “Palazzo d’Occidente”, trasposizione teatrale sull’omicidio delle Sorelle Porro avvenuto il 7 marzo 1946. Scritta da Michele Santeramo, con la regia di Antonio Memeo e l’arte recitativa di Maria Elena Germinario e Patrizia Labianca, la pièce indaga i motivi della violenza come ingiustificata conseguenza di un’anacronistica insoddisfazione sociale. Proprio ad Antonio e Michele abbiamo rivolto qualche domanda:

Ciao, Antonio. Cos’è cambiato, nella Città di Andria, da quel 7 marzo 1946?

Guardando il contesto storico e soprattutto sociale, economico, e culturale dell’epoca alla quale si riferiscono i fatti, credo di non sbagliare dicendo che la situazione attuale andriese non è cambiata, ma addirittura peggiorata, le dinamiche che scatenarono la violenza fisica in quei giorni, la ritroviamo oggi scatenata sui social in violenza ed odio verbale che a mio parere non differisce perché tramutata in violenza psicologica.

Quali possono essere gli eventuali ambiti di miglioramento?

Cerchiamo attraverso l’azione scenica di risvegliare le coscienze, il testo bellissimo di Michele Santeramo ci dà questa opportunità. Inoltre in questi giorni presso l’auditorium “Paola Chicco” in via Sosta San Riccardo, teniamo un laboratorio lezione sul Processo Creativo aperto al pubblico, cercando di fornire elementi per una migliore comprensione dello sviluppo scenico.

Quante versioni esistono, Michele, della tragica vicenda delle Sorelle Porro?

L’episodio è molto studiato, ho letto resoconti che arrivano fino al processo. Credo si debba, oltre che alla efferatezza del delitto, anche a quanto di simbolico, a distanza di anni, l’episodio porta con sé. Le versioni scritte sono tante, in questo testo mi sono concentrato sulle singole versioni personali, sui singoli punti di vista dei protagonisti, che portano sempre dentro mondi personali, slegati dal giudizio storico, umani.

Nello scontro dell’epoca fra latifondisti e braccianti che ruolo politico assumeva la violenza?

Io credo che, purtroppo, la violenza abbia sempre un ruolo, sfumato o esplicitato, in ogni rapporto tra esseri umani. È proprio da questo assunto che prende le mosse il testo. La violenza nello scontro tra latifondisti e braccianti sta tutta in questa parola, scontro, che è inevitabile perché esito di necessità contrapposte che mettono sempre da parte la vicinanza umana a favore del proprio, anche legittimo, interesse.

Come reagisce, oggi, il popolo alle ingiustizie di cui, a torto o a ragione, crede di essere vittima?

Il popolo è una somma di esseri umani. L’essere umano reagisce alla violenza con i mezzi e gli strumenti che possiede. Spesso con altrettanta violenza. E’ un alfabeto a cui ci siamo abituati, che legittimiamo ogni giorno. Parliamo questo linguaggio, e una delle sfide del testo è proprio questa: fare in modo che i sentimenti suscitati dalla vicenda delle sorelle Porro si depositi nelle vite concrete e presenti degli spettatori, in modo che le domande su come si debba stare al mondo smettano di riguardare solo i personaggi e prendano ad appartenere alla vita del singolo spettatore.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.